Si rifiuta di viaggiare in aereo anche se, in questo modo, sta rischiando il posto di lavoro. Gianluca Grimalda è ribelle ma coerente. É uno scienziato appartenente al gruppo Scientist Rebellion e, in quanto tale, lo stile di vita che ha adottato rispecchia pienamente i suoi valori perché, dalla Germania, dove lavora per l'Istituto di Kiel per l'economia mondiale (IfW) come ricercatore su economia e cambiamento climatico, è arrivato in Papua Nuova Guinea senza usare mezzi inquinanti. I suoi viaggi sono fatti di treni, passaggi su navi cargo e lunghissime camminate e non prenderà aerei nemmeno ora, nonostante dovrebbe tornare in Germania, per lavoro, in tempi brevi, pena il licenziamento.
Grimalda si trova in Papua Nuova Guinea, più precisamente a Bougainville, per un lavoro di ricerca sul campo per studiare "globalizzazione, cambiamento climatico e coesione sociale" ma, a differenza di scorse volte, ora l'Università di Kiel gli avrebbe intimato di dover tornare in Germania in tempi molto brevi, entro lunedì 2 ottobre. Per lo scienziato l'impresa è impossibile visto che da tempo rivendica il "diritto di non volare" e l'abitudine dello "Slow travel", sia per non inquinare, sia per non aggravare l'eco-ansia di cui soffre.
L'IfW non vedendo tornare Grimalda, ha emesso nei suoi confronti un ammonimento ufficiale ma non commenta pubblicamente la decisione del ricercatore di non tornare, anzi, al Guardian, dichiara di appoggiare la scelta di "viaggiare in modo rispettoso del clima". Nel frattempo lo scienziato si è messo in viaggio, un percorso che lo terrà impegnato per due mesi circa visto che si imbarcherà su una nave cargo l'8 ottobre, modalità che permetterà di risparmiare 3,6 tonnellate di emissioni di CO2.
Con lo Slow travel, Grimalda afferma di lasciare un'impronta di 10-14 volte inferiore rispetto a quella lasciata da chi viaggia in aereo. Ma non è solo un tentativo di inquinare il meno possibile, per lo scienziato si tratta di lanciare un messaggio alle istituzioni che non si impegnano a sufficienza per limitare le emissioni. "Spero che la mia decisione di rischiare di perdere il lavoro contribuisca a rompere il muro di apatia, indifferenza e avidità che circonda il riscaldamento globale – ha spiegato lo scienziato – Anche se non dovessi riuscirci, sarò soddisfatto perché avrò rispettato la cosa più morale da fare, cioè ridurre al minimo le emissioni di carbonio del mio viaggio".