Giornali e tv parlano ancora troppo poco (e male) di crisi climatica

Lo dimostra un report curato da Greenpeace e dall’Osservatorio di Pavia.
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Gianluca Cedolin 5 Dicembre 2022

Raccontare la crisi climatica e informare le persone sulle cause, gli effetti e le possibili soluzioni per la mitigazione e l'adattamento a questa gravissima emergenza è fondamentale, ed è una delle principali missioni di Ohga. Sui grandi media tradizionali, dai giornali (cartacei e online) alla televisione, la crisi climatica e ambientale sta sicuramente trovando più spazio, ma non ancora a sufficienza se si considera l'impatto che sta avendo e che avrà sulle nostre vite. Non è poi solo una questione di spazio, ma anche e soprattutto di come se ne parla.

Un recente report di Greenpeace, realizzato insieme all'Osservatorio di Pavia, ha monitorato come la crisi climatica viene raccontata nelle edizioni cartacee dei cinque quotidiani nazionali più diffusi (Corriere della Sera, La Repubblica, Il Sole 24 Ore, Avvenire, La Stampa), dai telegiornali serali delle reti Rai, Mediaset e La7 e da sei programmi di approfondimento. I dati si riferiscono al periodo tra maggio e agosto 2022, quelli in cui con la siccità e le ondate di caldo estremo abbiamo sperimentato da vicinissimo gli effetti del riscaldamento globale.

Il giudizio generale dato da Greenpeace, pur con delle differenze, è che «la crisi climatica continua a trovare poco spazio nei media italiani, e viene raccontata nascondendo cause e responsabili». Nel secondo quadrimestre dell'anno i principali quotidiani hanno pubblicato in media tre articoli al giorno in cui si parla esplicitamente di crisi climatica (Avvenire più di tutti, 3,5). Si tratta comunque di un aumento rispetto al primo quadrimestre, con un picco nel mese di luglio, quando l'ondata di caldo e la siccità erano al massimo. È la dimostrazione che si parla di crisi climatica solo quando questa ci colpisce in maniera più pressante, non capendo che l'emergenza è continua, costante e soprattutto sarà sempre più presente.

Uno dei problemi principali riguarda poi l'ampio spazio offerto ancora oggi dai giornali alle pubblicità dell'industria dei combustibili fossili e ad aziende molto inquinanti (dell'automotive, delle crociere e delle compagnie aere). Il Sole 24 Ore addirittura ogni settimana ha nelle sue pagine 5 pubblicità di queste aziende, e gli altri quotidiani sono tutte sopra 3. I quotidiani purtroppo dipendono economicamente da molte compagnie fossili, motivo per cui spesso le aziende del petrolio e del gas e in generale le fonti fossili non vengono menzionate come cause del riscaldamento globale (quando in realtà sono tra i principali responsabili).

Questo si ricollega al come viene raccontata l'emergenza. Le aziende sono i soggetti che trovano più spazio negli articoli che raccontano il riscaldamento del pianeta (16,3%), più quindi degli esperti (15,3%) e delle associazioni ambientaliste (12,2%). L'emergenza, spesso, nella narrazione dei quotidiani non ha dei responsabili ben definiti, quando invece sappiamo bene che questi sono i combustibili fossili e chi li produce. Nei telegiornali in prima serata il 2,5% delle notizie trasmesse riguardava la crisi climatica, con il Tg1 in testa e il Tg La7 all'ultimo posto. In questo senso, la tragedia della Marmolada e la siccità hanno agevolato una maggior copertura.

Va meglio nei programmi di approfondimento: 104 delle 385 puntate prese in esame dall'indagine (il 27% del totale) hanno parlato di emergenza climatica (nel primo quadrimestre era stato solo il 6% a parlarne). Unomattina, su Rai1, è la trasmissione più virtuosa in questo senso, mentre l'ultimo posto spetta a Quarta Repubblica, programma di Rete4.

Credits photos: report Greenpeace