Gandhi e la teoria della non violenza

Mohandas Karamchand Gandhi, per tutti Mahatma (grande anima), è stato un influentissimo leader politico e spirituale indiano, promotore della non violenza come unica forma di lotta dei deboli contro gli oppressori.
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Gianluca Cedolin 6 Luglio 2021

Filosofo, avvocato, leader politico e spirituale: Mohandas Karamchand Gandhi, vissuto tra il 1869 e il 1948, è una delle figure di maggior rilievo della recente storia dell'umanità. Soprannominato Mahatma, grande anima, è stato tra i primi teorici della protesta non violenta e un importante difensore dei diritti civili, fonte di ispirazione per leader come Martin Luther King e Nelson Mandela. Le sue marce e i suoi digiuni sono diventati famosi in tutto il mondo, e hanno contribuito in maniera determinante all'indipendenza indiana.

Chi era

Gandhi nasce il 2 ottobre 1969 a Porbandar, una cittadina di pescatori dell'India occidentale. Figlio di un politico, appartiene alla classe dei mercanti e vive una gioventù da persona sufficientemente benestante: a 14 anni si sposa in un matrimonio combinato con Kasturba, che rimarrà la sua compagna di vita e di battaglie per i diritti fino alla fine, anche dopo la decisione di Gandhi di fare voto di castità. Dopo aver completato gli studi in Inghilterra, inizia a battersi per i diritti civili nel Sudafrica dell'Apartheid, dove a 24 anni fonda il Natal indian congress, un'associazione in difesa degli indiani, discriminati come i neri in Sudafrica. Al suo ritorno in India, dal 1915, lotterà per anni per l'indipendenza del suo popolo e per i diritti dei più deboli, attraverso cortei non violenti e lunghi scioperi della fame. Nel corso della sua vita viene arrestato diverse volte, trascorrendo in carcere oltre duemila giorni in tutto.

La religione

Di religione induista, con il passare degli anni Gandhi diventa sempre più un fautore della rinuncia come forma più alta di fede. Dal voto di castità, preso a 37 anni nonostante non fosse previsto dalla sua religione, al digiuno come metodo di purificazione (e strumento politico), Gandhi vivrà sempre con il minimo indispensabile. Un altro suo grande credo è l'ahimsa, l'amore verso il prossimo: secondo il Mahatma, tutti gli esseri viventi, essendo creati dallo stesso Dio, devono essere legati tra loro da un amore fraterno.

La non violenza

La più grande eredità politico-filosofica di Gandhi è senza dubbio il satyagraha, la teoria secondo cui la forza della verità sta nella non violenza. I gesti di disobbedienza civile pacifici sono l'unica arma in mano ai deboli nella resistenza contro gli oppressori, secondo Gandhi. Dalle marce del sale ai digiuni, il leader indiano si batterà sempre per i più deboli, ma mai con la lotta armata, difendendo i diritti di tutti porgendo l'altra guancia ad aguzzini e despoti. Per Gandhi sono le azioni a contare, bisogna sempre agire per dare il buon esempio: «Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo», diceva.

Il Premio Nobel mai vinto

Tra il 1937 e il 1948, gli ultimi anni del conflitto per l'indipendenza dell'India dal dominio britannico, Gandhi viene candidato al Premio Nobel per la pace ben cinque volte, senza tuttavia mai ricevere il riconoscimento. Anche per questo, quando nel 1988 un altro leader spirituale asiatico, il Dalai Lama, riceverà il Nobel, il presidente del comitato dirà che il premio è «in parte un tributo alla memoria del Mahatma Gandhi».

La morte

Dopo l'indipendenza dell'India, sancita nel 1947 anche e soprattutto grazie al movimento non violento guidato da Gandhi, nella regione scoppiano grandi tensioni tra il Pakistan (a maggioranza musulmana) e l'India (a maggioranza induista). Inizia quella che viene chiamata la guerra indo-pakistana, e anche l'ultimo sciopero della fame di Gandhi, il 13 gennaio 1948, per chiedere la fine delle violenze tra le due comunità. Il 30 gennaio 1948, a 78 anni, viene ucciso con tre colpi di pistola da un fanatico induista, contrario all'apertura di Gandhi al nuovo governo del Pakistan islamico.