
In pieno stato di emergenza, con un Paese che brucia per via degli incendi da nord a sud e minacciato dalle alluvioni, continua lo scontro tra ENI e le Ong Greenpeace Italia e ReCommon. Il 26 luglio ENI ha annunciato di aver avviato un'azione legale nei confronti delle due organizzazioni, a seguito di un loro atto di citazione per il lancio di una civile davanti al Tribunale di Roma per chiedere l’accertamento dei danni derivanti dai cambiamenti climatici, a cui ENI ha contribuito negli ultimi decenni, continuando a investire nei combustibili fossili.
Con quell'azione le due organizzazioni hanno chiesto allo Stato italiano di obbligare la multinazionale a rivedere la propria strategia energetica per rispettare gli impegni internazionali dell’Accordo di Parigi sul clima.
Al momento non la cifra richiesta da ENI non è ancora chiara, ma sembrerebbe essere pari a 50mila euro per ciascuna delle organizzazioni. Arriva prontamente la risposta di Chiara Campione, responsabile dell’Unità Clima di Greenpeace Italia: "I vertici di ENI devono sapere che questa richiesta di risarcimento non farà che motivarci ancora di più nella nostra battaglia in difesa del clima e delle generazioni presenti e future".
Non manca anche la risposta di ReCommon, nelle vesti di Antonio Tricarico: "Sapevamo a cosa andavamo incontro quando abbiamo lanciato la Giusta Causa e abbiamo scelto di farlo perché nessun rischio è più grande di quello climatico. Intendiamo resistere a questo tentativo di intimidazione da parte di ENI e chiediamo il sostegno di tutte le persone e gli enti pubblici e privati che hanno a cuore la causa della giustizia climatica, a partire da chi vive e opera nei territori che stanno vivendo sulla propria le conseguenze catastrofiche della crisi".
Secondo le due organizzazioni no profit si tratterebbe di un caso di SLAPP, ovvero una causa strategica contro la pubblica partecipazione: sono cause spesso intentate per disincentivare la protesta pubblica e per indebolire economicamente le Ong.