Le biotecnologie al servizio dell’economia circolare: nuova vita agli scarti della mitilicoltura grazie al progetto “B-Blue”

In prima fila nel progetto, che conta su un finanziamento complessivo di 1,5 milioni di euro e coinvolge 8 Paesi europei mediterranei (inclusa naturalmente l’Italia), ci sono il Cnr e l’ENEA. L’obiettivo è quello di favorire lo sviluppo delle biotecnologie blu, partendo dal riutilizzo di scarti e biomasse marine, tra cui sottoprodotti della pesca e dell’acquacoltura.
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Federico Turrisi 26 Aprile 2021

Un'alleanza internazionale per unire il verde al blu, e garantire una seconda chance agli scarti provenienti dagli impianti di acquacoltura e mitilicoltura. Potremmo definire così "B-Blue", progetto strategico del programma europeo Interreg-Med, cofinanziato dal Fondo di Sviluppo Regionale Europeo (per un budget complessivo di 1,5 milioni di euro) e che coinvolge 8 Paesi europei dell'area mediterranea (Italia, Slovenia, Croazia, Montenegro, Grecia, Francia, Spagna e Portogallo). Un progetto che parla soprattutto italiano, dal momento che a coordinare le attività di ricerca c'è l'Enea, ovvero l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile. Oltre ad Enea, a rappresentare il nostro paese in B-Blue, ci sono l'Istituto per le Risorse Biologiche e le Biotecnologie Marine di Ancona (Cnr-Irbim) e la Regione Puglia, impegnati a dare vita ad un hub delle biotecnologie blu nel Golfo di Manfredonia.

Ecco, ma in che cosa consiste precisamente il progetto? L'idea fondante è quella di creare una comunità che comprenda i diversi attori delle biotecnologie blu a livello nazionale ed internazionale, ispirandosi agli obiettivi individuati dal Green Deal europeo, quindi all'insegna di un futuro più sostenibile e circolare. Nel dettaglio, in Italia le azioni pilota sviluppate tra le Marche e la Puglia saranno indirizzate a sperimentare il riutilizzo di scarti della mitilicoltura (inclusi anche i i gusci) per trasformarli in additivi naturali utili all’industria dei mangimi, e alla lavorazione di macroalghe (provenienti da impianti di acquacoltura) per testarne l’uso come biofertilizzanti innovativi in agricoltura.

"B-Blue rappresenta un’occasione unica per la costruzione di una comunità blue biotech nazionale e mediterranea, grazie anche ad azioni concrete come gli studi pilota che effettueremo in collaborazione con colleghi di Enea, Università Federico II di Napoli, Università di Foggia ed il supporto di Regione Puglia presso l’innovativo impianto di acquacoltura Consorzio Gargano Pesca nel Golfo di Manfredonia", spiega la Grazia Quero, ricercatrice del Cnr-Irbim.

"Convergere verso il riuso e la valorizzazione di scarti e biomasse marine, tra cui sottoprodotti della pesca e dell’acquacoltura, dovrà essere sempre più centrale, per favorire una transizione verso un’economia blu realmente sostenibile, circolare, senza sprechi e rispettosa dell’ambiente marino", sottolinea Gian Marco Luna, direttore del Cnr-Irbim e microbiologo coinvolto nelle ricerche. "Le biotecnologie blu in questo senso offrono potenzialità infinite ma ancora quasi inespresse; si tratta di un settore che deve ancora decollare nel nostro Paese. Progetti come B-Blue sono estremamente preziosi, anche per condurre quella ricerca scientifica che è necessaria a trasformare idee o potenzialità in utili applicazioni per la nostra società".