La Sicilia come Hawaii e Canarie: sulle Madonie il telescopio FlyEye

La vicenda del telescopio “FlyEye” si conclude con il Decreto Omnibus, che sancisce la strategicità dell’opera. Vita, morte e miracoli di una storia siciliana.
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Andrea Di Piazza Geologo specializzato in Green Management
23 Settembre 2023 * ultima modifica il 27/09/2023

Dopo varie vicissitudini, sarà realizzato il telescopio della rete “FlyEye” sul tetto delle Madonie. Con l’art. 9 del Decreto Omnibus, il Governo Meloni ha infatti assegnato denominazione di strategicità ai progetti di osservatori astronomici sul territorio italiano. La norma è indirizzata essenzialmente al progetto di installazione del telescopio siciliano che ci difenderà dagli asteroidi e dai detriti spaziali e che sarà gestito in tandem da Agenzia Spaziale Europea (European Space Agency, ESA) e Agenzia Spaziale Italiana (ASI).

L’iter di realizzazione, che ormai si prolunga da quasi un decennio, ha visto numerosi intoppi legati a critiche e perplessità di amministratori locali e associazioni sulla localizzazione dell’opera in pieno Parco delle Madonie. Su tutti questi dubbi (alcuni veramente strumentali) mette una pietra tombale il Legislatore: l’opera potrà essere realizzata in deroga ai vincoli ambientali proprio per la sua grande importanza.

 

Il polo spaziale delle Madonie

L’idea di creare un “polo spaziale” sulle Madonie risale al 2009 quando l’allora Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianfranco Miccihè ha finanziato con 7 milioni e mezzo di euro la realizzazione del centro Gal Hassin a Isnello, polo astrofisico di eccellenza con valenza internazionale dedicato alla ricerca, divulgazione e didattica scientifica, inaugurato l’11 settembre del 2016.

Nello stesso anno l’ESA ha assegnato a un consorzio europeo guidato da un’azienda italiana, OHB Italia, un contratto per lo sviluppo di una tecnologia innovativa applicata alla telescopia: il FlyEye. Pochi anni dopo, nel 2018, ha preso corpo il progetto di installazione della rete di nuovi telescopi FlyEye, tramite un accordo tra ESA e Agenzia spaziale italiana (ASI), che individuavano nella vetta del Monte Mufara, in Sicilia, il punto preferenziale per l’installazione di questa tecnologia innovativa nel nostro Paese.

Il parco astronomico e centro divulgativo Gal Hassin a Isnello in Sicilia (Ph. Gal Hassin)

Il progetto della rete “FlyEye”

Il “FlyEye”, che tradotto in italiano significa proprio “occhio di mosca”, è una tecnologia applicata all’ottica dei telescopi che consente di ampliare enormemente il loro campo visivo attraverso l’impiego di una base di 16 camere astronomiche, i famosi occhi della mosca appunto, con una copertura pari a circa 45 gradi quadrati. Il telescopio sarà alto 6,5 metri, largo 4 metri e scruterà il cielo notturno per scovare i cosiddetti “Near Earth Objects (NEO)”, ovvero quegli oggetti del Sistema Solare la cui orbita può pericolosamente intersecare quella terrestre. Gli strumenti hanno un'elevata dinamica con velocità di riposizionamento di soli +/- 5 secondi e mostrano una precisione di puntamento di 10 arcsec.

Nello specifico i FlyEye consentono la classificazione di detriti spaziali da 15 cm di diametro nella bassa orbita terrestre (Low Earth Orbit, LEO – fino a 2.000 km di altitudine) e da 35 cm nella media orbita terrestre (Medium Earth Orbit, MEO – da 10.000 a 20.000 km di altitudine). Guardando più lontano, e dunque nello spazio, i telescopi saranno in grado di intercettare qualsiasi NEO di diametro superiore ai 40 metri.

