
Il diritto alla salute in Italia dovrebbe essere garantito a tutti – lo stabilisce la Costituzione nell'articolo 32 -, ma la pandemia ha svelato come la tenuta del Servizio sanitario nazionale sia minacciata da profonde crepe. Tra queste la carenza di medici rappresenta uno dei temi che più preoccupano gli esperti del settore.
Anaao Assomed, il maggiore dei sindacati dei medici dirigenti, ha stimato che entro il 2024 sono previsti 40mila medici in meno nel Servizio sanitario nazionale. Ma la carenza di medici in Italia è un problema che esiste da tempo, con un impatto sulla disponibilità delle prestazioni mediche già ora evidente nelle interminabili liste d'attesa esistenti per la maggior parte delle visite più richieste.
Un'altra conseguenza di cui abbiamo già visto gli effetti è la forte riduzione di medici di base che ha lasciato milioni di italiani senza una figura a cui rivolgersi.
Le cause di quest'emorragia sono diverse: per fare chiarezza potrebbe essere utile considerare le ragioni che hanno portato alla situazione attuale e i motivi che nei prossimi anni potrebbero renderla ancora più critica.
Per quanto riguarda le cause della carenza di medici attuale un certo ruolo lo hanno avuto le decisioni politiche, anche frutto di un'incapacità di prevedere i flussi di personale nel settore. Nello specifico gli ospedali si sono svuotati negli anni a causa del blocco del turn over – ovvero il ricambio di personale – scattato dal 2005 con il governo Berlusconi due e proseguito in altri esecutivi , ovvero il Prodi due, Berlusconi Tre, Monti, Letta e Renzi.
Inoltre, i governi che si sono susseguiti negli anni precedenti al Covid-19 non sono stati in grado di garantire un adeguato reinserimento di nuovo personale da sostituire ai medici in età pensionabile. Secondo una recente stima di Agenas, l’Agenzia Nazionale per i servizi sanitari regionali che fa capo al ministero della Salute, su 100 medici andati in pensione, 10 non sono stati sostituiti, ma in Regioni come il Lazio, la Sicilia e la Campania il numero sale a 31.
Per quanto riguarda invece i prossimi anni, l'emorragia prevista da Anaoo Assomed si deve a tre cause principali:
La carenza di medici è quindi un problema a 360 gradi che riguarda non solo gli ospedali e i pronto soccorso, ma anche il settore dei medici di famiglia e quello degli specialisti.
Secondo l'ultimo rapporto Agenas sullo stato del personale del Servizio Sanitario Nazionale, in Italia dal 2019 al 2021 i medici di famiglia sono diminuiti di 2.178 unità. In realtà, nel 2020 l'Italia era tra i primi Paesi in Ue per presenza di medici: secondo i dati Ocse nel 2020 in Italia operavano 4 medici per 1.000 abitanti, contro 3,17 della Francia e i 3,03 del Regno Unito. Tuttavia, ciò che è mancato è stato un adeguato piano di ampliamento di posti nei corsi post-laurea di medici generale.
"Il protrarsi del blocco delle assunzioni, interrompendo la regolare alimentazione dei ruoli – si legge nel rapporto Agenas – ha determinato l’innalzamento dell’età media del personale e il conseguente fenomeno della ‘gobba pensionistica'. Tale fenomeno, sebbene riguardi tutto il personale sanitario, appare più minaccioso per i profili professionali già carenti. Le due categorie più a rischio appaiono essere i medici di famiglia e gli infermieri.
In dettaglio, le regioni con il maggior numero di assistiti per medico di medicina generale sono: Trentino-Alto Adige (1.454), Lombardia (1.408) e Veneto (1.365), seguono Calabria (1.055), Basilicata (1.052) e Umbria (1.049).
Inoltre per capire l'entità del fenomeno Agenas ha calcolato il tasso di turn over, ovvero il rapporto tra il numero di medici assunti e quello dei cassati per anno. Questo coefficiente, se maggiore di 100 indica che si è in presenza di un ampliamento delle risorse, se minore significa una riduzione di quest'ultimo. Il tasso in Italia è pari a 90, le Regioni con la maggiore contrazione sono Campania, Lazio e Sicilia (tasso di turnover pari a 69), le uniche a superare la soglia del 100 sono Toscana (105), Emilia-Romagna (102) e Veneto (101).
