La Cina di Xi Jinping: tra l’aumento di energia a carbone e il nuovo accordo con il Brasile sulla deforestazione globale

Negli ultimi mesi Luiz Inácio da Silva sta girando il mondo per stringere nuovi accordi o riallacciare i legami dopo il cambio di guardia nel Paese, avvenuto con le elezioni che hanno portato Jair Bolsonaro alla sconfitta. Lo scorso 11 aprile Cina e Brasile hanno firmato un importante accordo per contrastare la deforestazione a livello globale.
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Francesco Castagna 24 Aprile 2023

Il bianco per lo yang, il nero per lo yin, il rosso per la scrittura e la politica, il giallo per la Terra e infine il quīng, un termine che inizialmente veniva utilizzato per descrivere una scala cromatica che va dall’azzurro, passando per le varie tonalità di blu, per arrivare al nero e al grigio, mentre ora si usa per indicare qualcosa di non compiuto. A questi colori, la Cina vorrebbe aggiungere simbolicamente il verde. Lo fa parlando di transizione ecologica e provando ad arrivare prima come leader mondiale su alcune sfide che riguardano la conversione ecologica ed economica. Secondo un'indagine del MIT Technology Review infatti, nel 2021 e nel 2022 “il numero di veicoli elettrici venduti ogni anno in Cina è cresciuto da 1,3 milioni a ben 6,8 milioni". Di fatto nel 2022 quindi il Paese si attesta per l'ottavo anno consecutivo come il più grande mercato mondiale per i veicoli elettrici.

L'11 aprile il Presidente della Repubblica Federale del Brasile Luiz Inácio da Silva (Lula) si è recato in Cina dal Presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping. Durante la visita, i due leader mondiali hanno presenziato a diversi eventi e inaugurazioni, tra cui quella del "Novo Banco de Desenvolvimento": una banca mondiale con lo scopo di finanziare la crescita dei Paesi membri del Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), con a capo Dilma Rousseff , prima presidente del Brasile dal 2011 al 2016.

Il motivo reale della visita del leader Brasiliano in Cina però è stato quello di stringere importanti accordi con il Presidente Xi Jinping. Tra questi: strategie di sviluppo per avanzare in settori come le energie rinnovabili, l'industria automobilistica; agroalimentare, linee di credito green (prestiti di denaro concessi da una banca per investimenti sostenibili), informatica, sanità e infrastrutture. Gli accordi comprendono anche un piano per contrastare la deforestazione a livello globale. Come dichiarato da entrambi i leader infatti, i Paesi "intendono impegnarsi in modo collaborativo a sostegno dell’eliminazione del disboscamento e della deforestazione illegali a livello globale, applicando efficacemente le rispettive leggi sul divieto di importazioni ed esportazioni illegali". Un patto simile era già stato siglato nel 2021, con un accordo che prevedeva 19,2 miliardi di dollari di risorse pubbliche e private con il fine di contrastare la distruzione delle foreste, come quella amazzonica. Cina e Brasile infatti sono legate da un forte legame commerciale: Pechino infatti, solo nel 2022, ha importato più di 50 milioni di tonnellate di soia dal Brasile, secondo quanto riporta il Segretariato del Commercio Estero (Secex), un dipartimento del Ministero dell'Economia.

Sono i dati della stessa associazione brasiliana delle industrie di olio vegetale (Abiove) a confermare che le esportazioni di olio di soia del Paese nel  2023 ammonteranno a circa 1,6 milioni di tonnellate, portando il Paese a registrare il record di spedizioni di olio di soia degli ultimi 16 anni. 

In questo scenario, dove la Cina prova a muoversi geopoliticamente, stringendo accordi con il Brasile, gli Stati Uniti non restano immobili: il Presidente USA Joe Biden infatti ha annunciato 500 milioni di dollari per il Fondo Amazzonia, secondo la Casa Bianca.

L'accordo

Uno dei punti cruciali dell'accordo è il finanziamento e la realizzazione di nuovi sistemi satellitari, con il fine di controllare le aree in cui avvengono attività di deforestazione illegale. Il Brasile infatti dal 2001, insieme a un progetto cofinanziato con la Cina, ha iniziato a monitorare con i satelliti CBERS il suo immenso territorio, raccogliendo immagini per:

  • controllare la deforestazione e gli incendi nell'Amazzonia
  • Monitorare le risorse idriche e le aree agricole
  • Monitorare i cambiamenti del suolo
  • Raccogliere immagini sulla crescita urbana e sull'occupazione del territorio

Inoltre, le aziende brasiliane vorrebbero vendere crediti di carbonio al gigante asiatico, responsabile della maggior parte delle emissioni del pianeta. Intanto la Cina ha annunciato di voler aumentare la propria produzione di energia a carbone, nonostante gli impegni presi durante i vari vertici delle Nazioni Unite.

Le amministrazioni locali cinesi avrebbero approvato, soltanto nei primi tre mesi del 2023, più estrazione di carbone di tutto il 2021. Questo è quanto emerge dai documenti ufficiali, che l'Ong Greenpeace è riuscita a visionare: 20,45 gigawatt di potenza a carbone, rispetto agli 8,63GW dello stesso periodo (tra gennaio e marzo) del 2022. Complessivamente nel 2021 sono stati approvati 18GW di carbone. Nonostante le dichiarazioni di Xi Jinping nel 2020, che aveva promesso di invertire la rotta, il Paese dipende dal carbone per oltre la metà del suo consumo energetico e, dopo la guerra in Ucraina, il leader ha affermato che il carbone rimarrà un pilastro del mix energetico cinese.