Il FlyEye italiano sarà il primo di una rete di telescopi, in totale quattro, che verranno realizzati in altre parti del globo. Gli strumenti applicati permetteranno di calcolare le traiettorie dei NEOs individuando potenziali pericoli per le infrastrutture orbitali e per gestire le eventuali manovre anticollisione. L’ESA, inoltre, stima che la rete dei FlyEye sia in grado di individuare e tracciare la traiettoria di qualsiasi oggetto spaziale di diametro considerevole con almeno 3 settimane di anticipo rispetto al momento dell’impatto sulla Terra. Il monitoraggio dello spazio e la relativa protezione del nostro Pianeta sono del resto componenti fondamentali del Programma Spaziale Europeo. In quest’ottica le Madonie diventano sito di importanza planetaria per l’osservazione del cosmo.

 

Un render di dettaglio del telescopio FlyEye (ph. ESA)

Perché le Madonie?

Luogo designato per l’installazione del primo FlyEye al Mondo è l’anticima di Monte Mufara, un rilievo calcareo situato nel cuore del Parco delle Madonie, che raggiunge i 1865 metri di quota. Il sito è stato selezionato per due fattori principali.

In questa zona l’inquinamento luminoso è praticamente nullo; consultando i dati disponibili, il valore di brillanza artificiale nei pressi della cima della Mufara è praticamente zero. L’unico disturbo è determinato dalle luci stradali del sottostante Piano Battaglia, frazione sciistica e località di villeggiatura, che portano il valore di brillanza a 3,2. È evidente che si dovrà intervenire per realizzare un’illuminazione stradale con proiettori direzionati al suolo, come negli aeroporti, o con sensori di movimento, visto tra l’altro il bassissimo traffico veicolare. Dalla cima della Mufara, inoltre, grazie all’assenza di ulteriori ostacoli naturali, è possibile ammirare un’enorme porzione della volta celeste.

In aggiunta il sito, pur ricadendo all’interno dell’area protetta del Parco delle Madonie, è già pesantemente antropizzato per via della presenza di impianti sciistici e piste da discesa. Proprio la presenza di queste infrastrutture, tra l’altro, faciliterà enormemente il trasporto dei materiali per la realizzazione dell’opera nonché il raggiungimento dell’infrastruttura una volta ultimata. La cima della Mufara è già sede del telescopio automatico Wide Field del Gal Hassin di Isnello.

Cielo limpido e facilità di accesso, eppure non tutti sono d’accordo.

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Contestazioni, ritardi e il rischio trasferimento

L’installazione del telescopio sul Monte Mufara è stata contestata da gruppi ambientalisti per il  presunto impatto ecologico e paesaggistico: la struttura sorgerà sul limitare della zona di massima protezione del Parco e in un’area a divieto di inedificabilità assoluta. Alcune perplessità sono state avanzate anche dalle istituzioni locali. Sono noti alle cronache, per esempio, i dubbi avanzati dal sindaco di Petralia Sottana, Pietro Polito, che in un documento di sintesi del 2022, indirizzato all’allora Presidente del Parco delle Madonie, all’ESA, all’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente ed all’Agenzia di Sviluppo locale delle Madonie (Sosvima) sottolineava criticità relative alla localizzazione dell’area di deposito e smistamento dei materiali di costruzione, all’impatto visivo della nuova struttura e alle eventuali ricadute sul turismo, secondo gli amministratori locali, ça va sans dire, negative. Di fatto, comunque, tutti gli Enti locali interessati hanno espresso parere favorevole alla realizzazione del FlyEye.

Il mondo associazionistico invece non ci sta. Alle “marce per l’ambiente” sono seguite alcune proposte assurde, tipo quella che prevede lo spostamento dell’opera sulla cima di Monte San Salvatore, uno dei più alti rilievi del Parco. Una vecchia concezione, quella di allontanare dalla vista ciò che non ci piace, diremmo quasi "miasmatica". Un controsenso, tra l'altro, considerato che quella zona è a bassissima antropizzazione, nonché molto in prossimità del sito di vegetazione degli ultimi Abies nebrodensis esistenti al mondo. Altre associazioni hanno lamentato l’impatto visivo dell’opera appoggiando poi però, per esempio, il rifacimento di una regia trazzera, prima in terra battuta e oggi in quarzarenite, che taglia in due la dolina –calcarea!– di Piano Battaglia. Un’opera non certo invisibile che, se utile e necessaria per il tratto a servizio delle attività commerciali sul pianoro, è inconcepibile nel tratto lontano dai manufatti, se non a giustificare la visione “autocentrica” di una generazione che è completamente in disarmonia con le necessità del mondo in cui viviamo.

