
Quando disegniamo il nostro pianeta, i colori che usiamo sono sempre e solo il blu e il verde. Blu, perché più del 70% della superficie è ricoperta dall’acqua, e verde perché all'inizio i continenti non erano altro che montagne, terra, boschi. Da quando l’uomo ha iniziato a occuparne ogni angolo, però, la natura è stata progressivamente sempre più sacrificata, e le foreste si sono ridotte in modo consistente. Per la produzione di carta e legname come combustibile e soprattutto per far spazio a stabilimenti industriali e coltivazioni intensive. Nel corso degli anni il problema della deforestazione non ha fatto che aggravarsi progressivamente, e i tentativi per colmare le lacune createsi in secoli di industrializzazione incontrollata sono insufficienti. Perché per tagliare un albero ci vogliono circa 10 secondi, per farlo ricrescere ci vogliono decine di anni.
Secondo i dati raccolti dalla FAO nel rapporto 2018 “Lo stato delle foreste del mondo”, nel 1990 le foreste ricoprivano il 31,6% del pianeta, mentre nel 2015 la percentuale si è ridotta al 30,6%. Un punto percentuale che a primo impatto potrebbe sembrarti esiguo, ma devi sapere che si tratta di ben 129 milioni di ettari di foresta perduti, praticamente una zona parti all’intero Sud Africa. In pratica, abbiamo tolto a noi stessi e ai nostri figli centinaia di milioni di ettari di alberi necessari alla conservazione della biodiversità, al mantenimento delle caratteristiche geologiche dei territori, allo sviluppo delle economie locali dei paesi in via di sviluppo. Infatti, le foreste possono garantire fino al 20% del reddito alle famiglie che abitano nelle zone rurali dei Paesi in via di sviluppo.
Togliere alberi e far scomparire ettari di zone boschive sono attività che comportano danni enormi non solo all’ambiente, ma anche alle economie locali e alla qualità di vita delle popolazioni che vi abitano attorno (e all’interno). Solo per citarne alcuni:
Il 2018 ha rappresentato un anno record per quanto riguarda il disboscamento in Amazzonia. In un solo anno, il territorio ha perso oltre 8 mila chilometri quadrati di foresta tropicale, un’area pari a 5 volte la superficie di Londra. Il Governo brasiliano ha segnalato un aumento della deforestazione in quella zone pari al 13,7%. Ma i pericoli cui boschi e foreste sono sottoposti in continuazione non riguardano solo l’abbattimento diretto e il loro sacrificio in favore di altre attività industriali. Anche le variazioni climatiche, la siccità, il maltempo, sono tutti pericoli che possono abbattersi sulle zone in modo indiscriminato, distruggendo gli alberi e mettendo a rischio persone e animali che vi abitano. Solo nel 2018, possiamo citare la tempesta Vaia, abbattutasi sulle regioni italiane del Trentino, Veneto e Friuli nella notte tra il 28 e il 29 ottobre radendo al suolo 8,5 milioni di metri cubi di bosco e causando modifiche consistenti al territorio, alla sua gestione e ai piani di abbattimento, e quindi alle economie locali spesso basate proprio su raccolta, produzione e spostamento del legname. Poco tempo prima, in California, l’incendio più distruttivo dell’ultimo secolo ha incenerito centinaia di migliaia di ettari di foreste e terreni, uccidendo anche decine di persone.
I danni di disboscamento e deforestazione sono ormai evidenti. E le politiche spesso non sembrano funzionare, piegate alle necessità economiche delle grandi multinazionali. Così, sono sempre di più le realtà che si impegnano in modo autonomo per giocare un ruolo anche piccolo nella salvaguardia e nella preservazione delle risorse naturali e delle proprie zone boschive, anche per risollevare l’economia locale. Realtà come The Green Belt Movement, fondata da Wangari Maathai, che ha deciso di unire la lotta delle donne keniote per la parità di genere al ri-popolamento delle foreste della zona, permettendo a oltre 300mila donne di piantare 51 milioni di alberi su tutto il territorio. Oppure le varie iniziative che ti consentono di finanziare la piantumazione di alberi come Treedom, KKL Onlus, o ancora l’associazione Plant for the Planet fondata dal giovane Felix Finkbeiner.