Gli scienziati hanno provato a far crescere un seme vecchio di 1000 anni

Un team di scienziati ha riportato in vita una specie arborea estinta da un seme vecchio di 1000 anni. L’albero potrebbe essere la fonte del “tsori” biblico, con potenziali proprietà curative.
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Vincenzo Borriello 28 Settembre 2024

Se pensate che trovare il seme di un albero vecchio di 1000 anni nel deserto della Giudea sia qualcosa d’incredibile, allora resterete strabiliati sapendo che il seme oggi, dopo 14 anni dalla sua semina, è diventato un albero alto circa 3 metri. Attenzione, perché stiamo parlando di un “albero biblico” appartenente ad una specie perduta da tempo immemore. Ma perché si tratta di un albero biblico? Perchè “Sheba”, così è stato chiamato l'albero dagli scienziati, potrebbe essere la fonte dello “Tsori” (parola traducibile come balsamo), ovvero, un estratto resinoso con proprietà curative citato nella Genesi, e nell’Antico Testamento dai profeti Geremia ed Ezechiele. Lo studio è stato pubblicato su Nature.

Dove è stato trovato un seme così antico e come si è conservato?

L’antico seme è stato trovato durante uno scavo compiuto tra il 1986 e il 1987 da un team di archeologi all’interno di un grotta a Nord di Gerusalemme, a Wadi el-Makkuk, un canale d’acqua invernale che attraversa il deserto settentrionale della Giudea. Qui, pensate, ci sono ben 374 grotte utilizzate sia dai monaci del periodo bizantino sia come rifugio da parte degli ebrei durante le guerre contro Roma tra il 66 e il 135 d.C..

Il seme è stato trovato nella “Grotta 1”, ubicata lungo una parete alta circa 8 metri. L’ambiente ha favorito la sua conservazione. La dottoressa Sarah Sallon del Centro Medico Universitario Hadassah, tra gli autori dello studio, ha detto al Jerusalem Post di escludere che il seme sia stato portato nella grotta da un essere umano in quanto questo luogo era un sito di sepoltura, non abitato.

Di che albero si tratta?

Gli scienziati ritengono che il seme appartenga al genere Commiphora. La dottoressa Sallon e i suoi colleghi hanno sequenziato il DNA dell’albero ed eseguito un’analisi filogenetica per determinare dove “Sheba” si collochi all’interno della famiglia delle piante d’incenso e mirra. Le corrispondenze con possibili sottospecie di Commiphora sono note per non essere particolarmente profumate.

Cosa hanno potuto osservare gli scienziati?

L’ipotesi iniziale del team guidato da Sallon era che la resina prodotta fosse il famoso “Balsamo della Giudea” utilizzato durante il periodo greco e romano per la sua fragranza. I campioni inviati al dottor Gavin Flamatti, esperto nell'identificazione di composti fragranti rilasciati dalla combustione dell’Università dell’Australia Occidentale, non hanno rilasciato composti aromatici fragranti. In compenso sono state trovate in abbondanza sostanze medicinali.

Quanto osservato ha suggerito ai ricercatori che l’albero possa appartenere ad una specie di Commiphora estinta. L’analisi dei composti fitochimici ha dato l’opportunità di restringere il campo circa l’identità di “Sheba”. Sono state trovate delle molecole dette "triterpenoidi pentaciclici". Queste molecole sono state rilevate in altre specie di Commiphora utilizzate nelle antiche pratiche di sepoltura. Sulle foglie dell'albero sono stati rilevati alti livelli di squalene, il 30% per essere precisi.

Lo squalene è associato ad effetti benefici sulla fisiologia della pelle: vanta proprietà emollienti, idratanti, antiossidanti e antitumorali. Altra scoperta interessante nella resina di “Sheba” sono stati trovati composti glipolipidici che potrebbero essere correlati ad altre resine di Commiphora che hanno un potenziale antitumorale. In base a queste scoperte, la dottoressa Sallon ipotizza che la pianta possa essere la fonte dello “Tsori”. Per confermare questa ipotesi serviranno ulteriori ricerche, anche perché l’albero non è ancora fiorito. I germogli consentiranno agli scienziati di eseguire altri studi.