La battaglia di Teshima, ecco come i cittadini hanno lottato (e vinto) contro il peggior caso di scarico illegale di rifiuti industriali

A Teshima, in Giappone, una storia di rivalsa. Qui i cittadini dell’isola sono riusciti a sconfiggere un gigante industriale e a trasformare la loro casa in un polo attrattivo.
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Francesco Castagna 27 Giugno 2022

Keizoku wa chikara nari, ovvero "perseveranza è forza", dice un proverbio giapponese. Questa è a tutti gli effetti una storia di perseveranza e di lotta. In Giappone esiste un'isola che fino a poco tempo fa veniva chiamata "l'isola dei rifiuti", l'isola di Teshima. Il perché è facilmente immaginabile: in quest'isola avveniva uno degli scarichi più inquinanti di materiale tossico.

Fosse solo per questo potremmo dire che ormai purtroppo ci siamo quasi abituati a queste notizie, ma questo caso non è proprio come gli altri. Lo scarico dei rifiuti in tutti questi anni è avvenuto anche in maniera illegale.

Batterie, scorie, pneumatici. Tutto deturpava il paesaggio dell'isola, sia a terra che sul mare. Al loro posto, ora, un museo con le foto della spazzatura, per sensibilizzare sul fatto che i disastri ambientali possono avvenire ovunque e in ogni momento se non si fa abbastanza attenzione. E poi incredibilmente fragole e olio d'oliva e piste ciclabili.

Per capire la gravità  del livello di inquinamento sull'isola di Teshima, basti pensare che i suoi abitanti indossavano una maschera molto spesso, e non era di certo per un'emergenza sanitaria. Il motivo è che questi rifiuti venivano bruciati all'aria aperta, rendendo l'ambiente invivibile.

Teshima – Google Earth
Teshima – Google Earth

Tutto era partito nel 1975, quando la società Teshima Comprehensive Tourism Development ha ottenuto l'approvazione per importare rifiuti industriali sull'isola. Nonostante i cittadini fossero contrari alla decisione, il loro parere è rimasto ignorato per anni. Pezzi di automobili, petrolio, PCB e altri materiali tossici venivano giornalmente sversati sull'isola, rifiuti che poi con il tempo hanno inquinato il mare circostante.

Oltre al danno, anche la beffa. Quando i cittadini di Teshima hanno richiesto a Tadao Maekawa, l'allora governatore della prefettura di Kagawa, di trovare una soluzione sono stati accusati di essere "egoisti" e di non pensare al bene del Paese. Così i cittadini dell'isola hanno capito che la questione doveva uscire dalla sfera locale, per farne un caso. Hanno marciato sul parlamento e hanno organizzato migliaia di manifestazioni e incontri per sensibilizzare. Sei mesi di sit-in fuori dagli uffici del governo hanno portato a risultati positivi.

Così, la polizia nel 1990 ha ispezionato l'isola e arrestato il presidente della società Teshima, Sosuke Matsuura. Al posto del suo ufficio, ora, c'è per l'appunto il museo volto a sensibilizzare sui disastri ambientali.

Dal 2000, inoltre, cittadini e governo stanno lavorando per ripristinare la biodiversità e trasformare l'isola in un polo attrattivo. Questo è un esempio di come la mentalità dei giapponesi sia cambiata nel tempo, passando dal nascondere e sotterrare i rifiuti al capire come gestire il processo di smaltimento senza inquinare l'ambiente circostante.

Oggi Teshima ha 913.000 tonnellate in meno, rifiuti che sono stati rimossi e trasportati sull'isola di Naoshima per il trattamento e il successivo incenerimento. Con la speranza che non succeda a Naoshima una nuova Teshima.