Ignoti hanno poi imbrattato i cartelli del Parco con una minacciosa scritta spray “no FlyEye zone”, e anche la Regione ha fatto la sua parte, magari indirettamente, ritardando la realizzazione dell’opera nell’attesa di una norma di legge che prevedesse uno specifico capitolo di bilancio per portare avanti progetti e insediamenti scientifici di interesse nazionale ed internazionale. Uno stallo totale che ha fatto saltare i nervi all’ESA, tanto da minacciare il trasferimento dell’opera alle Canarie nel marzo del 2023. A seguito di questo incidente, l’iter ha subìto una nuova accelerazione, grazie anche all’intervento delle istituzioni locali, in primis il Comune di Isnello e Sosvima, che hanno richiesto al Governo Nazionale un intervento chiarificatore, anche per evitare eventuali ricorsi al Tar. A questo è seguito il decreto legge che ha messo la parola “inizio”, anziché “fine”, alla tanto attesa opera.

Conseguenze su natura e turismo?

I dubbi sull’impatto ambientale ed economico di un’infrastruttura del genere sono leciti, visto che il telescopio sarà realizzato in un Parco Regionale che fa parte della rete mondiale dei Geopark Unesco e della Rete Natura 2000, con la contestuale presenza di Siti di Interesse Comunitario e Zone di Protezione Speciale. A fugare ogni dubbio in tal senso dovrebbe essere –stata– la Valutazione di Incidenza Ambientale sottoscritta il 28 aprile del 2022 da illustri esperti del calibro del Prof. Rosario Schicchi, Professore Ordinario di Botanica sistematica all’Università degli Studi di Palermo (e madonita). Secondo la relazione “la realizzazione dell’Osservatorio astronomico è compatibile con il sistema territoriale di riferimento. Infatti la costruzione dell’Osservatorio astronomico non determinerà incidenza significativa, ovvero non pregiudicherà il mantenimento dell'integrità dei siti Natura 2000 tenuto conto degli obiettivi di conservazione degli stessi”. Il documento contiene inoltre tutta una serie di interventi suggeriti per mitigare le incidenze su fauna e flora, nonché per limitare l’erosione del suolo, con opere che valorizzino la pietra locale (calcari, non quarzareniti…) e che dovrebbero scongiurare gli effetti di una possibile perturbazione dei sistemi di deflusso superficiale delle acque.

Parafrasando poi i timori del Primo Cittadino di Petralia Sottana: un osservatorio astronomico può veramente compromettere il turismo? La risposta è abbastanza semplice: assolutamente no, anzi, è l'esatto contrario. Sono decine gli studi pubblicati sul cosiddetto “turismo delle stelle” (stargazing tourism) e sull’indotto creato. La realizzazione di opere del genere, sull’esempio di Las Palmas, Hawaii o Cile, può innescare un volume economico considerevole (milioni di euro), grazie alla realizzazione di opere accessorie come siti di osservazione preferenziale, parchi astronomici, musei e centri di divulgazione scientifica diffusi (sfruttando per esempio le abitazioni sfitte da decenni), percorsi per l’osservazione delle stelle (a piedi o a cavallo). Secondo un recente studio pubblicato sulla rivista scientifica Land, del resto, la disponibilità media dei turisti a pagare per attività legate all’osservazione astronomica è molto più alta rispetto ad altri tipi di attività (es. culturale, storica). L’indotto è milionario. E non è tutto. Questo tipo di attività attira flussi turistici destagionalizzati e di qualità, l’astroturismo infatti è considerata una forma di turismo sostenibile e rispettosa dell’ambiente. Addirittura Astronomitaly ha ideato la certificazione de “I cieli più belli d’Italia”, che identifica i luoghi più belli dove osservare le stelle nel nostro Paese. Speriamo che Piano Battaglia e la Mufara, presto, possano vincere questo premio.

Dopo una laurea in Geologia ed un dottorato di ricerca presso l'Università degli Studi Roma Tre, ha lavorato come ricercatore presso altro…