La celiachia è la più frequente intolleranza alimentare a livello globale. Dai dati di AIC – Associazione Italiana Celiachia, in Italia sono circa 600mila le persone celiache, di cui il 60% non ancora diagnosticate.
Per fare corretta informazione e sensibilizzare sul tema, ogni anno ricorrono il 16 maggio la Giornata internazionale della celiachia e, nei giorni vicini, la Settimana della celiachia che, quest'anno, cade dall'11 al 19 maggio.
Questa può essere l'occasione per fare una panoramica sui diritti dei celiaci in Italia e sulle difficoltà che a cui ancora vanno incontro. La misura più importante nel nostro Paese a riguardo è il bonus celiachia, l’erogazione di una somma mensile destinata all'acquisto di alimenti sostitutivi e decisa negli anni '80 per consentire a tutti i pazienti celiaci di ammortizzare i costi di produzione e sviluppo dei prodotti senza glutine, attualmente ancora maggiori rispetto agli analoghi convenzionali.
Il bonus può essere speso nelle farmacie, nei negozi specializzati e, in diverse regioni, anche nei supermercati convenzionati. Le somme sono erogate dal SSN ogni trimestre, variano a seconda dell'età e del sesso e sono così ripartite:
Per ricevere i buoni mensili, il celiaco deve ricevere la diagnosi ufficiale, il primo grande scoglio perché il medico di base deve prescrivere esami del sangue per valutare il dosaggio ematico di particolari anticorpi ed autoanticorpi, il Breath Test che esamina la concentrazione di idrogeno nell'aria respirata, l'esame delle feci e la visita gastroenterologica.
A quest'ultima segue, di norma, un esame piuttosto invasivo che è l'esofagogastroduodenoscopia, durante il quale un lungo e sottile tubicino flessibile viene inserito attraverso la cavità orale e fatto scendere lungo l'esofago fino allo stomaco e al primo tratto dell'intestino. In questo modo si potranno prelevare piccoli campioni della mucosa intestinale che saranno analizzati in laboratorio. Se il riscontro è positivo, il paziente deve recarsi all’ASL di competenza con il certificato di diagnosi e avviare la pratica per poter avere diritto al bonus.
Passando alle attività quotidiane, l'alimentazione di un celiaco deve tener conto non solo della presenza o meno del glutine negli alimenti, ma anche della possibile contaminazione, l'"assunzione nascosta" di questo nutriente a causa di un'errata preparazione del piatto. Adattare il proprio regime alimentare alla cucina di una società come la nostra che utilizza il frumento, ma anche la segale, l'orzo, l'avena e il farro, come base per moltissimi cibi, non è facile e significa spesso dover fare delle rinunce perché non sempre sono disponibili alternative.
Questo discorso è fondamentale soprattutto perché ci sono ancora grosse disparità territoriali. Ogni regione ha a disposizione un ammontare diverso di fondi da destinare a chi ha questa intolleranza. La Lombardia, ad esempio, è sempre stata all’avanguardia: come riporta AIC, gli aiuti economici in questa regione sono stati introdotti nel 1979, con tre anni di anticipo rispetto al resto d’Italia e, nel 2019, la spesa dell’erogazione gratuita ammontava a oltre 3 milioni di euro.
Una volta ottenuto il bonus, questo rimane valido solo per le spese effettuate nella regione di residenza, fatto che limita la libertà di spostamento di chi ne usufruisce e, un altro elemento critico annesso, riguarda la digitalizzazione dei diversi territori. Le regioni più virtuose nel tema celiachia, permettono tramite app di conoscere in qualunque momento il credito disponibile del bonus, visualizzare le spese effettuate e localizzare i negozi accreditati dove è possibile utilizzare il buono.
Un'ultima nota dolente riguarda la disponibilità di prodotti senza glutine perché dipende dalla volontà dei singoli commercianti, sia per quanto riguarda i negozi di alimentari o le farmacie, che vendono le materie prime, sia bar e ristoranti che servono i prodotti finiti. In quest'ultimo caso, è spesso presente un sovrapprezzo sulle versioni senza glutine che rimane a carico del consumatore.
Fonte | Associazione Italiana Celiachia