C'è però un altro settore della sanità pubblica, altrettanto fondamentale, che rischia di rimanere scoperto – e in parte lo è già. Si tratta dei pronto soccorso. Per lavorare come medici al loro interno c'è infatti bisogno della specializzazione in Emergenza-Urgenza, una scelta che però sempre meno neolaureati in Medicina compiono.
Anche in questo caso a lanciare l'allarme è Anaoo Assomed: un'analisi del 2022 ha rivelato che ben il 50% dei contratti di medicina d'emergenza non è stato assegnato. Questo significa che nei prossimi anni saranno sempre meno i medici formati per lavorare in pronto soccorso. I motivi sono diversi: si va dai turni massacranti alle retribuzioni poco allettanti, di certo più basse rispetto al resto d'Europa, ma anche il più alto rischio di contenziosi medico legali e di aggressioni rispetto ad altre professioni mediche.
Ma a preoccupare non è solo il futuro: già oggi la maggior parte dei pronto soccorso del Paese lavora sotto stress a causa della mancanza di personale. Secondo la Società italiana di medicina d'emergenza urgenza (Simeu) nei pronto soccorso italiani mancano 4.200 medici. In sei mesi – da gennaio 2022 a luglio 2022 – si sono dimessi 600 medici, in pratica 100 al mese.
Per far fronte a quest'emergenza e colmare i vuoti nell'organico ospedaliero, molte strutture ricorrono sempre più spesso ai cosiddetti "medici a gettoni", ovvero professionisti sanitari che lavorano "a chiamata", assunti da cooperative che agiscono come intermediarie. Quest'ultime – spiega Confartigianato – riescono ad attrarre i professionisti attraverso una serie di benefici, tra cui stipendi più alti e una maggiore flessibilità lavorativa.
I medici specialisti rappresentano poco più della metà del totale dei medici presenti nel Paese: secondo Medici specialisti. Situazione al 2021. Previsione al 2030, uno studio realizzato da Antonio Magi, presidente Sumai, uno dei maggiori sindacati di medici specialisti, degli 399.360 medici iscritti all'Albo dei Medici Chirurghi 189.390 sono in possesso di un titolo di specializzazione, di questi sono attivi 151.512, ovvero l'80%. Quanti di loro però lavorano nel Servizio sanitario nazionale?
La Regione, in valori assoluti, con il maggior numero di specialisti è la Lombardia con 30.215 (15,95% di tutti gli specialisti italiani), seguita dal Lazio con 21.993 e Campania con 17.397.
Solo il 56% dei 399.360 iscritti all'albo dei Medici Chirurghi appartiene alla fascia d'età tra i 23 ai 59 anni
Antonio Magi, presidente Sumai
Anche in questo settore il primo dei fenomeni evidenziato è l'anzianità del personale sanitario anche a causa dell'incapacità del Servizio sanitario nazionale di trattenere a sé medici più giovani, già in minoranza rispetto agli anni passati: ad esempio Sumai ha stimato che dei 399.360 medici iscritti all'albo dei medici chirurghi, solo 225.195 medici (56%) appartengono alla fascia d'età tra i 23 ai 59 anni. Due sono i fattori che hanno causato l'insufficiente ricambio generazionale:
Si tratta di un trend destinato – avverte Sumai – ad aggravarsi sempre di più. Si stima che se non si interviene con misure adeguate, nei prossimi anni gli specialisti che opereranno nel Ssn (medici ospedalieri e specialisti ambulatoriali convenzionati interni) passeranno dai 117.909 del 2021 a 64.357 nel 2030 con una perdita annuale media di 3.678 medici specialisti.
