La lotta di Chiara contro la regione Piemonte: “Alle famiglie dico di pretendere di vivere in luoghi sani”

Chiara è una mamma torinese che ha dovuto trasferirsi fuori dalla città per via delle condizioni di salute del figlio, causate dalla bassa qualità dell’aria. Ecco cosa è successo.
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Francesco Castagna 6 Dicembre 2022

Per chi non è piemontese è difficile immaginare che la città più inquinata del nord Italia non è Milano, ma Torino. La famosa nebbia meneghina, infatti, non è nulla in confronto alla nube che si vede a occhio nudo, se si guarda a Torino da un'altura poco distante.

La qualità dell'aria rappresenta un duplice indice: da una parte ci dice quanto l'aria è libera dall'inquinamento atmosferico, dall'altra ci avverte sui possibili rischi, se è innocua per la nostra salute quando la respiriamo.

Se non lo sapevi, la prima legge sull'inquinamento atmosferico si chiama "Legge Antismog", e risale al 1966. A misurare in Italia la qualità dell'aria che respiriamo ci sono istituti come ISPRA e ARPA, con delle colonnine che monitorano i livelli di polveri sottili e altri agenti inquinanti/nocivi (PM 2,5 e PM10).

Questa legge è stata per anni oggetto di numerose critiche, a causa delle sanzioni previste e della frammentazione delle competenze. Il testo si proponeva di intervenire sulle maggiori fonti di inquinamento dell'aria: industria, impianti termici, veicoli a motore.

Hai mai visto questa mappa? È dell'ultimo report "Lo stato della qualità dell'aria in Europa nel 2022" dell'EEA (Agenzia europea per l'ambiente), e ci mostra la concentrazione di PM10 nel 2020 e nel 2021 in relazione ai valori limite stabiliti dall'Unione Europea.

Devi sapere che nell'Unione Europea si registra che il 96% della popolazione urbana è stata esposta a livelli di particolato fine superiori ai criteri fissati dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. Per i Paesi membri assicurare entro il 2030 la salute e il benessere per tutti e per tutte le età è uno dei 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile dell'Agenda 2030.

E per raggiungere l'obiettivo n.3, di cui stiamo parlando, bisogna partire anche dall'aria. Ma come? Attraverso delle politiche in grado di intervenire su una serie di situazioni, come sulla riduzione di combustibili fossili per la produzione di energia, la promozione del trasporto pubblico, il miglioramento dell'uso dell'energia negli edifici etc.

Ma se in questi anni siamo rimasti chiusi per la maggior parte del tempo, causa pandemia da Covid19, come è possibile che la Pianura Padana (proprio quella macchia arancione e a tratti rossa che trovi al nord Italia) sia comunque la regione più inquinata d'Europa?

Le motivazioni sono tante, c'entra sicuramente la posizione geografica, ma non è il solo fattore. Sicuramente la situazione non è da sottovalutare, anche perché l'Agenzia europea per l'ambiente nello stesso studio, mentre inquadrava la situazione generale, ha fatto un riferimento specifico all'Italia.

"L'Europa centro-orientale e l'Italia hanno registrato le più alte concentrazioni di particolato e di benzo[a]pirene (un agente cancerogeno), dovute principalmente alla combustione di combustibili solidi per il riscaldamento domestico e al loro utilizzo nell'industria", affermano gli autori del report.

Da quel che si apprende dallo studio, i livelli di ozono sono diminuiti rispetto agli anni precedenti, ma rimangono comunque alti nell'Europa centrale e in alcune zone del Mediterraneo. Nonostante in Italia molte regioni siano dotate di piani di programmazione, coordinamento e controllo in materia di inquinamento atmosferico, esistono realtà in cui la qualità dell'aria rimane abbondantemente sotto la media europea. è il caso della Piemonte e, nello specifico, di Torino. Ne abbiamo parlato con tre persone direttamente coinvolte nella lotta contro l'inquinamento atmosferico.

