La Nuova Zelanda è il primo Paese a vietare l’esportazione di animali vivi

Ogni anno miliardi di animali vivi vengono trasportati da un Paese all’altro per essere macellati nel luogo di esportazione. Spesso però molti di loro muoiono in viaggio per le condizioni drammatiche a cui sono costretti. Il dibattito sul tema non riguarda solo la Nuova Zelanda: anche in Brasile un tribunale federale ha emesso una sentenza che sembra andare in una direzione simile, mentre in Unione europea il Parlamento ha avviato nel 2020 un’inchiesta per indagare sul rispetto dei diritti degli animali trasportati.
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Maria Teresa Gasbarrone 4 Maggio 2023

A settembre 2020 in un terribile incidente in mare una nave con oltre seimila bovini vivi partita dalla Nuova Zelanda e diretta verso la Cina è affondata. Nessun animale è sopravvissuto. A distanza di tre anni la Nuova Zelanda diventa il primo Paese al mondo a vietare l'esportazione di animali vivi.

L'episodio del 2020 ha contributo al dibattito già esistente sulle condizioni drammatiche a cui sono costrette le migliaia di animali trasportati vivi: veri e propri viaggi della morte, lunghi giorni e, a volte, perfino settimane. Viaggi a cui gli animali sono sottoposti prima di essere macellati e che troppo spesso si trasformano in una lunga agonia, a cui spesso è associato un elevato tasso di mortalità.

Il dibattito non riguarda solo la Nuova Zelanda. Sempre nelle ultime ore anche il Brasile sta compiendo passi importanti verso la messa al bando di questa pratica. Nel Paese, tra i leader delle esportazioni di carne bovina, un tribunale federale ha emanato una sentenza per vietare definitivamente il trasporto di animali vivi verso l'estero.

La decisione storica della Nuova Zelanda

Dal 30 aprile 2023 in Nuova Zelanda l'esportazione di animali vivi è vietata. La decisione è stata ufficializzata ad ottobre 2022 sulla scia del dibattito acuitosi dopo l'incidente del 2020, dove a causa di un tifone la nave bestiame Gulf Livestock 1 è affondata causando la morte di 41 membri dell'equipaggio e seimila bovini.

Già nel 2021 il governo aveva annunciato che le spedizioni di animali in mare aperto, in gran parte destinate alla creazione di allevamenti in partner commerciali come la Cina, sarebbero state interrotte, ma agli allevatori sarebbero stati concessi due anni per abbandonare l'attività di esportazione. I due anni sono scaduti e il 21 aprile 2023 sono partite le ultime navi destinate al trasporto di bestiame.

Le morti di animali a causa di questa pratica non sono infatti un'eccezione e non riguardano solo la Nuova Zelanda. Lo denunciano da tempo le associazioni a difesa dei diritti degli animali: solo nel 2022 – riporta l'associazione no-profit Ali (Animal Law Italia)più di 15.000 pecore sono annegate dopo l’affondamento di una nave in Sudan e, nel 2020, un capovolgimento di un mezzo ha ucciso 14.000 ovini. Si tratta solo di alcuni esempi a fronte di centinaia, se non migliaia, di animali morti per stress, sete e stenti, nel silenzio e nel disinteresse dell'uomo.

Verso il divieto anche in Brasile

In Brasile la decisione di sospendere l'esportazione di bestiame vivo è arrivata invece dal 25° tribunale civile federale di San Paolo: il 28 aprile il magistrato Djalma Moreira Gomes ha firmato la storica sentenza con cui è stata accolta la richiesta avanzata dall'Ong Fórum Nacional de Proteção Animal (Forum Nazionale per la Protezione degli Animali).

Il giudice – riportano media locali – ha anche ordinato lo scarico di 27mila manzi, che si trovavano nel porto di Santos, a San Paolo, pronti per essere esportati in Turchia, rimettendo nelle mani del ministro dell'Agricoltura la stesura di un piano ad hoc.

Con la sua decisione il giudice ha sospeso le spedizioni "fino a quando il Paese di destinazione non si impegnerà, attraverso un accordo inter partes, ad adottare pratiche di macellazione compatibili con quelle raccomandate dall'ordinamento giuridico brasiliano".

La situazione in Europa

Anche in Europa le condizioni degli animali trasportati da Paese a Paese dell'Ue o al di fuori dei confini europei rappresenta un tema. Il trasporto di bestiame vivo è infatti ammesso anche per lunghe tratte.

Nel corso della loro vita, le centinaia di milioni di animali allevati in Ue "possono essere trasferitispiega la Corte dei conti europea – da una azienda all’altra per allevamento o ingrasso, oppure condotti agli impianti di macellazione per essere macellati. Anche se nella maggior parte dei casi rimangono nello stesso Stato, potrebbero anche viaggiare verso un altro Stato membro o verso un altro Stato non Ue (il 13,5% nel periodo 2017-2021). Le distanze percorse e la durata dei tragitti possono variare in maniera considerevole".

Sebbene le prime norme introdotte in ambito comunitario per tutelare gli animali durante questi viaggi risalgano a più di 40 anni fa, sono molti i dubbi sull'effettivo rispetto della normativa attualmente vigente, il regolamento Trasporti del 2005. Tanto che nel giugno 2020 il Parlamento europeo ha istituito una commissione d'inchiesta sulla protezione degli animali durante il trasporto (Anit).

Nel gennaio 2022 il Parlamento Ue ha adottato una raccomandazione finale per incentivare gli Stati membri a intensificare gli sforzi con l'obiettivo di assicurare il rispetto degli animali durante il trasporto, nonché per aggiornare la normativa dell'Ue in materia. Resta il fatto che la politica di sanzioni è stabilita dal singolo Stato e le differenze sono tutt'altro che trascurabili: questo – ribadisce la Corte dei conti europea – "potrebbe indurre le imprese a optare per un tragitto più lungo per evitare gli Stati membri con norme locali più rigorose o un’applicazione più rigida del regolamento sul trasporto degli animali".

Bisognerà aspettare ancora per vedere se la scia di cambiamento partita dalla Nuova Zelanda arriverà anche in Europa.