Carenza medici ospedalieri
Sempre secondo Anaoo Assomed già nel 2020 mancavano all'appello negli ospedali italiani circa 10.ooo medici. Secondo la Federazione Cimo-Fesmed per capire quanto sia grave la mancanza di sufficiente personale sanitario in reparto (medici e infermieri) basta guardare a che cos'è successo negli ultimi anni (2010-2020) nei nostri ospedali. I dati parlano da soli, in dieci anni:
Durante i tempi bui della pandemia li abbiamo definiti "eroi" per il ruolo insostituibile che hanno avuto nella battaglia contro il Covid-19, ma per molti medici i turni continuano ad essere massacranti anche oggi, a emergenza sanitaria rientrata. Lo denunciano i sindacati.
"In questo momento, soprattutto dopo il Covid – spiega il segretario nazionale di Anaao Assomed Pierino Di Silverio – tutti i medici sono sottoposti, a causa della scarsità di organico endemica in Italia, a turni massacranti. Da contratto dovremmo lavorare 38 ore settimanali, ma nessun medico si limita a quelle: ne facciamo in media 60-70".
Il carico di lavoro superiore a quanto previsto per contratto è difatti uno dei motivi delle numerose dimissioni registrate negli ultimi mesi. "Oggi un medico ospedaliero su quattro –spiega Pietro Dattolo, presidente dell'Ordine dei Medici di Firenze – rinuncia alla sua salute per turni di lavoro massacranti e, in generale, cresce la disaffezione dei più giovani alla professione. Bisogna invertire in fretta questo trend".
Le cose non vanno meglio altrove. Ad esempio, a Torino, l'azienda ospedaliera Città della Salute è stata oggetto di una vertenza da parte della Cgil in seguito all'applicazione del nuovo contratto collettivo di lavoro, che prevede fino a sette turni di reperibilità al mese.
Dato che i pensionamenti costituiscono la causa più importante della contrazione del personale medico, le previsioni della curva pensionistica dei prossimi anni può essere utile a darci un'idea dell'entità del fenomeno.
Secondo Anaao Assomed tra il 2016 e il 2025 sono 47.284 i medici che usciranno dal Ssn, di cui circa 19.157 nel primo quinquennio (2016-2020) e circa 28.127 nel secondo quinquennio (2021-2025). Nei cinque anni successici (2026-2030) invece i pensionamenti dovrebbero cominciare a diminuire, ma non abbastanza per risolvere il problema: in questo periodo è stimato che saranno 18.471 i contratti cessati.
A determinare un flusso così importante sono diversi fattori, legati soprattutto alle condizioni di cui hanno potuto godere quei medici assunti tra il 1951 e il 1960: "Stiamo parlando di fasce di età per le quali il riscatto previdenziale degli anni di università era facilitato da un versamento economico mensile sostenibile, inoltre l’assunzione avveniva dopo il conseguimento della Laurea in Medicina e Chirurgia, senza obbligo di possedere il titolo di specializzazione per essere assunti nel Ssn".
Il problema resta quindi l'insufficiente reinserimento di nuovo personale. Anaoo Assomed ha stimato che i futuri medici che entreranno nel Ssn nel decennio 2016-2025 dovrebbero essere circa 40mila, a fronte dei 47.284 in uscita. A questo punto basta fare due conti per capire che il sistema è sotto organico. Nello specifico in questi dieci anni stiamo perdendo 7.284 medici. In poche parole: 728 medici specialisti ogni anno.
Si è unito alla richiesta di un piano d'intervento davvero efficace anche il Magi (Sumai) che nel suo già citato studio scrive: "Dobbiamo pertanto trovare rapide soluzioni ed invertire questo trend altrimenti la situazione in futuro sarà sempre più complicata".
Le stime elaborate da Magi sono infatti ancora più pessimiste di quelli di Anaoo Assomed: "Per i prossimi anni gli specialistiche che opereranno nel Ssn (medici ospedalieri e specialisti ambulatoriali convenzionati interni), a situazione invariata, passeranno dai 117.909 del 2021 ai 64.357 del 2030 considerando una perdita annuale media di 3.678 medici specialisti nel Ssn pur considerando l’attuale andamento delle nuove entrate di neo-specialisti e le uscite attuali e future degli specialisti per raggiunti limiti d’età".
Fonti | Anaoo Assomed, Cifo-Fesmed, Fedaiisf, Ocsse, Agenas, Confartigianato