C’è un bosco, sulle Dolomiti, dove assieme agli alberi cresce anche la musica. Lo chiamano il bosco dei violini, o foresta Stradivari, e la leggenda narra che il violinista vi si recasse per selezionare personalmente il legno con cui realizzare i suoi strumenti. Ancora oggi, questo bosco nel cuore della Val di Fiemme, è il luogo da cui nascono migliaia di strumenti musicali venduti in tutto il mondo. Il merito è tutto dell’abete rosso, unico nel suo genere, che da secoli su queste montagne nasce, cresce, e conserva in sé la musica. Una musica che, però, qualcuno prima o poi dovrà tirare fuori.
Fino a oggi forse pensavi che violini, contrabbassi, chitarre e pianoforti vedessero la luce tra le mani esperte di un liutaio. Ma devi sapere che, prima di arrivare nel suo piccolo laboratorio, il legno da cui nasceranno quegli strumenti viene selezionato e lavorato per offrire all’artigiano un materiale della qualità migliore possibile, così da permettergli di tirarne fuori il meglio. Si tratta di un processo lungo cinque anni, in cui il tuo violino si trasforma da un tronco ricoperto di corteccia a una sagoma disegnata a matita su una tavoletta di fibra perfetta lasciata a stagionare. Solo dopo, quel legno diventerà ciò che stai suonando.
Sono solo tre in tutta Europa le aziende specializzate capaci di svolgere tutto il lavoro che precede la costruzione vera e propria di un violino, una chitarra o qualunque altro grande strumento con una tavola armonica come arpe, clavicembali e pianoforti. Sto parlando delle attività di selezione dell’albero da cui ricavare il legno e della sua lavorazione.
Una di queste tre aziende si trova in Italia, nel cuore delle Dolomiti. Nata nel 1952, Ciresa S.r.l. si occupa di creare tavole armoniche dagli abeti di risonanza delle foreste della Val di Fiemme, quelle stesse foreste che a fine ottobre 2018 sono state colpite da un’ondata di maltempo talmente violenta da spazzare via oltre un milione di metri cubi di alberi in perfetta salute. Per questo motivo, il direttore dell’azienda Fabio Ognibeni, successore di Enrico Ciresa dal 1991, ha lanciato una campagna di crowdfounding per impedire che gli alberi caduti ancora adatti a diventare tavole armoniche vengano trasformati in qualcosa che non sia musica, privando il mondo del suono che possono regalare.
Noi di Ohga siamo andati a Tesero, alla sede della ditta Ciresa, per farci raccontare in che modo da un semplice abete sia possibile estrarre della musica e come questa musica potrà essere salvata dopo il disastro di ottobre.
Ho sempre pensato che, nella foresta di Fiemme, alcuni alberi coltivano e trattengono per secoli nella loro fibra la musica, che è lì pronta. Serve solo che qualcuno con pazienza, passione e capacità vada a tirarla fuori.
Fabio Ognibeni racconta che l’attività dell’azienda nella costruzione di tavole armoniche si articola in due modi: per gli strumenti grandi come pianoforti, arpe e clavicembali realizzano direttamente loro la tavola armonica, mentre per gli altri come violini e chitarre selezionano e stagionano il legno nelle diverse pezzature per poi venderlo ai liutai che lo lavoreranno poi nella loro bottega. E perché?
“Molte fabbriche di strumenti, come quelle di pianoforti, hanno bisogno di qualcuno che costruisca per loro la tavola armonica – spiega Fabio – Il liutaio, invece, è un artigiano artista, e quindi non vuole che qualcun altro costruisca la tavola armonica del suo violino o della sua chitarra. Lui vuole avere a disposizione il legno ben selezionato e ben stagionato, che abbia le proprietà armoniche giuste e offra un risultato sonoro che sia di qualità elevata, ma è lui che con la sua lavorazione tira fuori la musica, anche a seconda del carattere dello strumento che vuole realizzare.”
