Giornata nazionale Braille

Il codice di scrittura Braille è un diritto alla dignità, eppure è garantito ancora a pochi

In occasione della sedicesima Giornata nazionale del Braille il presidente della Biblioteca italiana per i ciechi “Regina Margherita” ha spiegato cosa significa tradurre un libro in Braille e perché questo codice ha rivoluzionato la vita dei non vedenti e ipovedenti in tutto il mondo.
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Maria Teresa Gasbarrone 21 Febbraio 2023
* ultima modifica il 21/02/2023
Intervista al Prof. Pietro Piscitelli Presidente della Biblioteca italiana per i ciechi "Regina Margherita"

Per molti non sono altro che semplici puntini in rilievo. Invece quei segni invisibili ai più hanno permesso e permettono tutt'oggi a milioni di persone di avere un'istruzione, un lavoro, in poche parole una vita normale. Stiamo parlato del codice Braille, il sistema di scrittura e lettura in rilievo utilizzato da non vedenti e ipovedenti in tutto il mondo.

La Giornata nazionale del Braille

In occasione della sedicesima Giornata nazionale del Braille, istituita nel 2007 in coincidenza con la Giornata mondiale della difesa dell'identità linguistica promossa dall'Unesco, Pietro Piscitelli, presidente della Biblioteca italiana per i ciechi "Regina Margherita" di Monza – la più importante del Paese – ci ha spiegato perché il Braille "è un diritto alla diversità" e come in questi due secoli non sia invecchiato affatto. Si tratta di "uno strumento versatile e originale – ha detto Piscitelli – il cui riconoscimento è essenziale per permettere l'accesso alla cultura anche ai ciechi e agli ipovedenti".

La giornata nazionale del Braille ricorre ogni 21 febbraio, in coincidenza con la Giornata mondiale della difesa dell'identità linguistica

Allo stato attuale però solo il 25% degli ipovedenti e non vedenti conosce il Braille. Sebbene infatti molti utilizzino altri strumenti come la sintesi vocale o i caratteri ingranditi, la limitata conoscenza del Braille dipende anche dal fatto che questo codice non viene ancora insegnato nella scuola pubblica.

Perché non possiamo fare a meno del Braille

Nel mondo la disabilità visiva colpisce circa 253 milioni di persone, mentre in Italia si stima che ci sono quasi 1,5 milioni di ipovedenti e 220mila di ciechi. Per loro leggere e scrivere è impossibile (o nel migliore di casi molto difficile). Va da sé quindi che quello che è per la stessa Costituzione un diritto fondamentale – l'istruzione – non potrebbe essere garantito senza un adeguato strumento di traduzione linguistica.

Il Braille è sinonimo di conoscenza, comunicazione, autonomia, integrazione nel tessuto sociale.

Pietro Piscitelli, presidente della Biblioteca italiana per i ciechi "Regina Margherita"

Il Braille da 200 anni fa proprio questo. A inventarlo nel 1839 fu il francese Lous Braille dopo un incidente che lo privò della vista quando era solo un bambino. "L'idea – racconta Piscitelli – gli venne durante la permanenza in un istituto di ciechi di Parigi. Qui conobbe un comandante delle truppe napoleoniche che aveva escogitato un modo per comunicare segretamente durante la notte: attraverso un codice fatto di 12 puntini". 

Braille intuì che quel sistema potesse essere perfetto per i non vedenti grazie alla loro maggiore percezione aptica (cioè la capacità di riconoscere gli oggetti attraverso il tatto). Così mise appunto un  codice vero e proprio: basato su sei punti distribuiti su due colonne da tre punti ciascuna, il Braille riesce a produrre 64 combinazioni. "Per noi questi semplici sei puntini sono magici: ci hanno permesso di leggere e scrivere come tutti gli altri", commenta Piscitelli.

Braille

Perché il Braille è sopravvissuto alla tecnologia

Secondo alcuni l'avvento dell'informatica avrebbe spazzato via il Braille, invece questo codice è stato in grado di reinventarsi e adattarsi al digitale: il sistema a sei punti è stato integrato con altri due punti diventando un codice a otto punti. Quest'evoluzione è stata fondamentale perché ha reso possibile la creazione di 256 caratteri del codice informatico Ascii.

