
Che le api e gli altri insetti impollinatori non se la stiano passando bene, non è certo una novità. Colpa soprattutto dell'utilizzo massiccio di pesticidi nell'agricoltura intensiva, della perdita di habitat, dell'inquinamento, della diffusione di parassiti e malattie veicolate dall’introduzione di specie aliene invasive, senza dimenticare gli effetti del cambiamento climatico.
La situazione è davvero preoccupante, specialmente in Europa. Stando a quanto riporta il WWF, qui abbiamo perso oltre il 70% della biomassa di insetti volatori, appartenenti non solo alle specie più rare ma anche a quelle più comuni, da cui dipende il fondamentale servizio ecosistemico dell’impollinazione. Da essa dipendono oltre due terzi della frutta e della verdura che consumiamo ogni giorno. Inoltre, sottolinea sempre l'organizzazione ambientalista, circa il 40% di api selvatiche, farfalle, sirfidi e coleotteri, rischiano l’estinzione a livello globale.
Bisogna fare qualcosa, e anche alla svelta, per invertire questo trend. Non è un caso che nella direttiva del ministero della Transizione Ecologica inviata a Parchi nazionali e aree marine protette per l’indirizzo delle attività dirette alla conservazione della biodiversità, viene sottolineata la necessità di proseguire e migliorare le azioni a tutela degli insetti impollinatori.
Il WWF ricorda che un importante pilastro della nuova strategia 2030 dell'Unione Europea in materia di biodiversità, nell'ambito di quel grande patto per l'ambiente che è il Green Deal, si concentra sul ripristino degli spazi naturali in porzioni significative del territorio europeo attraverso la destinazione del 25% dei terreni agricoli in Europa a colture biologiche e la destinazione del 10% dei terreni agricoli proprio per la conservazione della biodiversità. In gioco non ci sono soltanto le sorti degli insetti impollinatori; ne va del nostro sistema agro-alimentare nel suo complesso.