
La Val Grande avrà il suo Ponte Tibetano. I cittadini hanno votato il referendum ma il quorum non è stato raggiunto: tutto valido, insomma. Avanti tutta.
Vezza d’Oglio, domenica 25 giugno, è andata alle urne per esprimere il proprio parere sull’idea di costruire una passerella pedonale sospesa nella storica valle montana. Al referendum indetto lo scorso 9 maggio dal Comune si sono presentati 530 elettori su 1.577 aventi diritto (il 33,6% del totale). Poco è contato che in 496 abbiano votato “No” (oltre il 95%) e solo 26 abbiano barrato la casella del “Sì”.
Il punto, infatti, è che alle urne si sono presentate ben 259 persone in meno rispetto ai 789 che sarebbero state necessarie per raggiungere il 50% più uno.
L’idea di costruire il ponte tibetano nasce dalla mente di Diego Occhi, che nel 2019 divenne sindaco di Vezza d’Oglio. Superando le difficoltà della pandemia, l’amministrazione è riuscita a mandare avanti l’iter burocratico fino a inserire i costi di realizzazione nei bilanci dell'Unione dei Comuni Alta Valle: mossa che, di fatto, rese il progetto ufficiale.
Ad oggi comunque ci sono solamente degli studi di fattibilità e nulla è ancora stato fatto. Il progetto dovrebbe prevedere una struttura sospesa da circa 500 metri, posizionato a un’altitudine di 1.360 metri, in grado di mettere in collegamento i due versanti della Val Grande: la passerella metterebbe in comunicazione Gusà e la località Glant.
Il risultato del referendum tuttavia testimonia lo stato d’animo della popolazione, divisa in un’aspra polemica. Non solo per i costi del Ponte (circa 2 milioni di euro, di cui circa 1 milione finanziato dall'Accordo quadro di programma del Parco dello Stelvio, 500mila euro da reperire e altri 500mila a carico del Comune).
A non piacere è ovviamente l’impatto ambientale non giustificabile che il Ponte Tibetano – che molti definiscono l'ennesimo ecomostro sulla Alpi – potrebbe avere sull’intesa Valle. E quella che molti definiscono una totale mancanza di una visione realistica di un futuro sostenibile.