I ponti viventi dell’India: l’opera ingegneristica della natura da adattare al contesto urbano

Nello stato indiano del Meghalaya, gli indigeni della giungla costruiscono ponti fatti di radici aeree in grado di sopravvivere per centinaia di anni e di sostenere elevati carichi di peso. Lo studio di questi ponti viventi potrebbe trovare applicazione anche nei contesti urbani.
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Gaia Cortese 27 Ottobre 2022

Nell’India nord-orientale, non lontano dal confine con il Bangladesh, le sponde di fiumi e dirupi sono collegate da veri e propri esemplari dell’ingegneria naturalista, ossia ponti formati da radici aeree dell’albero della gomma, o Ficus elastica.

Nel territori0 del Meghalaya l’umidità raggiunge livelli elevati e durante la stagione dei monsoni alcuni corsi d’acqua diventano molto difficili da attraversare a piedi. Per risolvere il problema, gli indigeni Khasi e Jaintia della zona hanno perfezionato un sistema alternativo per attraversare fiumi e torrenti sfruttando le radici di questa pianta tropicale. Hanno quindi imparato a lavorare le radici aeree in modo da orientarle per raggiungere la sponda opposta formando lo scheletro di un ponte.

Il processo di costruzione inizia posizionando una piccola pianta su ogni sponda del fiume o lungo i bordi di un dirupo. Non appena spuntano le prime radici aeree, queste vengono avvolte intorno a una struttura di bambù o a steli di palma per essere orientate verso la sponda opposta. Nel momento in cui le radici raggiungono il lato opposto, vengono impiantate nel terreno, in modo che la pianta possa sviluppare nuove radici aeree, che si sostengano tra loro.

Anno dopo anno, stabilizzandosi, la struttura di radici diventa stabile e resistente al carico. Per “costruire” un ponte vivente possono volerci diversi decenni, ma una volta che l’opera è terminata questi ultimi sopravvivono per centinaia di anni.

Ponti viventi anche in città?

Le tecniche utilizzate per costruire i ponti viventi potrebbero essere impiegate nel contesto urbano, non solo per rendere più verdi e ombreggiate le città, ma anche per abbassare le temperature nei periodi più caldi dell'anno.

Difatti, alcuni ricercatori hanno già mappato oltre una settantina di ponti viventi nello stato del Meghalaya, studiando il meccanismo con cui si formano e il modo in cui si mantengono nel tempo; per farlo, i ricercatori hanno sfruttato le conoscenze degli indigeni della zona, scattato migliaia di foto e realizzato numerosi modelli tridimensionali.

I ponti viventi hanno dimostrato di essere estremamente resistenti, in caso di agenti atmosferici di una certa portata come pioggia e vento, e oltretutto non si deteriorano come accadrebbe se fossero strutture costruite in acciaio.