Grassi (Italia Sicura): “La struttura contro il dissesto idrogeologico sia dipartimento”

Italia Sicura è stata al centro del dibattito degli ultimi mesi, a causa del disastro di Ischia. Finita la polemica, non deve cessare però l’attenzione su un tema fondamentale in Italia: il dissesto idrogeologico. Abbiamo intervistato Mauro Grassi, ex Direttore Italia Sicura, per fare un punto della situazione.
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Francesco Castagna 9 Gennaio 2023
Intervista a Mauro Grassi Ex Direttore Italia Sicura

La discussione sul futuro di una struttura contro il dissesto idrogeologico è diventata più pacata, dopo diverse settimane di dibattito pubblico a causa dei fatti avvenuti a Ischia tra il 25 e il 26 novembre 2022. Il terreno dell'isola ha ceduto sotto il peso dei detriti, che sono partiti dal monte Epomeo e scesi verso il mare, travolgendo e distruggendo strade, case e macchine.

Il bilancio è di 900 edifici colpiti dalla frana, dieci morti, 230 sfollati e diversi feriti. Ischia, e in particolare il comune di Casamicciola Terme, è una zona ad alto rischio frane.

A tragedia compiuta, c'è chi tra le istituzioni ha aspettato che passassero alcuni giorni prima di aprire un dibattito serio sulle cause dell'evento, e chi si è accusato vicendevolmente per le azioni dei precedenti governi. Una parola ha prevalso in quei giorni: condono.

Se di eventuali colpe o mancanze se ne occuperà la giustizia italiana, sta di fatto che risulta evidente come non possa mancare in Italia un coordinamento a più livelli in grado di gestire l'annoso problema del dissesto idrogeologico.

Secondo l'ultimo rapporto ISPRA in materia, quasi il 94% dei comuni italiani è a rischio dissesto e soggetto ad erosione costiera e oltre 8 milioni di persone abitano nelle aree ad alta pericolosità. Anche se i litorali in avanzamento sono superiori a quelli in arretramento, secondo gli ultimi dati Legambiente, "quasi il 50% delle nostre spiagge è soggetto a erosione, in 50 anni persi in media 23 metri di profondità di spiaggia su 1750 km di litorale".

Questi dati rendono l'idea della necessità di una struttura che si occupi a livello nazionale di una governance di gestione di tutte le strutture che si occupano di dissesto in Italia. Prima di "ProteggItalia" il piano del governo Conte 1, il governo Renzi aveva istituito una struttura di missione di cui abbiamo sentito parlare molto in questi mesi: Italia Sicura.

Abbiamo contattato Mauro Grassi, direttore della struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche, per capire di cosa si occupasse nello specifico la struttura, se potrebbe essere riportata in auge e in cosa si distingueva da ProteggItalia.

Grassi, com'era la situazione prima di Italia Sicura?

Lo scenario era molto frastagliato. C'erano diversi soggetti, anche centrali, con competenze sul dissesto idrogeologico, e con una scarsa gestione delle informazioni, degli interventi. C'erano dei soldi ma non si sapeva a cosa fossero destinati, chi li spendeva e chi si occupava del loro controllo. Con Italia Sicura è stato creato un unico centro, i fondi erano tutti indirizzati a un solo piano e c'è un'idea complessiva e unitaria.

Qual è il problema allora?

Il problema è che una struttura di missione è, per natura, destinata a terminare. Essa è legata alla presenza di un obiettivo da risolvere. Quando finisce un esecutivo viene smantellata. Il punto è che avevamo appena iniziato a mettere in moto la macchina, perché si doveva passare da una spesa di 300 milioni l'anno a un miliardo e mezzo l'anno.

Abbiamo inventato inoltre la figura del presidente di commissario di governo, per rafforzare sui territori un soggetto legittimato. La nostra idea era che con questo piano l'Italia in 20 anni sarebbe uscita dal pericolo del dissesto idrogeologico.

Lei in un'intervista ha parlato di 1200 milioni di euro in un'attività coordinata tra le Regioni, il Governo e la Banca europea degli investimenti (BEI). Fanno parte di questo investimento di cui mi ha parlato?

Noi avevamo trovato per questo piano da 30-35 miliardi circa 8 miliardi. Questi fondi, venendo da finanziamenti europei e della coesione internazionale, spesso avevano un grande quota nel mezzogiorno. Nel centro-Nord Italia noi avevamo bisogno di altri fondi, allora contattammo la BEI per un fondo di 1200 milioni che sarebbero andati esclusivamente in quest'area. C'è stato bisogno di un anno di trattative circa per arrivare a ottenere quel fondo.

Ma questo fondo si potrebbe richiedere ancora?

Si dovrebbe ricominciare con tutta la trattativa. Sicuramente si possono riprendere, ma bisogna attivare un fondo pluriennale in prestito di 15 anni – per esempio- e allora c'è bisogno di inserire nel bilancio di Stato ci si metta 1.200 milioni di dati. Noi avevamo contrattato con la BEI un interesse -se non erro- dello 0,9, quindi quasi nullo.

Quali altri problemi ci furono?

Sicuramente il tema della mancanza di un passaggio di consegne. Quando nel 2018 smantellarono Italia Sicura noi ci restammo male, senza dubbio, ma sapevamo che avremmo assistito a uno spoils system. Ci aspettavamo che il nuovo governo avrebbe messo un nuovo organico di fiducia, non che l'avrebbero sciolta. Abbiamo contattato il ministro per parlarne, ma da un giorno all'altro abbiamo avuto i computer azzerati senza un minimo avvertimento. Io non ho più nessun documento in mano. Questa è una visione manichea della pubblica amministrazione.

Però poi il governo Conte ha creato ProteggItalia, perché questo progetto era diverso da Italia Sicura?

Proteggi Italia non aveva le basi. Italia Sicura era apprezzata dai presidenti di Regione, dai tecnici, di Proteggi Italia non se ne è accorto nessuno. Era un titolo, era ciò che si faceva da sempre, anche prima di Italia Sicura, e che il nuovo governo ha chiamato con un nuovo nome.

Stanziare dei soldi per le Regioni per farglieli successivamente spendere non è un piano. Noi avevamo pensato a un piano ventennale in cui hai un fondo di progettazione in cui riesci a capire ciò che farai in futuro.

Italia Sicura non si occupava soltanto di dissesto idrogeologico, ma anche di sicurezza delle scuole. Cosa faceva la struttura nello specifico?

Pressoché lo stesso che faceva per il dissesto idrogeologico. Quando arrivammo chiedemmo il numero delle storie in Italia, ci fornirono quattro dati, provenienti dall'Istat, Ministero delle Infrastrutture, Ministero dell'Interno e Ministero della Pubblica Istruzione. Cominciammo a costruire questa base informativa e gli interventi per i Comuni, facendo un piano in cui Italia Sicura era il coordinatore di tutti gli enti. Ora invece la situazione è nuovamente frammentata.

Il governo Meloni ha annunciato di voler riprendere in mano il progetto. Un suo commento? 

La trovo una cosa importante dal punto di vista culturale, è un riconoscimento verso il buon lavoro che è stato fatto. Io spero che ci siano margini per far rientrare la struttura dentro la Presidenza del Consiglio e che non venga creata una nuova unità di missione. Ci sono spazi come Casa Italia, un dipartimento che può essere rivitalizzato, rimesso in ordine e riutilizzato per queste tematiche.