A cinquecento metri di profondità, dove non arriva nemmeno la luce e la pressione è cinquanta volte maggiore rispetto al livello del mare, vive un gigantesco giardino di coralli. Un fondale letteralmente ricoperto di spugne, anemoni e altri organismi riscoperti nelle acque della Groenlandia dai ricercatori della Global University e della Società Zoologica di Londra, in collaborazione con l’Istituto di Risorse naturali della Groenlandia. Tutto grazie a una strumentazione a basso costo ma estremamente efficace: una sorta di slitta una trainata equipaggiata con una videocamera GoPro, delle luci e dei laser in speciali alloggiamenti a pressione, montati su un telaio in acciaio. La scoperta, che è stata pubblicata su Frontiers in Marine Science, ha implicazioni dirette per la gestione di molte attività di pesca a strascico nelle acque profonde, immediatamente adiacenti al giardino di coralli e fondamentali per l'economia del Paese.
Se pensi che le profondità marine sono l'habitat ancora più sconosciuto e misterioso nonostante copra il 65% del pianeta puoi avere un’idea dell’importanza della scoperta. Quando hanno recuperato tutta la strumentazione e analizzato le immagini, i ricercatori hanno scoperto che lì, sul fondo dell’oceano, a oltre 500 metri di profondità poggiava un vero e proprio giardino di coralli. Si tratta del primo habitat di questo tipo ad essere stato identificato e valutato nelle acque della Groenlandia occidentale. Dalle oltre 1.200 immagini estratte, i ricercatori hanno fatto circa 44mila annotazioni della fauna selezionata da cui spiccavano 15.531 anemoni e 11.633 coralli di cavolfiore (Pocillopora meandrina) oltre a spugne e altri invertebrati e organismi acquatici.
Come ti dicevo, la Groenlandia economicamente è strettamente legata alle attività di pesca che rappresentano oltre l’80% del reddito delle esportazioni del paese. E si tratta per la maggior parte di pesca in acque profonde. Oltre al punto di vista scientifico e naturalistico, lo studio pone interesse anche su questi aspetti: i ricercatori si sono mossi affinché un’area di oltre 400 chilometri quadrati venga riconosciuta come un ecosistema marino vulnerabile in modo da essere protetta, per esempio, delle attività della pesca a strascico.
Lo studio è ancora più importante se pensi alla strumentazione che hanno utilizzato i ricercatori. Perché compiere analisi delle profondità marine si è spesso rivelata un’impresa difficile ma soprattutto costosa: poiché la pressione oceanica aumenta di una atmosfera ogni 10 metri di discesa, servono necessariamente veicoli operativi comandati a distanza o dei sommergibili capaci di resistere alla pressione simile. Gli scienziati inglese invece hanno bypassato il problema: hanno sviluppato una sorta di slitta, grande più o meno come una Mini Cooper, ci hanno montato una GoPro, delle luci e dei laser e con un sistema a basso costo l’hanno trainata per circa 15 minuti alla volta.