Isole Marshall, uno stupendo paradiso naturale da tutelare (anche evitando il turismo di massa)

L’arcipelago delle Isole Marshall è un patrimonio naturale da tutelare e da preservare dal fenomeno del turismo di massa, inoltre il Paese è ancora alle prede con livelli di contaminazione nucleari molto alti. Ecco perché.
Entra nel nuovo canale WhatsApp di Ohga
Francesco Castagna 1 Giugno 2023

Spesso ti parliamo di vacanze sostenibili e di come recarti all'estero limitando al minimo il tuo impatto sull'ambiente. Questa volta, rientra a pieno nel concetto di ecosostenibilità e rispetto dell'ambiente la scelta di non favorire un turismo di massa nelle zone del mondo che sono rimaste rurali.

È il caso delle Isole Marshall, un arcipelago di cinque isole e 29 atolli chiamato così perché nel 1788 furono dedicate al capitano inglese John Marshall, che le visitò proprio in quegli anni.

Le Marshall fanno parte della Micronesia e hanno come capitale Majuro, con due particolarità:

  •  Le isole sono state divise in due gruppi: le prime diciotto fanno parte dell'arcipelago di Ralik, parola che significa significa "tramonto" in marshallese, le altre sedici fanno parte dell'arcipelago di Ratak, che in marshallese significa "alba"
  • Le Marshall sono l'unico Stato delle Nazioni Unite a non aver avuto fino al 2020 un organo di calcio nazionale. Non fanno parte né dell'Oceania Football Confederation (OFC), né della FIFA

Negli ultimi anni il turismo di massa ha invaso il Pacifico, tanto che uno studio condotto dalla Yale School of Forestry & Environmental Studies Explore Search ha portato alla luce ciò che sottolineavano già gli esperti marini locali: "gravi danni alla barriera corallina, causati dalle ancore delle barche e dagli amanti dello snorkeling che indossavano creme solari contenenti una comune sostanza chimica tossica per i coralli giovani".

Il caso delle Isole Marshall poi non riguarda soltanto il turismo di massa, perché l'arcipelago era stato scelto più di 70 anni fa dagli Stati Uniti d'America come luogo per effettuare test nucleari. Ancora oggi il luogo risente delle operazioni condotte dal governo statunitense, a tal punto da far allarmare gli esperti, che lo hanno definito più radioattivo di Chernobyl. Fino al 2016 mancava uno studio effettivo in grado di verificare gli effetti delle scorie radioattive sulle acque e sul cibo che potrebbero danneggiare seriamente la salute degli abitanti.

Per questo motivo il Paese nello stesso anno si è rivolto all'IAEA, l'Agenzia internazionale dell'energia atomica, per misurare l'inquinamento alimentare e ambientale. Come emerge dal sito dell'agenzia, "I possibili effetti sulla salute derivanti dall'assunzione di questi contaminanti includono una riduzione dell'aspettativa di vita, un ritardo nella crescita dei bambini e un aumento del rischio di malattie non trasmissibili, oltre ad altri effetti sul metabolismo corporeo. Uno degli obiettivi del progetto dell'AIEA è sviluppare le capacità locali di misurare la composizione corporea e l'assunzione di nutrienti".

Nel 2019 poi è stato pubblicato uno studio sulla rivista scientifica statunitense PNAS con il quale si voleva indagare sulle possibili contaminazioni da cesio 137 in frutti provenienti dalle Isole Marshall settentrionali. Il risultato è che gli scienziati non sono stati in grado "di rilevare alcuna contaminazione da 137Cs nei frutti degli atolli di Enewetak e Utirik. Tuttavia, gli atolli di Bikini e Rongelap presentano livelli di 137Cs nella frutta che superano i limiti d'azione stabiliti dall'IPPNW nel 2016 e dai governi di Russia, Ucraina, Bielorussia e Giappone, in risposta ai disastri nucleari in quei Paesi. Inoltre, superano i valori rilevati nei pressi di Fukushima nel febbraio 2018 (27) e i valori misurati dal 2011 al 2015 nelle aree vicine all'incidente di Chernobyl (28)".

Crediti foto di copertina: Wikipedia_Di mrlins