La Russia porta la guerra a Chernobyl, Zeppa (Isin): “In caso di danni al sarcofago c’è un rischio radiologico ma nulla di paragonabile al 1986”

Cosa succederebbe se l’invasione armata dell’ucraina da parte della Russia danneggiasse le strutture di contenimento del reattore IV? Quali potrebbero essere i rischi umani e ambientali se, come ha scritto il presidente ucraino Zelenskiy, la tragedia di Chernobyl si ripetesse? Ne abbiamo parlato con Paolo Zeppa, Ingegnere dell’Ispettorato Nazionale per la Sicurezza Nucleare e la Radioprotezione.
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Kevin Ben Alì Zinati 25 Febbraio 2022
In collaborazione con Paolo Zeppa Ingegnere responsabile del’Area centrali nucleari, salvaguardia e protezione fisica dell’ISIN

La Russia si è presa anche Chernobyl. Durante l’invasione dell’Ucraina, le forze armate di Mosca hanno preso il controllo del sito dove il 26 aprile del 1986 si consumò il più grave e drammatico incidente nucleare della storia dell’uomo.

L’ha confermato nelle ultime ore Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelenskiy, sottolineando però che nonostante gli scontri armati, gli impianti di stoccaggio delle scorie per il momento sarebbero fortunatamente intatti, anche se comunque a rischio distruzione.

La Russia, che avrebbe preso in ostaggio il personale della centrale, non ha solo portato carri armati, fucili e proiettili nella famosa “zona di esclusione”, un’area di 30 chilometri oggi ancora inavvicinabile a causa dell’altissimo livello di radiazioni: con l’invasione del territorio ucraino, Mosca ha portato la guerra vicinissima al sarcofago di Chernobyl, la gigantesca struttura di acciaio e cemento che oggi ricoprire il Reattore IV e confina combustibile nucleare ancora altamente radioattivo.

La domanda, anzi la paura, avrà assalito anche te: cosa succederebbe se il conflitto danneggiasse queste strutture? E quali potrebbero essere i rischi umani e ambientali se, come ha scritto il presidente Zelenskiy, la tragedia di Chernobyl si ripetesse?

Come tutte le strutture progettate in campo nucleare, anche il sarcofago risponde a una serie di requisiti di sicurezza per resistere sia a eventi di carattere naturale sia ad azioni esterne dolose e come altre strutture simili ha una capacità di resistenza molto elevate.

"In linea di principio queste strutture sono progettate per resistere a una certa tipologia di eventi fenomeni esterni, penso alle trombe d'aria, ma di certo non sono pensate per far fronte all’utilizzo di armamento pesante – ha spiegato Paolo Zeppa, ingegnere responsabile dell’Area centrali nucleari, salvaguardia e protezione fisica dell’ISIN, l’Ispettorato Nazionale per la Sicurezza Nucleare e la Radioprotezione – In caso di danni quello che potrebbe verificarsi è un incidente radiologico, certo però non paragonabile a quanto accaduto nel 1986.

Sotto al “sarcofago” di Chernobyl è ancora contenuto il combustibile nucleare rimasto dopo l’esplosione e la fusione del Reattore IV della centrale e un’azione militare a carico di queste strutture "potrebbe comunque provocare il rilascio di importanti quantità di radioattività all’esterno".

C’è (fortunatamente) un grosso però. “La termodinamica presente all’interno della struttura non è per nulla equiparabile a quella di un reattore in funzione e quindi anche l'inventario radiologico che potenzialmente è ancora presente è sì importante ma non equivale a quello originale”.

Nonostante la situazione sia critica e drammatica, secondo Zeppa quindi il rischio di un’altra Chernobyl sarebbe lontano: “Quello che potrebbe accadere a seguito di uno scontro armato che vedesse le strutture della centrale coinvolte nello scambio di colpi di arma pesante non è paragonabile al disastro di 36 anni fa, quando ci fu un’esplosione interna al reattore che portò il materiale nucleare nell’ambiente esterno con la dispersione di moltissima radioattività”. 

I timori del mondo si erano levati anche perché nella mattinata di venerdì 25 febbraio l’Agenzia Nucleare Ucraina aveva annunciato che nella zona di Chernobyl era stato registrato un aumento dei livelli di radiazioni dovute probabilmente alla movimentazione delle forze russe.

“Il primo strato del terreno della zona d’esclusione è ancora affetto da una contaminazione radioattiva molto alta causata dal radionuclide Cesio 137, che emette radiazioni gamma. Secondo l’autorità ucraina, questo aumento della radioattività sarebbe dovuto al passaggio di mezzi pesanti russi sul territorio, quindi alla messa in sospensione nel terreno di polveri contaminate che vengono lette dalle strutture di rilevamento automatiche della zona” ha rassicurato Zeppa.

Che ha poi ricordato come all’aumento della radioattività potrebbe contribuire poi la presenza di molte trincee scavate e riempite con materiali contaminati raccolti durante le prime operazioni di bonifica.

Il fiato resta comunque sospeso.

È inevitabile quando la guerra incombe: specialmente se a due passi riposa Chernobyl.