
Dopo Regno Unito e Irlanda è la volta del Canada. Lo scorso 17 giugno la Camera dei Comuni di Ottawa, con 186 voti a favore e 63 contrari, ha approvato una mozione per dichiarare nel paese lo stato di emergenza climatica. La mozione, presentata dal Ministro dell’Ambiente e del Cambiamento climatico Catherine McKenna, invita l'Assemblea a riconoscere che il cambiamento climatico è una crisi reale e urgente, causata dall'attività umana, e chiede al Governo canadese di fare tutto ciò che è nelle proprie disponibilità per raggiungere gli obiettivi fissati dall'Accordo di Parigi del 2015, tra cui il contenimento del riscaldamento globale al di sotto di 2 gradi rispetto ai livelli pre-industriali.
C'è un però. La mozione non è vincolante e non richiede che vengano adottate misure specifiche. Si tratta piuttosto di una semplice dichiarazione d'intenti. E il Canada per il momento non sembra intenzionato a seguire fino in fondo una linea coerente per rendere la sua economia più sostenibile e amica dell'ambiente. Tant'è che il giorno dopo alla dichiarazione dell'emergenza climatica il primo ministro canadese Justin Trudeau ha fatto approvare l'espansione della Trans Mountain Pipeline. L'oleodotto triplicherà la propria capacità e sarà in grado di trasportare 300mila barili di petrolio al giorno su un tragitto lungo 1.150 chilometri. Il greggio sarà quello che l’associazione Greenpeace ha definito “il più sporco della Terra”. Ovvero quello estratto dalle sabbie bituminose della provincia dell’Alberta. Una scelta politica fin troppo chiara: dal punto di vista energetico il Canada dipende ancora molto dalle fonti fossili e non vuole rinunciarci.