La storia di Chiara

A pagare gli effetti delle sostanze inquinanti, come abbiamo visto in più occasioni, sono sempre le persone. A Torino una famiglia sta combattendo contro i problemi respiratori del figlio, ammalatosi a causa delle sostanze inquinanti presenti nell'aria. Abbiamo chiesto a Chiara, la mamma del bambino, di raccontarci cosa fosse successo e soprattutto per quale motivo. Ci risponde una donna molto consapevole della battaglia che sta portando avanti. Chiara infatti ha deciso di esporre denuncia nei confronti della regione Piemonte, perché secondo lei non avrebbe fatto rispettare il Piano sulla qualità dell'aria. Nessuna figura istituzionale si è ancora interessato alla sua situazione. Noi di Ohga abbiamo anche provato a far intervenire l'assessore all'Ambiente, Chiara Foglietta, del comune di Torino, che però ha preferito non esporsi.

"Da una parte non mi aspettavo che le cose andassero diversamente, anche perché io ho fatto richiesta di mantenere l'anonimato per tutelare mio figlio", spiega Chiara. In ogni caso, a conferma di quanto abbiamo scritto, non si sono rivolti ai suoi avvocati. Chiara ci racconta che, a suo parere, le misure prese per migliorare l'aria del comune di Torino sono insufficienti. C'è un blocco alle auto periodico per le più inquinanti, e poi Torino è dotata di un'area ZTL. Pur essendo una città molto trafficata Torino ha una sola linea metropolitana, che collega il centro alla periferia.

"Per i bambini l'impressione è che non ci sia una grande sensibilità verso le questioni ambientali. Quando portavo mio figlio ai parchi giochi, tutti questi spazi sono costruiti lungo delle strade ad alto traffico", racconta Chiara. Anche per gli asili non c'è ancora il divieto -se non sperimentale- di accompagnare i bambini davanti all'asilo nido. Inoltre, più di una persona per accompagnare il proprio figlio a scuola lascia la macchina accesa, lasciando che il gas inquini le zone frequentate dai bambini.

Questa era ed è la Torino per cui il figlio di Chiara attualmente soffre di difficoltà respiratorie. Una città in cui i pediatri le dicevano di tutelare la salute del bambino,specialmente nei primi mille giorni di vita, durante i quali il figlio non dovrebbe essere esposto alle polveri sottili. "Quando gli chiedevo come fare, dato che viviamo a Torino, il che rende questo scenario inevitabile, alzavano le braccia", ammette.

Allora Chiara decide di trasferirsi, per spostarsi fuori da Torino e cercare di salvare il salvabile. "È chiaro che il problema resta, io ho potuto spostarmi, ma non tutti hanno la possibilità di trasferirsi", dice Chiara spiegando per l'appunto che il senso della sua azione legale è per lottare contro una situazione che colpisce tutti. Adesso il figlio di Chiara sta meglio, ma ha dovuto seguire delle cure molto frequenti di antibiotici, aerosol con cortisone e bronco-dilatatori, assieme a una fisioterapia respiratoria. "Adesso riusciamo nonostante le difficoltà a mandarlo a scuola, si ammala molto più frequentemente degli altri bambini, ma di sicuro è un passo avanti", dice Chiara.

E alle altre famiglie, che cosa si sente di dire? Chiediamo noi. "Di pretendere dei cambiamenti, di non arrendersi al fatto che l'esposizione all'inquinamento sia una cosa inevitabile. C'è bisogno di manifestazioni per il clima, di comitati di quartiere. In caso di mio figlio, l'esposizione cronica dava problemi immediati, ma per altri potrebbe accadere quando saranno adulti. Non te ne rendi conto subito", risponde Chiara.

La difesa dell'avvocato Giuseppe Civale

Quella di Chiara è la prima causa in cui una cittadina porta in tribunale un ente pubblico per mancato rispetto di una normativa del genere. A seguirla è l'avvocato Giuseppe Civale, che collabora con l'associazione Torino Respira.

L'avvocato ci spiega che in questo caso l'ente non ha rispettato gli impegni che ha in materia di tutela della salute e della qualità dell'aria. Se non lo sapevi infatti, la regione è competente per l'adozione di piani di qualità dell'aria e delle misure necessarie ad agire sulle sorgenti emissive. L'azione legale servirebbe quindi per far valere questa responsabilità della regione.

"A Torino stiamo seguendo due percorsi distinti: il primo è un procedimento penale occasionato da un esposto presentato dal Presidente di Torino Respira, Roberto Mezzalama, il secondo non prevede una responsabilità delle persone fisiche, ma dell'ente chiamato ad adottare misure", spiega Civale.