
Only One Earth è uno slogan che ha quasi cinquant’anni: risale infatti al 1974, anno in cui per la prima volta venne celebrata la Giornata Mondiale per l’Ambiente, istituita nel 1972 dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite in occasione della Conferenza di Stoccolma sull'Ambiente Umano durante la quale si diede corso al Programma Ambiente delle Nazioni Unite (UNEP, United Nations Environment Programme). Questo organismo internazionale da allora continua a sostenere la tutela ambientale e a promuovere la sostenibilità in ogni campo produttivo attraverso la ricerca e stimolando progetti green. Eppure questo slogan non ha perso valore, anzi. È diventato ancora più incalzante, complice la situazione drammatica che si è venuta a creare nel frattempo.
Inquinamento e riscaldamento globale, distruzione degli habitat e di interi ecosistemi da parte dell’uomo, diminuzione delle foreste, distruzione della biodiversità, ossia della moltitudine di esseri viventi che compongono la vita sulla Terra: più di 8 milioni di specie diverse tra piante, animali funghi e batteri. Negli ultimi anni la natura è entrata davvero in crisi. La velocità con la quale perdiamo specie animali è di mille volte maggiore rispetto a qualsiasi altro momento storico. Ma ancora solo poche persone capiscono che l’uomo è dentro la natura e non separato e che è dipendente da ecosistemi sani e attivi per tutto: dall’acqua al cibo, dalle medicine ai vestiti, dalle case all’energia.
Ciò che è successo negli ultimi mesi con la pandemia ci ha portato a una pausa forzata che ci chiede di cambiare direzione. C’è chi ha visto nella pandemia un monito da parte della natura per le distruzioni causate dal genere umano. In ogni modo è il caso di sottolineare come sembrano avere basi scientifiche le ipotesi di correlazione tra esposizioni a lungo termine a PM 2,5 e rischio di morte da Covid-19,1 e di come le zoonosi (malattie che si trasmettono dagli animali all’uomo) possono diffondersi quando distruggiamo gli habitat degli animali o commerciamo illegalmente la fauna selvatica, poiché aumenta la nostra esposizione ai patogeni.
Se in cinquant’anni molti non hanno avuto tempo per la natura, ora è il caso di virare completamente verso la vera fonte di benessere per l’uomo. Ma c’è chi questa virata l’ha già compiuta molto tempo fa e ogni giorno lavora nel rispetto dell’ambiente. Esistono migliaia di giovani coltivatori e allevatori che hanno fatto una scelta difficile ma possibile: il biologico. Alcuni fanno parte di Almaverde Bio, una società consortile che dal 2000 è diventata un punto di riferimento per molte imprese e anche per molti consumatori grazie al suo impegno e all’impegno delle otto imprese dell'agroalimentare italiano consorziate.
Una scelta dettata dalla passione per l’ambiente, per l’innovazione e per le cose buone coltivate con cura e in armonia con l’ambiente e senza tanti… “senza”. Nessun compromesso, infatti: tutto ciò che è chimico di sintesi non viene utilizzato per la frutta e la verdura ma anche nell’allevamento. Si utilizzano solo sostanze di origine naturale e organica come il letame come concime, e contro i parassiti una serie di misure naturali come la lotta biologica, i prodotti naturali e i prodotti minerali semplici. Mentre per i prodotti di origine animale è previsto l’allevamento all’aperto, un’alimentazione biologica e non forzata, per la prevenzione e la cura degli animali vengono utilizzati medicinali omeopatici, il ricorso agli antibiotici è consentito solo qualora l'animale sia in pericolo di vita ed è vietato l’uso di medicinali per la crescita forzata. Insomma tutto ciò che rappresenta un’oasi di benessere e sicurezza e rientra in un nuovo stile di vita: quello sostenibile e volto a un’alimentazione corretta e salutare.