L’agenda di Ivan Novelli, neopresidente di Greenpeace Italia: “Maggiore impegno sulla risposta alla crisi climatica”

64 anni, giornalista, Ivan Novelli è già stato presidente di Greenpeace Italia dal 2009 al 2014. Le priorità della storica organizzazione ambientalista rimangono le stesse: “Gli attuali modelli di sviluppo non sono più sostenibili; l’Italia può e deve fare di più per cercare di raggiungere gli obiettivi stabiliti dall’Accordo di Parigi”, ribadisce il nuovo presidente.
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Federico Turrisi 17 Giugno 2020

Tra le principali organizzazioni attive sulle questioni ambientali in Italia e nel mondo c'è sicuramente Greenpeace. Solo nel nostro Paese può contare su 88 mila sostenitori. Da questa settimana e per i prossimi tre anni il presidente di Greenpeace Italia sarà Ivan Novelli. Classe 1956, giornalista, Novelli è entrato per la prima volta in Greenpeace nel 1990 ed è stato già presidente della sezione italiana dell'organizzazione ambientalista tra il 2009 e il 2014. Prima ancora, dal 1998 al 2004, era stato presidente di RomaNatura, l'ente pubblico che si occupa della gestione e della valorizzazione delle aree naturali protette del Comune di Roma. Noi di Ohga ci abbiamo scambiato quattro parole.

Quali sono gli ambiti su cui si concentrerà maggiormente l'attività di Greenpeace Italia nel futuro prossimo?

Va fatta una premessa: Greenpeace International definisce gli indirizzi delle campagne, che poi vengono adattate al contesto di ciascun Paese. In Italia abbiamo individuato tre macroaree, interconnesse tra di loro, su cui intervenire: clima, cibo e mare. Quella sul clima è una battaglia storica di Greenpeace: già nel 1990 fu pubblicato un importante rapporto sul riscaldamento globale, che due anni dopo fu reso disponibile in una versione italiana con l'introduzione dell'allora commissario europeo per l'ambiente Carlo Ripa di Meana. Rispetto a 30 anni fa la sensibilità dell'opinione pubblica sull'argomento è notevolmente aumentata, grazie anche a movimenti come Fridays for Future, ma c'è ancora molto da fare.

A proposito di lotta contro il cambiamento climatico, come si sta comportando l'Italia?

Ci sono notevoli margini di miglioramento. Il Pniec (ossia il Piano Nazionale Integrato Energia Clima, ndr), presentato all'inizio di quest'anno e che traccia la linea delle politiche nazionali in materia di clima ed energia per il decennio 2020-2030, ancora non ci consente di raggiungere gli obiettivi fissati con l'Accordo di Parigi del 2015. Il primo obiettivo è quindi rivedere il piano e alzare l'asticella sulla riduzione delle emissioni di gas serra. La pandemia da Covid-19 ha messo in evidenza come gli attuali modelli di sviluppo non siano più sostenibili.

Si parlava poi di cibo e di ambiente marino…

Un aspetto molto importante della nostra attività riguarda la denuncia degli allevamenti intensivi e dei danni ambientali che creano a più livelli, dall'accelerazione della deforestazione alle emissioni di carbonio. Molti fondi della politica agricola comune dell'Unione Europea vanno ancora a questa tipologia di allevamenti e Greenpeace continuerà a battersi per invertire questa tendenza. La tutela del mare, infine, è un'altra campagna storica: in questo caso occorrono un aumento delle aree marine protette a livello mondiale e un piano di riduzione dell'inquinamento da plastica.

Quali sono le prime misure che dovrebbe adottare il nostro Paese?

Un tema a cui teniamo particolarmente è l'inquinamento atmosferico. Anche se non c'è ancora la certezza scientifica della correlazione tra inquinamento e maggiore letalità del Covid-19, questa pandemia ci ha comunque ricordato che si tratta di un ambito su cui bisogna intervenire in maniera davvero incisiva in Italia. L'altro filone che continueremo a seguire nei prossimi mesi è la necessità di una transizione energetica che preveda l'abbandono dei combustibili fossili in favore delle rinnovabili. L'obiettivo è sempre migliorare la qualità della vita delle persone e consegnare alle future generazioni un mondo vivibile. Arriveranno cospicui finanziamenti dall'Europa per fronteggiare la crisi economica: non possiamo commettere gli errori del passato, bisogna destinarli a quelle realtà che si impegnano ogni giorno per l'affermazione di un modello di sviluppo sostenibile.