Materia prima imprescindibile per realizzare tutto questo è, ovviamente, il legno dell’abete rosso di Fiemme. Un materiale divenuto lo standard per le tavole armoniche degli strumenti a corda di tutto il mondo, e non da poco tempo.
“Già i liutai del ‘500 e del ‘600 avevano già individuato l’abete di Fiemme come materiale eccellente per costruire le tavole armoniche di violini e strumenti di liuteria – prosegue Fabio – Ai tempi non esistevano i laboratori con strumenti di misura, quindi gli antichi artigiani sono arrivati ad affinare il processo e il risultato per prove empiriche, capendo pian piano quale tipo di legno poteva dare un certo risultato. Fra gli abeti rossi che crescono in tutto l’arco alpino, quello di Fiemme è il più ricercato e il più conosciuto, perché è particolarmente leggero e ha una regolarità di fibra molto omogenea. Ciò deriva dal modo in cui gli abitanti della valle hanno coltivato i loro boschi nel corso dei secoli. Se gli alberi di risonanza, che mediamente hanno dai 150 ai 250 anni di età, sono cresciuti così, lo dobbiamo a chi centinaia di anni fa si è preso cura di questi boschi, facendolo come gli era stato insegnato dalle generazioni precedenti. Se Stradivari, Amati e Guarnieri amavano quel legno, significa che questo procedimento di coltivazione e manutenzione dei boschi si era innescato molto prima di loro. È molto probabile che chi l’ha fatto non l’abbia fatto specificatamente per creare legno di risonanza. Forse aveva semplicemente intuito che coltivare il bosco, dove coltivare significa decidere in modo consapevole come fare i tagli e come lasciarlo ricrescere poi, avrebbe permesso lo sviluppo di una foresta con caratteristiche che non si trovano da altre parti. Credo che, di questi tempi, l’idea di creare e curare qualcosa pensando a come potranno beneficiarne le generazioni future sia ormai qualcosa di scomparso. Cosa costruiamo oggi pensando al fatto che qualcuno, tra duecento anni, possa farne qualcosa di bello?”
Naturalmente il fatto che questo luogo porti il nome di “foresta dei violini” non significa che tutti gli abeti vadano bene per la costruzione di strumenti musicali. Infatti, il processo di ricerca e selezione del legno non è affatto semplice. Se credi che Fabio si rechi personalmente nel bosco a toccare con mano tutti i tronchi per selezionare l’albero adatto e, una volta scelto, quest’ultimo venga abbattuto appositamente per diventare una chitarra o un mandolino, ti sbagli di grosso. La selezione degli abeti si inserisce nella più ampia filiera del legno, che inizia a partire dal piano di abbattimento deciso dall’autorità Forestale, che ogni anno individua i lotti che è possibile abbattere nelle diverse aree e quote del bosco. Una volta tagliati gli alberi delle zone scelte dalla forestale, Fabio può inserirsi e selezionare quelli provenienti dalle zone di alta quota, sui versanti a nord, nord-ovest, dove potrebbero esserci le caratteristiche di “fibra rara” che servono a lui, prima che il legno venga portato via e destinato ad altri utilizzi.
Essendo l’unica azienda in Italia a fare questo lavoro, non esiste nessun altro che sia sufficientemente preparato ed esperto per poter svolgere bene questa attività di selezione, e non esiste nemmeno una tecnologia che possa facilitarla. È tutta esclusivamente esperienza. E in Italia ce l’hanno solo Fabio e il suo capo operai.
