Greenpeace denuncia: perdite di gas da un impianto di estrazione affondato nell’Adriatico nel 2020

Greenpeace denuncia i rischi di danno ambientale in Croazia, a 50 chilometri dalla città istriana di Pola. La causa? Le perdite di gas che sarebbero in corso dal relitto dell’impianto d’estrazione di metano offshore ‘Ivana D’, affondato nel 2020 nell’Alto Adriatico. Immagini raccolte dai sommozzatori mostrano bolle fuoriuscire dai tubi dell’impianto, ma l’azienda responsabile smentisce.
Entra nel nuovo canale WhatsApp di Ohga
Michele Mastandrea 7 Giugno 2022

Nel 2020 la ‘Ivana D', piattaforma offshore per l'estrazione di gas posizionata nell'alto Mare Adriatico, collassò posizionandosi sul fondale marino. A causare il suo crollo, devi sapere, fu una violenta tempesta. Capace di spingere l'impianto a fondo, a circa 50 chilometri dalla costa, a nord-ovest della città croata di Pola.

Alcune testimonianze diffuse da Greenpeace diffuse in questi giorni hanno mostrato bolle di gas emergere dai tubi arrugginiti della piattaforma, non ancora rimossa dal fonale. Le immagini foto e video, come quelle pubblicate qui sotto, sono state realizzate grazie a dei sommozzatori legati all'organizzazione, che si sono immersi fino al relitto.

La richiesta di Greenpeace

L'associazione ambientalista ha così chiesto immediatamente di intervenire alle due aziende proprietarie dell'impianto. Si tratta della croata Ina e dell'ungherese Mol, che dovrebbero  – come logico – occuparsi al più presto della sua messa in sicurezza.

"Abbiamo l'opportunità di vedere come esista una certa fuga di gas lì, e sarebbe logico concludere che potrebbe trattarsi di una fuga di metano. Chiediamo che queste circostanze siano urgentemente indagate e che il reale stato delle cose sia presentato al pubblico", ha affermato Petra Andrić di Greenpeace Croazia.

L'appello di Greenpeace è per la rimozione immediata della Ivana D, ma anche a controllare tutte le altre infrastrutture simili nell'Adriatico, potenzialmente dannose per l'ecosistema marino. La stessa Ina aveva affermato in precedenza che l'impianto fosse sicuro, ma le rilevazioni dei sommozzatori di Greenpeace mettono in dubbio questa versione.

Anche se la vera conseguenza di questa inchiesta della sua organizzazione, secondo Andrić, è mettere fine il prima possibile all'estrazione e all'uso di metano: "In Croazia e nell'intera Ue dobbiamo smettere di investire nel gas fossile e alla fine eliminarlo completamente, al più tardi entro il 2035. Così da rivolgerci fortemente alle fonti rinnovabili e all'efficienza energetica, per le quali abbiamo un grande potenziale non sfruttato in Croazia".

Le aziende rispondono

Ma le aziende implicate non condividono affatto le conclusioni di Greenpeace. Le bollicine sarebbero, secondo Ina, "un fenomeno naturale sui fondali sabbiosi o fangosi", cosa che porterebbe a considerare le affermazioni "false e non scientifiche".

In caso di effettiva fuoriuscita di gas "le bollicine sarebbero di dimensioni molto maggiori rispetto a quelle fatte vedere, in seguito alla grande pressione nel pozzo. E i sub di certo non potrebbero immergersi con tanta facilità vicino al luogo indicato", ha aggiunto l'azienda. C'è da chiedersi però perchè, a più di un anno e mezzo dall'affondamento dell' Ivana D, chi dovrebbe avere la responsabilità di mettere in sicurezza l'area non l'abbia ancora fatto.