In Islanda si trasforma la CO2 in roccia per ridurre le emissioni

Imitare la natura per stoccare la CO2 in serbatoi di roccia, mineralizzandola. Il progetto di Carbfix 2 in Islanda.
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Andrea Di Piazza Geologo specializzato in Green Management
29 Marzo 2023 * ultima modifica il 29/03/2023

Nella corsa alla ricerca di tecnologie e soluzioni per limitare il riscaldamento globale entro i limiti previsti dalle varie COP che si sono susseguite negli ultimi anni, la cattura e il sequestro di carbonio (Carbon Capture and Storage, CCS) può giocare un ruolo decisivo sottraendo CO2 agli impianti industriali, confinandola in serbatoi geologici permanenti. Trasformare l’anidride carbonica in roccia per frenare il riscaldamento globale non è una novità, ma se adesso anziché in migliaia di anni lo si riesce a fare in qualche centinaia di giorni, ecco che l’interesse – economico e politico – cresce. Vediamo di che si tratta.

Cattura delle emissioni e iniezione

Il progetto Carbfix 2, finanziato dall’Unione Europea, ha portato in Islanda partner industriali e accademici per sviluppare una tecnologia che fosse in grado di mineralizzare permanentemente la CO2 sottratta da impianti industriali, con il fine di creare depositi di stoccaggio eterni. L’avvio della sperimentazione è avvenuto presso la centrale geotermica di Hellisheiði nel 2014, con l’installazione di un impianto permanente di cattura di CO2 e H2S. Le due specie vengono separate dagli altri gas non condensabili e poi la miscela trasportata in un pozzo di iniezione dove viene co-iniettato il fluido insieme alla salamoia geotermica della centrale elettrica in un pozzo di reiniezione (a Húsmúli). A centinaia di metri di profondità avviene poi la “magia”.

La “spugna basaltica” e lo stoccaggio

Nel profondo del pozzo, dove la struttura lascia il posto ai basalti islandesi, il fluido incontra la roccia muovendosi tra fratture, pori e aperture. La reazione tra fluido ricco in CO2 ed H2S e formazione rocciosa basaltica, per composizione ricca in calcio e magnesio, favorisce la formazione di minerali di calcio, magnesio (calcite, dolomite, magnesite) e solfuri, permettendo la fissazione dell’anidride carbonica e dello zolfo in roccia. Una reazione che in altri contesti geologici, per avvenire, impiegherebbe molto più tempo, ma che qui è accelerata dalla composizione chimica delle rocce islandesi. Secondo i calcoli dei ricercatori, in soli 2 anni si riesce a mineralizzare oltre il 90% della CO2 iniettata. Un risultato straordinario che è valso al progetto il prestigioso Keeling Curve Prize (premio dedicato alle tecnologie che contribuiscono al contrasto al riscaldamento globale). Dal 2014 il progetto ha iniettato circa 90mila tonnellate di CO2 nel cuore d’Islanda. Prossimo passo legare i pozzi di reiniezione ad impianti di cattura della CO2 dall’atmosfera: un progetto sicuramente ambizioso ma dagli alti costi, energetici e ambientali.

La rimozione naturale di CO2

Le rocce basaltiche sono rocce magmatiche basiche, ovvero povere in silice, e costituendo circa il 65% della superficie terrestre sono le rocce più diffuse sulla porzione esterna del Pianeta. Come dimostra il progetto, per via della loro composizione, queste rocce sono un elemento ideale per favorire processi di carbonatazione naturale. Si tratta dunque di uno dei più grandi serbatoi potenziali di CO2 sul Pianeta. La mineralizzazione della CO2 è del resto un processo che avviene di continuo negli ambienti vulcanici, in particolare quelli sottomarini. Il magma infatti rilascia grandi quantità di anidride carbonica che risale lungo le fratture della crosta per raggiungere la superficie. In questo volume di roccia, specialmente lungo le dorsali oceaniche, si ha una massiccia interazione tra anidride carbonica-acqua e basalto con una mineralizzazione di circa 40 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno. In Islanda, porzione emersa della dorsale medio atlantica, secondo alcuni studi è stato stimato che un basalto fresco può immagazzinare oltre 100 kg di CO2 per metro cubo. Ma l’interazione CO2-acqua-roccia avviene anche all’interfaccia superficie terrestre – atmosfera: l’alterazione delle rocce vulcaniche basaltiche legata all’azione delle acque meteoriche, contribuisce per almeno il 30% alla rimozione naturale dell’anidride carbonica dall’atmosfera. Quando si dice “imitare la natura”…

Dopo una laurea in Geologia ed un dottorato di ricerca presso l'Università degli Studi Roma Tre, ha lavorato come ricercatore presso altro…