
Nel 2014 è stata istituita dalla Food and Agricolture Organization (FAO) delle Nazioni Unite la Giornata Mondiale del Suolo, conosciuta come World Soil Day, per sensibilizzare sul tema della terra, sulla sua fertilità e sulla sua ricchezza. Il tema porta con sé molte sfaccettature che vanno dalla terra come risorsa indispensabile per tutti gli esseri viventi, al suo impoverimento, al consumo di suolo, all’inquinamento, all’erosione e al suo sfruttamento. Temi che descrivono tutti una situazione preoccupante del presente e del domani.
Solo in questi ultimi anni ci siamo accorti che la situazione è andata sempre più degenerando. Per 50 anni abbiamo vissuto in debito di risorse: è infatti dal 1970 che la Terra ha smesso di consumare solo le risorse che riusciva a rigenerare. Nel 1970 infatti l’Overshoot Day (che calcola le risorse che la Terra è in grado di produrre naturalmente in modo da rigenerarle) iniziava proprio il 31 dicembre. Nel 2019 l’Overshoot Day è avvenuto il 27 luglio, mentre quest’anno la nostra impronta ecologica globale ha subìto una riduzione del 9,3% grazie al contenimento della raccolta di legname e delle emissioni di CO2 da combustibili fossili, conseguenze delle misure attivate per contrastare la pandemia. Questo ha spostato al 22 agosto la data del deficit ambientale di quest’anno. Questo non significa che abbiamo cambiato mentalità e stile di vita, ma solo che ci ha bloccato una pandemia.
La terra è una risorsa limitata. Senza di essa, animali ed esseri umani sono destinati a morire di fame: il 95% del nostro cibo proviene dal suolo. Secondo la FAO sono 815 milioni le persone a rischio dal punto di vista alimentare e 2 miliardi quelle a rischio dal punto di vista nutrizionale, ma possiamo mitigare questa condizione attraverso il suolo. Eppure il 33% del suolo globale è già degradato, inutilizzabile in campo agricolo e alimentare: la salute e la produttività dei terreni coltivabili esistenti è in declino e peggiorata dal cambiamento climatico tanto che oltre due miliardi di ettari di terreni un tempo produttivi sono ora degradati e la siccità e la scarsità d'acqua hanno amplificato il problema. Tutto questo a fronte di una crescita della popolazione mondiale esponenziale che dovrebbe raggiungere i 9 miliardi entro il 2050: quindi la sua “distruzione” diventa ogni giorno un problema sempre più grave.
Allora diventa importante evitare il fenomeno dell’erosione del suolo che può avere tanti volti diversi. L’erosione del suolo può avvenire a causa dei fenomeni atmosferici, al vento e alle piogge torrenziali, a causa del cambiamento climatico, dell’inquinamento e soprattutto della deforestazione che lascia i terreni senza protezione e in balia, appunto, di vento e piogge. Ma a questi problemi si aggiunge la diminuzione dei campi da coltivare a favore del consumo di suolo per le piccole e grandi città che in Italia è molto alto: nel 2019 abbiamo consumato 57 milioni di metri quadrati di suolo, al ritmo di 2 metri quadrati al secondo.
Il suolo ha un grande potenziale poiché filtra e tampona i contaminanti, degradando e attenuando gli effetti negativi degli inquinanti, ma questa capacità resta limitata. La maggior parte delle sostanze inquinanti proviene da attività umane, come pratiche agricole insostenibili, attività industriali, miniere, rifiuti urbani non trattati e altre pratiche non rispettose dell’ambiente. Inoltre contiene tre volte più carbonio dell’atmosfera e può aiutarci a far fronte alla sfida del cambiamento climatico.
Allora il World Soil Day è doveroso affrontarlo con il giusto rispetto: del suolo che abbiamo e che ci rimane dobbiamo farne buon uso e valorizzarlo il più possibile mantenendolo vivo e ricordando quanto è importante la biodiversità. Questo è proprio il tema di quest’anno che la FAO ribadisce per sensibilizzare sull'importanza della diversità degli organismi presenti nel suolo per la maggior parte dei servizi ecosistemici terrestri: "Manteniamo il suolo vivo, proteggiamo la biodiversità del suolo".
E salta all’occhio come il più grande rispetto per la biodiversità e la risorsa terra arrivi proprio dall’agricoltura sostenibile legata a quella biologica.
L’agricoltura biologica, infatti, ha un impatto positivo sulla terra, sulle piante, sugli insetti e tutti gli animali di un ecosistema ed è portata avanti seguendo disciplinari sfidanti che solo la passione e la determinazione degli agricoltori coinvolti possono giustificare. Solo l’1% dei terreni nel mondo è coltivato in modo biologico: una percentuale irrisoria, ma che ogni anno ruba terreno grazie anche alla richiesta costante dei consumatori (in aumento in Italia del 7% tra i consumatori domestici) che vogliono prodotti sicuri e meno impattanti sull’ambiente. In Italia il trend è in crescita tra i nuovi operatori e con un’incidenza sulla superficie coltivata del 15,5%.
Allora è vero che la mentalità sta cambiando e sempre più persone decidono di cambiare stile sia nella coltivazione sia nel consumo: il biologico. In Italia c’è una realtà che da anni promuove l’agricoltura biologica con passione senza nessun compromesso: Almaverde Bio è una società consortile che promuove uno stile di vita, e mette in relazione consumatori e produttori biologici in modo diretto grazie alla passione e i valori comuni delle aziende impegnate a non utilizzare sostanze chimiche sulla terra e a garantire il benessere degli animali. Grazie alla costante attenzione alla qualità dei propri prodotti e a un’accurata selezione dei produttori è riconosciuta come il primo marchio di biologico in Italia: portare sulla tavola prodotti sani, sicuri, certificati per un’alimentazione sana e consapevole è la prima mission dell’azienda. E ormai le sue referenze toccano tutte le aree merceologiche acquistabili facilmente sulla piattaforme Almaverde Bio Shop e FruttaWeb: questo premia la volontà di arrivare a essere sostenibili e meno impattanti in ogni momento della propria vita. Forse è il caso di non chiamare più chi acquista “biologico” un semplice “consumatore”.