“Noi conosciamo bene il processo interno, il modo in cui poi il materiale verrà tagliato, quali sono tutti i difetti del legno che dobbiamo scartare. Così, in qualche modo quando guardi il tronco puoi riconoscere il tipo di fibra, se ha un andamento regolare, osservi i nodi e i difetti, cerchi di proiettare con la mente sul legno i pezzi degli strumenti che andrai poi a creare e cerchi di capire se può rendere o no. La scelta del tronco è fondamentale, perché di quel legno avrai sempre sicuramente uno scarto, che di solito è dell’80%. Devi essere capace di riconoscere quello che te ne darà il meno possibile, perché anche se lo scarto aumentasse di appena il 2%, sulla quantità complessiva di tavole armoniche prodotte ‘con la parte buona’ sarebbe una bella perdita”.
Nel momento della selezione, quindi, è come se Fabio riuscisse a percepire la musica dalla catasta di tronchi che ha davanti. Così, da quei futuri mobili, pavimenti, porte, finestre e battiscopa grazie alla sua esperienza estrae ciò che può invece salvarsi e diventare arte. Evitando, quindi, che un legno che lui può arrivare a pagare centinaia di euro a metro cubo possa essere venduto altrove a molto meno, per altri usi, solo perché lui non è arrivato a selezionarlo.
E una volta scelto e acquistato il legno cosa accade?
“Non può essere lasciato in tronco con la corteccia, altrimenti si rovina. Quindi lo scortecciamo subito e poi lo portiamo in una piccola segheria privata, qui in valle, che effettua una segagione particolare per questo tipo di lavorazione, caratterizzata da un taglio di tipo “radiale” fatto apposta per la liuteria, il cui risultato è che la fibra si trova sempre a 90° rispetto al piano armonico della tavola.”
“Per la liuteria facciamo invece pezzi a spicchio, come se fossero fette di torta. È un metodo di taglio particolare che si usa solo per questi prodotti, ed è un’altra cosa che rende difficile il nostro lavoro, dato che non puoi rivolgerti a una segheria qualsiasi. È tutta una metodologia, un tipo di lavoro che dobbiamo organizzarci e gestire in maniera autonoma.”
“A questo punto viene fatta la stagionatura, durante la quale il legno viene accatastato in modo tale che possa girare aria nella catasta per non fargli trattenere umidità ed innescare muffe.”
Anche per la stagionatura i legni per pianoforti e quelli per gli strumenti strumenti di liuteria vengono gestiti in modo differente.
“Il materiale per pianoforti viene stagionato per un anno in tavolate grezzo di spessore 50 mm. Poi viene fatta una prima lavorazione e quando è ridotto a tavolette di spessore più piccolo viene passato in una cella a temperature di circa 40-45 gradi per alcuni giorni, così da abbassare ancora l’umidità del legno. Poi si prosegue con la lavorazione.”
“Per la liuteria, invece, la stagionatura è solo naturale e dura cinque anni. Per tutto questo tempo, quindi, il legno resta allo stato grezzo con tutti i suoi difetti, i nodi e le sacche di resina. Solo dopo questi cinque anni lo si lavora, si seleziona la fibra, vengono tolti i difetti, si ragiona se possa starci dentro una chitarra, un violino o una viola. Il legno viene battezzato, gli viene dato un nome e così sappiamo già che strumento diventerà.”
“A questo punto viene fatta una selezione di qualità (rappresentata da prima, seconda e terza scelta), il legno viene marchiato con il nome dell’azienda, il lotto, l’anno di abbattimento e la qualità e poi viene messo in magazzino a disposizione dei liutai che vengono a scegliere il materiale o lo richiedono con spedizione in tutto il mondo.”
È il liutaio, quindi, che conclude l’opera, utilizzando la propria capacità ed esperienza per tirare fuori da quel legno perfetto uno strumento con le caratteristiche che desidera. Ed è proprio la sua lavorazione che determinerà il risultato finale.
