
Il loro destino era già scritto: diventare trofei di caccia. Ma sono stati tratti in salvo da persone che hanno a cuore i diritti degli animali e adesso vivono in un rifugio naturalistico dove possono fare quello per cui sono nati: i leoni. È la storia a lieto fine di 10 esemplari che erano tenuti prigionieri in un allevamento-lager del Sudafrica e destinati a essere uccisi in una battuta di "caccia in scatola" (in inglese, "canned hunting"). Rinchiusi in piccoli recinti scarsamente illuminati, con razioni di cibo limitate e senza cure igieniche e veterinarie, gli animali venivano tenuti in queste condizioni per diventare poi facili prede per i cacciatori. Un'autentica crudeltà per animali come i leoni, liberi e fieri per natura.
A denunciare questa squallida realtà è stata Wild@life, organizzazione tedesca impegnata nella difesa del territorio e della conservazione della fauna selvatica, anche con azioni dirette per il recupero e il salvataggio degli animali. Una squadra di volontari ha percorso oltre 5 mila chilometri per raggiungere gli animali e ha impiegato poi nove ore e mezza per portarli via in sicurezza dal recinto, dopo aver ottenuto i documenti necessari a metterli in salvo dal ministero del Commercio e dell'Industria sudafricano. I leoni erano gravemente malnutriti o comunque ridotti in pessimo stato. Sono stati dunque trasferiti in un'area protetta dove potranno condurre una vita migliore.
Il nome rende bene l’idea di questa pratica crudele, diffusa in Sudafrica e in altri Paesi dell'Africa meridionale. Nella caccia in scatola per gli animali c’è la certezza della morte, per il cacciatore la certezza del trofeo. La preda infatti viene rinchiusa in uno spazio ristretto per rendere ancora più facile al cacciatore l'uccisione dell'animale. Per quest'ultimo non c'è possibilità di scappare come potrebbe invece avvenire in una caccia in spazi aperti. Insomma, la caccia in scatola equivale a un'esecuzione e il trofeo viene per così dire servito su un piatto d'argento. Per questo è più facile e meno costosa rispetto alla caccia grossa tradizionale, e purtroppo sono numerose le persone che, pur di farsi immortalare con un leone ucciso a colpi di fucile, finiscono per alimentare un business che di etico ha ben poco, anzi proprio nulla.