La storia di Valentina e dell’ipercolesterolemia familiare: una malattia che rischiamo di sottovalutare

Il nome suggerisce livelli alti di colesterolo nel sangue, ma non è una situazione che si può correggere con l’alimentazione. Alcune forme di questa patologia, se non trattate, possono provocare problemi cardiovascolari anche gravi prima dei 20 anni. La storia di Valentina, però, è l’esempio di come le cure permettano di vivere una vita normale.
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Giulia Dallagiovanna 19 Luglio 2021
* ultima modifica il 19/07/2021
Intervista al Dott. Fabio Pellegatta Responsabile dell'ambulatorio delle Dislipidemie genetiche del Centro Arteriosclerosi all'interno dell'Ospedale Bassini di Cinisello Balsamo (Milano)

Non si tratta semplicemente di un valore un po' alterato negli ultimi esami del sangue. L'ipercolesterolemia familiare omozigote, se non trattata, può causare gravi problemi cardiovascolari già prima dei 20 anni. Eppure, quando viene diagnosticata in tempo, le terapie disponibili oggi consentono di avere una vita praticamente normale. Non troppo diversa da quella di una persona sana. Anche perché la ricerca ha compiuto enormi passi avanti, come ci tiene a ricordare Valentina di Monte, che ha 30 anni e ha conosciuto i primi sintomi della malattia già all'età di 11 mesi.

"Entrambi i miei genitori erano affetti dalla forma eterozigote, ma ai miei due fratelli maggiori non l'hanno trasmessa, quindi si sentivano piuttosto tranquilli per me – ci racconta. – Poi, però, sono comparsi gli xantomi, che dall'esterno appaiono come escrescenze di colore giallo sulla pelle. Io li avevo a livello del tendine di Achille, dei gomiti e dietro la schiena. Così, mi hanno portato da diversi specialisti e alla fine ho ricevuto la diagnosi definitiva. Ed è iniziato tutto l'iter delle cure".

Cos'è l'ipercolesterolemia familiare

Il termine ipercolesterolemia si riferisce naturalmente a un eccesso di colesterolo LDL (il cosiddetto "cattivo") nel sangue. Questa situazione, però, non dipende da un'alimentazione scorretta. Anzi, non ha proprio nulla a che fare con quello che mangi, ma deriva da una mutazione genetica che ti hanno trasmesso i tuoi genitori. "Le alterazioni riguardano le proteine coinvolte nel processo di assimilazione e distruzione delle particelle di grasso da parte dell'organismo", ci spiega il dottor Fabio Pellegatta, responsabile dell'ambulatorio delle Dislipidemie genetiche del Centro Arteriosclerosi all'interno dell'Ospedale Bassini di Cinisello Balsamo (Milano). "La mutazione più frequente riguarda il recettore dell'LDL nell’80% dei casi e, meno frequentemente la proteina contenuta nelle LDL: l'ApolipoproteinaB. Nel 2003 poi è stato scoperto che una alterazione presente nella proteina PCSK9, che regola il recettore dell'LDL, può causare ipercolesterolemia".

Valentina ha menzionato la differenza tra la forma eterozigote, dove una sola copia del gene è mutata, e quella omozigote, dove entrambe le copie lo sono. La prima è più frequente di quanto tu possa immaginare: interessa più o meno una persona ogni 250-300 individui, con diversi livelli di gravità. "In questi pazienti il livello di colesterolo totale può variare tra i 250 e i 500 milligrammi per decilitro di sangue", specifica il dottore.

La seconda invece ha una prevalenza più bassa, tanto da essere considerata una malattia rara. "La concentrazione di colesterolo in questo caso supera i 500 milligrammi e può arrivare fino ai mille", prosegue Pellegatta.

Roma-Milano ogni 15 giorni

Valentina inizia a realizzare di avere una malattia cronica più o meno attorno ai 5 anni, quando capisce che quei continui viaggi in treno non erano una semplice gita fuori porta. Da Milano a Roma ogni 15 giorni solo per ricevere la terapia e poi di nuovo a casa. Nella Capitale, infatti, si trovava l'unica struttura che trattava i pazienti in età pediatrica.

Nel mezzo, la plasmaferesi. Un accesso venoso piuttosto grosso che viene impiantato in un braccio e poi collegato, attraverso una serie di tubi, a una macchina che si occupa di ripulire il sangue. "È la terapia classica per la forma omozigote e consente in una sola seduta di rimuovere il 75% delle particelle di colesterolo presenti", spiega il dottor Pellegatta.

La terapia classica per la forma omozigote è la plasmaferesi, a cui Valentina deve sottoporsi fin da piccolissima

Ma su una bambina di pochi anni parlare di accesso venoso di grandi dimensioni non è così semplice. "Le mie vene erano piccole e a volte era impossibile iniziare la terapia. Rimanevamo a Roma una notte e il giorno dopo si provava di nuovo – ricorda Valentina. – Inoltre, durante gli 11 anni che sono rimasta in cura in quella struttura ho dovuto ripetere più volte delle coronarografie, procedure invasive e dolorose, anche se per fortuna non ho mai accusato problemi alle coronarie, perché la patologia mi era stata diagnosticata in tempo".