“In pochi capiscono questa cosa – dice Fabio. – Molti pensano che se prendi l’abete di risonanza di prima qualità, avrai per forza uno strumento di qualità altissima, perché migliore è il legno migliore sarà il violino. Ma non è assolutamente così. È come se qualcuno ti desse in mano il blocco di marmo di Carrara migliore della cava: saresti capace di fare quello che ha fatto Michelangelo? Il discorso è lo stesso. È la lavorazione del liutaio ciò che davvero può valorizzare questo legno, ed è quindi lui a dover scegliere personalmente il tipo di materiale di cui ha bisogno per ottenere il risultato migliore. Ci vogliono capacità ed esperienza per costruire uno strumento che suoni bene.”
Il maltempo che si è abbattuto sulla valle alla fine di ottobre, però, ha un po’ cambiato le cose. La quantità di abeti caduti, infatti, ha superato di circa 14 volte il numero di alberi che potrebbero essere abbattuti ogni anno. Stiamo parlando di un milione e 250 mila metri cubi al posto degli 80-90 mila di taglio annuale. Solo in Val di Fiemme.
Tuttavia, Fabio racconta che complessivamente è stato toccato più o meno il 9% delle foreste, e quindi la foresta non è stata distrutta completamente come molti credono. Il problema sta tutto nella possibilità di effettuare abbattimenti futuri, che verranno bloccati dall’autorità Forestale per permettere agli alberi di ricrescere. Questa situazione è problematica, oltre che per l’economia dell’intera valle, anche per la selezione del legno di risonanza, perché non è detto che tra gli alberi sradicati ce ne siano abbastanza da essere utilizzati. E per mantenere il bosco in salute, per diverso tempo non sarà possibile effettuare altri tagli.
“Io ho potuto calcolare che, in Val di Fiemme, su mille alberi per creare strumenti musicali ne vanno bene due o tre – spiega Fabio. – In determinate zone probabilmente non ce ne sarà nemmeno uno, e nelle zone giuste, di alta quota, magari potrei trovarne anche qualche decina. Ma non vanno bene tutti, c’è sempre difficoltà a selezionare quei pochi, rari tronchi. La forestale concede lotti di abbattimento in base a quanto la foresta ricresce. Quindi, dopo la tempesta, in teoria non si potrebbe più tagliare niente per almeno 12 o 13 anni. Questa situazione però rischierebbe di bloccare totalmente gran parte dell’economia della valle che si basa su raccolta, trasporto e lavorazione del legno. Quindi speriamo che entro quattro o cinque anni si possa riprendere con i tagli ordinari per accedere ai lotti e poter fare la solita selezione su tronchi di buona qualità”.
Per reagire a questa situazione, la ditta Ciresa ha deciso di fare qualcosa di concreto. Invece di aspettare che qualcuno corresse in suo aiuto, Fabio ha avviato una campagna chiedendo ai Comuni della valle e ai proprietari boschivi della Magnifica Comunità di Fiemme di aiutarlo a selezionare i tronchi per le sue tavole di risonanza, concedendogli di intervenire nella filiera prima che gli alberi vengano caricati e portati via per altri usi. In cambio, nonostante il calo vertiginoso dei prezzi del legno, lui continuerà a pagarli esattamente come prima, senza danneggiare l’economia locale.
“Ho pensato che dovevo stimolare i proprietari boschivi, che fossero Comuni, la Comunità di Fiemme o altri ad aiutarmi ad intercettare il legno che è già caduto e che ha le caratteristiche che mi servono”, racconta. –Ho scritto quindi una lettera a tutti informandoli del fatto che non avrei giocato a ribasso, offrendo lo stesso prezzo alto a metro cubo che pagavo prima del maltempo. Unica condizione, essere aiutato a intervenire nella filiera.
Con questa azione vorrei portare avanti un concetto: tutto quello che può diventare musica, deve poter diventare musica, non deve essere destinato a utilizzi meno nobili. Quel legno, se non interveniamo, rappresenterà tantissimi violini in meno, strumenti in meno, che potevano suonare per le generazioni future con la musica nata nelle nostre foreste. Facendo questo, stiamo salvando la musica del futuro.”
Foto di Sara Del Dot