Irace del Capo: il curioso animale che sembra un roditore ma non lo è

L’irace del capo è un mammifero erbivoro imparentato con l’elefante. Vagamente simile a un coniglio, è noto per il suo canto complesso. I maschi che cantano meglio hanno più successo riproduttivo e producono prole con maggiore possibilità di sopravvivenza.
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Vincenzo Borriello 11 Ottobre 2024

A prima vista l’Irace del Capo, creatura che bazzica la Siria, l’Africa nord-orientale e quella sub-sahariana, potrebbe sembrare un roditore. Ci stà, ad un occhio poco esperto potrebbe sembrare tale. Tuttavia questo simpatico animaletto con la passione del canto, non lo è, lo si capisce dalla dentatura, tra le altre cose. L’irace del capo non ha gli incisivi a crescita continua e presenta molari simili a quelli dei rinoceronti. I suoi canini sembrano delle piccole zanne. L’animale con il quale questo mammifero dell’ordine degli Hyracoidea è strettamente imparentato è l’elefante.

Cos’è l’Irace del Capo

Assodato che non si tratta di un roditore, ed escludendo che si tratti di un uccello, di un aereo e tantomeno di Superman, resta da capire che cosa sia l’irace del capo, altrimenti noto come procavia delle rocce. Questo animale appartiene all’ordine degli Hyracoidea è strettamente imparentato è l’elefante. È un mammifero ed un erbivoro.

Quali sono le caratteristiche e il comportamento

L’irace del capo, seppur vagamente, assomiglia a un coniglio, tuttavia, orecchie coda sono accorciate. Un esemplare adulto raggiunge una lunghezza tra i 40 e i 50 cm. Le zampe anteriori sono plantigrade mentre quelle posteriori sono semi digitigrade. Giusto per chiarire, i digitigradi sono quegli animali che usano le falangi come punto di appoggio. Esempi sono gli uccelli, cani, cani, gatti, etc.

Nel primo paragrafo abbiamo detto che questo animale ha la passione per il canto. Ebbene, è giunto il momento di dare un senso a tale affermazione anche perché è uno degli aspetti più interessanti. Il canto è elemento essenziale per questa specie. I maschi emettono dei vocalizzi almeno per due ragioni: affermare la propria posizione sociale nei confronti degli altri maschi e segnalare la presenza alle femmine.

Pochi mammiferi sono in grado di eseguire canti complessi: l’irace del capo è tra questi. Il canto è eseguito in crescendo, vale a dire che il volume aumenta man mano che il canto prosegue. Con il progredire del canto, non solo aumenta il volume ma anche la sua complessità. Ciò probabilmente è dovuto alla necessità di mantenere alta l’attenzione dell’ascoltatore. Uno studio condotto dai ricercatori delle Università di Tel Aviv e Bar-Ilan sui canti di questi mammiferi ha concluso che i maschi che cantano con maggior frequenza e mantenendo il ritmo hanno più successo con le femmine.

Altrettanto interessanti sono le conclusioni di uno studio pubblicato sulla rivista Journal of Animal Ecology. È stata abbinata l’analisi spettrografica dei canti di corteggiamento degli iraci con i risultati di una serie consecutiva di stagioni riproduttive. Lo studio, un po' come fatto da quello dei ricercatori delle Università di Tel Aviv e Bar-Ilan, ha dimostrato che i maschi che cantano con più frequenza, mantenendo meglio il ritmo, procreano discendenze che sopravvivono meglio.

Gli scienziati hanno usato marche auricolari e collari colorati per identificare gli animali anche a distanza. I canti di questi animali sono stati associati ai test di paternità. Come ha spiegato Vlad Demartsev, ecologo comportamentale del Max Planck Institute of Animal Behavior, nonché responsabile dello studio:

“La spiegazione più semplice è che la costanza in termini di ritmo sia una caratteristica attraente per le femmine, o quanto meno sia indice di buona qualità, in qualche modo. Non si tratta semplicemente di produrre un segnale, e nemmeno della capacità di produrre uno stesso segnale più volte possibile. Si tratta proprio di mettere in scena uno spettacolo”.

Nel momento in cui un maschio conquista il diritto di vivere in un gruppo, può conservare la posizione dominante fino alla morte. Tuttavia può capitare che il maschio residente venga scalzato dal suo ruolo di leader da uno dei maschi scapoli. Probabilmente è proprio questo uno dei motivi per il quale gli iraci cantano durante l’intero anno e non solo quando c’è il periodo di accoppiamento (luglio – agosto). Dimostrare il proprio valore nel canto, ritiene Demarstev, funge da deterrente alle aggressioni da parte degli altri maschi:

“È una specie di rituale che riduce al minimo i combattimenti, che possono avere effetti collaterali per entrambe le parti”.