L'infanzia con l'ipercolesterolemia

Da piccola, l'idea di un viaggio in treno le sembra anche divertente. In fondo, l'unico aspetto che la differenzia dai compagni della scuola materna è che non può mangiare in mensa assieme a loro. Ma a mano a mano che cresce e si rende conto della situazione, per Valentina inizia anche la presa di coscienza di alcune diversità.

"I tuoi amici ti chiedono come mai fa un'assenza ogni due settimane. E poi finisci per saltare le gite scolastiche o le foto di classe. Quando sei bambina non è una situazione facile da accettare, con i tuoi compagni che ti additano come quella malata. Superata l'adolescenza, inizi a conviverci con più serenità".

I nuovi farmaci

A 16 anni Valentina riesce a farsi prendere in carico a Milano per le cure, decisamente più comodo per lei che abita vicino a Monza. Ma una novità ancora più importante è l'arrivo del farmaco lomitapide, che si assume per via orale e che nel suo caso le consente di abbandonare la plasmaferesi dopo 18 anni di trattamento. "Ho risposto molto bene a questa nuova terapia  – conferma. – Sono partita con un dosaggio molto basso e ora viene piano piano aumentato per arrivare a quello ottimale. Per me è stata una svolta". 

A seguirla è proprio il dottor Pellegatta. "Questo farmaco impedisce a fegato e intestino di produrre troppe particelle di grasso, anche attraverso un controllo dell'alimentazione. L'ipercolesterolemia è stata completamente corretta e ora stiamo mirando al raggiungimento degli obiettivi terapeutici attraverso una rotazione di farmaci, per ottenere la massima efficacia con il minor numero di medicinali. La vita dei pazienti cambia completamente. Proviamo a immaginare una persona che si deve sottoporre a plasmaferesi ogni 15 giorni, è come dover ricorrere a dialisi per tutta la vita. Ora invece sono sufficienti due compresse".

A cosa deve prestare attenzione un genitore?

Abbiamo detto che l'ipercolesterolemia è una malattia genetica ereditaria e quindi un bambino ne è affetto fin da quando nasce. Inoltre, è possibile che un genitore non sappia di essere portatore del gene mutato e quindi ignori la possibilità di averla trasmessa al figlio. La domanda quindi è: a quali segnali dovresti prestare attenzione?

I segnali a cui prestare attenzione sono la comparsa di xantomi e dell'arco corneale

"Il primo sintomo sono i valori elevati di colesterolo nel sangue, ma naturalmente non vengono sospettati – fa notare il dottor Pellegatta. – Questa situazione, però, comporta l'accumulo di colesterolo in alcuni tessuti, ad esempio a livello dei tendini, determinando così la formazione di xantomi, noduli ricchi di colesterolo. Dobbiamo immaginarci delle palline che si sviluppano in determinate parti del corpo, ad esempio in corrispondenza dei gomiti o delle ginocchia". Sono le famose escrescenze di cui parlava Valentina. "Se poi la presenza di colesterolo è particolarmente elevata, si determina anche un cumulo nella parete laterale della cornea, con la comparsa di un alone che prende il nome di arco corneale".

L'importanza dell'informazione

L'ipercolesterolemia famigliare è una malattia curabile. Non si guarisce, certo, però si può avere una vita normale. E non è poco. Purtroppo non sempre arriva la diagnosi e alcune persone non sanno di soffrirne. Manca, essenzialmente, l'informazione: sapere che questa patologia esiste e che quindi sottoporsi a esami del sangue periodici può essere davvero molto utile, anche per i tuoi figli. In questo gap di conoscenza si inseriscono, tra gli altri, le associazioni di pazienti, che svolgono un ruolo importantissimo: "Dobbiamo ricordare che la malattia nella forma eterozigote è molto frequente – conferma Pellegatta. – Le associazioni di pazienti, come il Gruppo Italiano Pazienti affetti da Ipercolesterolemia Familiare (GIP-FH), con il loro lavoro di sensibilizzazione e divulgazione di informazioni connesse ai sintomi diventano il tramite attraverso cui le persone possono conoscere l'esistenza di questa patologia. Così si innesca il processo del dubbio e si viene incoraggiati a non farsi autodiagnosi ma a rivolgersi a centri specializzati".

"A chi oggi scopre di avere l'ipercolesterolemia – conclude Valentina – vorrei che sappiano che oggi non è una malattia così devastante come poteva essere anni fa, dove esisteva di fatto un solo trattamento. Da quando è stata diagnosticata a me sono arrivati tantissimi nuovi farmaci. Esistono poi le TAC coronariche che sono meno invasive della coronarografia. La ricerca è andata molto avanti in questi 30 anni".

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