Il Braille informatico prevede 8 punti invece di 6 e permette fino a 256 combinazioni

Grazie a quest'aggiornamento è stato possibile garantire alle persone non vedenti un altro diritto fondamentale, quello dell'alfabetizzazione digitale. Se è vero infatti che la tecnologia ha dato a questa categoria nuovi strumenti, come le app o i software di sintetizzatore vocale, il braille continua a essere uno strumento insostituibile, anche grazie a nuovi dispositivi.

"Tra le qualità maggiori del braille – prosegue il presidente della Biblioteca "Regina Margherita" – la più importante è la versatilità: i ciechi lo utilizzano non solo per leggere i libri, ma anche per studiare musica e da qualche anno anche per usare il pc e navigare nel web". Pensa che a oggi sono 800 attualmente i dialetti e le lingue che utilizzano questo metodo.

Cos'è una biblioteca per ciechi

La Biblioteca per i ciechi "Regina Margherita" di Monza è una delle biblioteche per non vedenti più importanti in Italia. Esiste dal 1928 e a oggi conta tra i 40mila e i 50mila volumi in Braille in una sede di più di 2mila metri quadrati.

"Non è un caso – spiega Piscitelli – che la nostra sede sia così spaziosa". Il Braille infatti ha il limite di non poter essere modificato nelle dimensioni, motivo che rende necessario molto spazio. "Pensate – aggiunge il presidente – che la versione in braille dei ‘Promessi sposi' conta 12 volumi da 200 pagine l'uno".

Anche per questo la Biblioteca "Regina Margherita" permette a ciascun suo utente di richiedere al massimo la trascrizione di un titolo all'anno, mentre l'accesso ai titoli già presenti in biblioteca è illimitato.

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Il Braille ai tempi del digitale

Screen-reader, schermo o barra Braille, tanto per citarne qualcuno. Anche se forse questi nomi non ti dicono nulla, indicano in realtà alcune delle risorse più utilizzate oggi dagli ipovedenti e non vedenti per utilizzare il computer.

  • Screen-reader: Si tratta di un programma che "legge" i testi presenti sullo schermo per poi trasferirli a due possibili dispositivi: la sintesi vocale e il display braille.
  • Display o barra Braille: È uno strumento, una sorta di barra, che si collega al computer, che nella parte superiore ha una riga di aghi. Questi si alzano e si abbassano secondo la codifica del codice Braille. Normalmente il display riesce a riprodurre in Braille righe di 40 (alcuni dispositivi fino ad 80) caratteri.

Puoi capire bene come possedere un display Braille può fare la differenza per la propria formazione, ma anche e soprattutto per l'accesso al mondo del lavoro. Eppure acquistarlo può non essere così semplice. Basta fare un giro sui principali siti di vendita per vedere come i prezzi vanno da un minimo di circa 1.600 euro (per i modelli più datati) a cifre anche superiori a 10mila euro.

"Il sistema sanitario spiega Piscitelli – lascia all'autonomia regionale la gestione di quest'aspetto. A parte poche Regioni virtuose, la maggior parte non copre l'acquisto di questi dispositivi. Quindi tutto dipende di fatto dalle possibilità individuali".

Giornata nazionale Braille
Barra Braille

Le sfide per il futuro

"Il Braille è un segno di civiltà – commenta Piscitelli – offre a tutti ciechi del mondo la possibilità di produrre cultura e di accedervi. Grazie a questo codice un alunno cieco all’interno di una classe o un lavoratore può ottenere gli stessi risultati degli altri, anche se con mezzi diversi".

Proprio per garantire quest'opportunità fondamentale, da quando con la legge 517 del 1977 è stato riconosciuto l’accesso alla scuola comune anche ai non vedenti o ipovedenti "la biblioteca si è fatta carico di trascrivere i testi scolastici nella tre versioni più utilizzate in questi casi: in braille, nella scrittura ingrandita e in digitale".

Eppure in Italia il Braille non si insegna ancora a scuola. Nonostante diverse associazioni e organizzazioni promuovano corsi a parte, "la sua assenza negli istituti scolastici – spiega Piscitelli – è tra le prime cause di quella crisi che negli anni '80 qualcuno pensò di attribuire all'avvento dell'informatica. Invece il problema si verificò perché con la legge del 1977 molti bambini non ebbero più chi che glielo insegnasse, com'era normale invece negli istituti per ciechi".

Fonte | Ministero della Salute

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