
Tutta la carne e il cuoio che produciamo e acquistiamo a livello globale stanno provocando, tra le altre conseguenze, la scomparsa di un popolo indigeno del Paraguay, gli Ayoreo-Totobiegosode. Si tratta dell'ultima popolazione incontattata sopravvissuta al di fuori dall'Amazzonia. In altre parole, non hanno contatti con la civiltà moderna perché li hanno rifiutati e hanno preferito continuare a vivere secondo le loro tradizioni e la loro cultura. Una cultura che il nostro sistema economico sta invece distruggendo, come denuncia Survival International, il movimento mondiale per i diritti dei popoli indigeni.
La regione del Chaco, in cui abitano gli Ayoreo, comprende la seconda foresta tropicale per estensione in tutto il Sud America. Questo polmone verde è sottoposto a uno dei tassi di deforestazione più alti al mondo, per fare spazio ad allevamenti di bestiame destinati a soddisfare la domanda internazionale di carne e cuoio. E così quella parte di popolazione che ha scelto di continuare a vivere incontattata è costretta a rifugiarsi in aree verdi sempre più ristrette.
Secondo un'indagine dell'Ong Earthsight, il principale acquirente del cuoio proveniente dagli allevamenti impiantati su queste terre sarebbe proprio l'Italia, che solo nel 2018 ne ha importato il 61%. Tra i nomi che emergono dal rapporto c'è quello di Pasubio, una delle più grandi concerie europee che produce soprattutto rivestimenti in pelle per automobili, e del Gruppo Mastrotto, che serve anche l'arredamento e l'industria calzaturiera. Altri acquirenti importanti sono poi le grandi aziende automobilistiche, come BMW e Jaguar Land Rover.
Intanto gli Ayoreo lottano soli e hanno chiesto alla Commissione Inter-Americana per i Diritti Umani di proteggere e salvare la loro foresta. E non è certo la prima volta che provano a ribellarsi a questo sistema di sfruttamento delle risorse. Nel 1993 presentarono una richiesta formale di riconoscimento dei loro diritti territoriali di fronte a un settore agroindustriale che già allora si mostrava in rapida espansione. Ma rimase inascoltata. Così nel 2013 si rivolsero alla Commissione Inter-Americana per i Diritti Umani affinché intervenisse in loro aiuto.
Nel 2016 furono avviati dei negoziati formali con il governo del Paraguay, ma dopo 5 anni e 42 incontri finiti in un nulla di fatto, gli Ayoreo si sono ritirati. Nel frattempo la distruzione della loro foresta proseguiva inarrestabile. Per questo motivo ora il popolo indigeno torna a scrivere alla Commissione Inter-Americana per i Diritti Umani.
"Gli Ayoreo-Totobiegosode hanno invocato la sospensione dei negoziati perché il governo stava solo cercando di tirarla per le lunghe, lasciando contemporaneamente campo libero alla distruzione dilagante della foresta degli Ayoreo – ha spiegato la ricercatrice di Survival International Teresa Mayo. – Lo Stato sa che per condannare a morte gli Ayoreo incontattati basta semplicemente non fare nulla".
Ma se una foresta viene distrutta, il problema è anche nostro. Deforestazione significa meno ossigeno prodotto, significa favorire il riscaldamento globale, significa minore resistenza di fronte al cambiamento climatico. Insomma, il costante autosabotaggio al quale andiamo incontro con il nostro sistema dei consumi.
Credits photo: Foto di copertina di © GAT/ Survival International. Tempo fa, gli Ayoreo avevano bloccato l’autostrada trans-Chaco per denunciare l’inerzia del governo di fronte alla distruzione della loro foresta.