Italia ed Europa alla sfida dell’economia circolare: a che punto siamo?

In un contesto generale negativo per l’economia circolare, l’Italia ottiene un buon risultato che governance, investimenti e stile di vita possono migliorare.
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Andrea Di Piazza Geologo specializzato in Green Management
24 Gennaio 2023 * ultima modifica il 31/01/2023

Sulla scia della European Circular Economy Stakeholder Platform (ECESP), si è recentemente tenuta la V^ Conferenza annuale della Piattaforma italiana degli attori per l’economia circolare (ICESP), iniziativa sviluppata da Enea che ha riunito oltre 800 esperti provenienti da circa 290 tra istituzioni, imprese e associazioni per fare il punto sulla transizione ecologica del nostro Paese.

L’Italia del resto, così come l’intera Unione Europea, è chiamata ad una sfida epocale: cambiare la propria economia lineare con un modello di produzione e consumo che abbia l'obiettivo di ridurre al minimo gli sprechi di risorse, sia energetiche che materiali.

Una transizione necessaria non solo per fare fronte al continuo aumento della domanda di materie prime e ad una scarsità delle risorse, ma anche per ridurre il contributo delle attività antropiche all’emissione di gas climalteranti. Più facile a dirsi che a farsi.

Cosa sta facendo dunque l’Europa per sviluppare l’economia circolare e soprattutto a che punto è l’Italia in questo percorso?

L’Europa verso un’economia circolare

Nel marzo del 2020, a corredo del Green Deal, la Commissione Europea ha presentato il Piano d’azione per una nuova economia circolare, un documento fondamentale per disegnare una nuova strategia industriale basata sulla progettazione di prodotti più sostenibili, sulla prevenzione dalla produzione di rifiuti e sull’aumento del tasso di riciclo degli stessi.

Un anno dopo, a febbraio 2021, il Parlamento Europeo ha implementato il piano, includendo norme più severe sul riciclo e obiettivi vincolanti per il 2030 sull’uso e l’impronta ecologica dei materiali. Nel 2022 si è poi registrata un’ulteriore accelerazione attraverso l’approvazione di pacchetti di misure che riguardano il potenziamento dei prodotti sostenibili, la responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde, la revisione del regolamento sui prodotti da costruzione e una strategia sui tessili sostenibili (a marzo) e le nuove regole sugli imballaggi (a novembre).

L’impianto normativo è dunque in continua evoluzione e costituisce un banco di prova fondamentale per i paesi europei che devono recepire le direttive comunitarie e guidare la transizione verso un’economia più sostenibile. Cerchiamo quindi di rispondere alla domanda iniziale analizzando la situazione italiana nel contesto europeo.

Un’Italia “circolare”?

La pandemia da Covid-19 ha drammaticamente piegato il PIL di molti Paesi, Italia compresa. Questa flessione è stata seguita da una crescita importante dell’economia nazionale che non è stata però accompagnata da una riduzione dell’uso di materie prime.

In sostanza, non si è osservato il famoso “disaccoppiamento” (decoupling), cuore centrale del Green Deal europeo e obiettivo principale di un modello economico circolare, in cui si sostiene la crescita limitando il consumo di materie vergini. Un problema non solo italiano ma mondiale, come testimoniano i dati del Circularity Gap Report secondo cui l’uso dei materiali sta accelerando a una velocità superiore alla crescita della popolazione, facendo ulteriormente diminuire il – già basso – tasso di circolarità globale da circa il 9% del 2019 al 7% del 2023. Numeri impietosi.

In un contesto generale piuttosto negativo per l’economia circolare, l’Italia comunque dimostra una discreta performance per quanto riguarda gli indicatori di circolarità descritti nel Rapporto sull’Economia Circolare 2022.

Innanzitutto è da segnalare il significativo aumento di produttività delle risorse, ovvero il rapporto tra prodotto interno lordo e consumo di materiale interno (indicatore utile per valutare anche il livello di disaccoppiamento): il nostro Paese nel 2020 ha fatto registrare 3,5 euro di PIL per ogni kg di risorse consumate, un dato superiore del 60% rispetto alla media dei Paesi europei.

Questo valore si associa positivamente all’elevato tasso di circolarità di materia, ovvero la misura della percentuale di risorse materiali provenienti da prodotti riciclati e materiali recuperati che, nel 2022, in Italia ha raggiunto il 21,6%, ben oltre la media europea (12,8%) e appena sotto la Spagna (22,2%). Il nostro Paese può inoltre vantare il primato nel riciclo dei rifiuti che, con il 68%, è il dato più alto dell’Unione Europea.

Posizione arretrata invece per quanto riguarda il consumo di suolo (7,1%), l’eco-innovazione (Italia al 13esimo posto) e la riparazione dei beni (le imprese che lavorano in questo campo sono in calo almeno dal 2010, rispetto ad altri paesi dove invece si registra un risultato positivo). Considerando nel complesso i trend di circolarità, l’Italia guida la classifica dei paesi europei, staccando nettamente economie importanti come Germania e Francia. Pur mostrando una buona performance in tema di economia circolare, soprattutto se confrontato con altre realtà, il nostro Paese deve comunque superare alcune criticità per raggiungere gli obiettivi delineati dall’Unione Europea.

L’occasione del PNRR

Il PNRR può rappresentare un volano eccezionale per risolvere le criticità di settore e rilanciare investimenti e azioni di riforma in direzione della circolarità, contribuendo ad una piena transizione ecologica e digitale di tutti i settori industriali.

Da questo punto di vista è fondamentale citare i decreti emanati nell’estate del 2022 dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (ex MITE) riguardo la "Strategia nazionale per l’economia circolare" ed il "Piano nazionale di gestione dei rifiuti", entrambi strumenti essenziali per garantire la corretta gestione dei rifiuti e catalizzare le linee di investimento previste dal Piano sul tema.

La Missione 2, Componente 1, dedicata proprio all’economia circolare, prevede infatti circa 3 miliardi di euro per la realizzazione di impianti di trattamento di svariate frazioni merceologiche (carta, plastica, RAEE, pannoloni), ma anche per l’implementazione dei sistemi di raccolta differenziata. Una vera e propria “chiamata alle armi” a cui le aziende hanno risposto con un volume di proposte progettuali pari a circa 12 miliardi di euro, mettendo in luce l’esigenza di ulteriori fonti di finanziamento per coprire l’intero fabbisogno di settore.

Prospettive future

Pandemie ed instabilità politica internazionale non possono distogliere l’attenzione dal problema più importante che interesserà l’umanità nei prossimi decenni: il riscaldamento globale. L’applicazione di un modello economico circolare è fondamentale per cercare di frenare le cause che hanno portato ad eccessive emissioni di gas climalteranti in atmosfera e dunque al suo anomalo riscaldamento.

Per fare ciò è necessario garantire un’architettura normativa omogenea, che favorisca la progettazione ecocompatibile dei prodotti, la circolarità dei processi produttivi, snellendo i processi di governance e promuovendo gli investimenti. Ma allo stesso modo è fondamentale cambiare i nostri comportamenti individuali, rivedendo il nostro modo di pensare.

Come? Abbandonando per esempio le pratiche distruttive che attualmente dominano la vita quotidiana, riducendo gli sprechi, orientando decisioni, azioni e progetti ad una minimizzazione del proprio impatto sull’ambiente che ci circonda e senza il quale non possiamo sopravvivere.

Dopo una laurea in Geologia ed un dottorato di ricerca presso l'Università degli Studi Roma Tre, ha lavorato come ricercatore presso altro…