Il Covid-19 si è portato via anche Amoim Arukà, l’ultimo sopravvissuto del popolo indigeno Juma

Era l’unico uomo sopravvissuto del popolo indigeno Juma, decimato da allevatori e signori del caucciù nel corso degli ultimi decenni. Oggi, a causa delle politiche del Governo di Bolsonaro, anche la sua stirpe è giunta alla fine. Una perdita culturale e umana inestimabile.
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Sara Del Dot 22 Febbraio 2021

È morto il 17 febbraio, dopo una lunga lotta. L’ultima e forse la più difficile. Il suo campo di battaglia, un letto di terapia intensiva. Amoim Arukà, l’ultimo guerriero del popolo Juma, aveva 86 anni quando si è spento all’Ospedale di Porto Velho, dove era stato ricoverato il 2 febbraio dopo essere stato spostato dall’Ospedale Regionael di Huamaità. Aveva presentato i sintomi del Coronavirus già da metà gennaio.

Arukà era l’unico discendente maschio del popolo indigeno brasiliano Juma, l’ultimo guerriero sopravvissuto ad anni di stermini, malattie, attacchi. Un individuo che portava dentro di sé non soltanto una stirpe, ma anche la sua cultura e le sue tradizioni, patrimonio inestimabile.

Infatti, fino a pochi decenni fa gli Juma erano circa 15.000, ma i loro terreni erano molto appetibili per minatori, allevatori e imprenditori, che hanno iniziato a ucciderli e decimarli. I “signori del caucciù”, infatti, catturavano e cacciavano gli indios per schiavizzarli nella raccolta di preziosa materia presente sul loro territorio. L’ultimo massacro, avvenuto nel 1964, aveva visto l’uccisione di 60 persone, con soli 7 superstiti. Nel 2002 erano rimasti soltanto in quattro, ovvero Arukà e le sue figlie, con i loro mariti.

Arukà però non si rassegnò mai alla progressiva scomparsa del suo popolo. Infatti lottò per la demarcazione del territorio di Juma, che fu approvata solo nel 2004 e cercò di ripopolare la tribù grazie anche all’unione con altre popolazioni indigene.

Con la dipartita di Amoim, la popolazione Juma potrebbe essere definitivamente giunta alla fine, considerato che la discendenza di questa stirpe è patrilineare. Anche se le figlie lotteranno per portarla avanti.

L'organizzazione Survival International Italia, che si batte per i diritti dei popoli indigeni, ha commentato la morte di diversi indios (oltre 900 nella pandemia) è attribuibile  alle politiche genocide di Bolsonaro nei confronti dei primi popoli del Brasile.

Infatti, proprio il Governo brasiliano provocò diversi ritardi nel posizionamento delle Barriere Sanitarie di cui questi popoli avevano enorme bisogno per essere protetti, data la loro enorme fragilità nei confronti del virus. Secondo il coordinamento delle organizzazioni indigene dell'Amazzonia brasiliana (COIAB), infatti, Amoim Arukà è morto per colpa del virus e del Governo brasiliano che avrebbe dovuto proteggerlo.

Fonte | Coiab