Le navi rompighiaccio e il clima che cambia, ne abbiamo ancora bisogno?

Una rompighiaccio italiana raggiunge il punto più a Sud del Pianeta. Ma cosa sono queste navi e quale sarà il loro futuro?
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Andrea Di Piazza Geologo specializzato in Green Management
7 Febbraio 2023 * ultima modifica il 15/02/2023

Pochi giorni fa la nave rompighiaccio italiana “Laura Bassi” ha realizzato un record mondiale: raggiungere il punto più a Sud mai toccato da un mezzo marittimo. Coordinate 78° 44.280’ S di latitudine e 163° 46.328′ W di longitudine, questo lo specchio di mare della Baia delle Balene, in Antartide, che ha regalato il primato alla 38° Spedizione Italiana del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA).

L'area fino ad oggi ancora inesplorata è stata raggiunta, anche grazie all’assenza di copertura glaciale, per effettuare i campionamenti previsti nell’ambito del progetto “BIOCLEVER” (Biophysical coupling structuring the larval and juvenile fish community of the Ross Sea continental shelf: a multidisciplinary approach) coordinato dall’Istituto di scienze polari (Cnr-Isp) del Consiglio nazionale delle ricerche, grazie anche alla collaborazione dell’osservatorio marino MORSea (Università Parthenope). Ma come funzionano le navi rompighiaccio?

Funzione e struttura

Le navi rompighiaccio, come dice il termine stesso, sono utilizzate per attraversare zone di mare o di oceano la cui superficie è ghiacciata. Possono servire ad aprire la rotta ad altre navi, o essere impiegate per la ricerca scientifica (come nel caso della Laura Bassi) o per coordinare operazioni di recupero e salvataggio o ancora più semplicemente per trasportare merci e passeggeri.

Si distinguono dai natanti comuni per avere uno scafo rinforzato a prua, a poppa e al galleggiamento (dove la chiglia incontra la superficie), rivestito con speciali materiali polimerici per ridurre al minimo l'attrito con il ghiaccio circostante, hanno inoltre una forma dello scafo tale che consente alla nave di inclinarsi a prua con il fine di rompere il ghiaccio e vantano una propulsione potente, capace di superare la resistenza offerta dal ghiaccio che si incontra durante la navigazione.

Dalle prime navi alla propulsione nucleare

Il primo mezzo marittimo “rompighiaccio” di cui si ha memoria storica è il koč, un’imbarcazione usata dalle popolazioni russe del Mar Bianco per attraversare non solo i mari ghiacciati ma anche i fiumi. La caratteristica principale di queste imbarcazioni era il particolare design arrotondato dello scafo che mostrava un vistoso rinforzo sotto la linea di galleggiamento ed una falsa chiglia per evitare danni durante la navigazione su ghiaccio.

Da queste imbarcazioni si deve poi risalire almeno al 19esimo secolo per incontrare i primi rompighiaccio a vapore, costruiti nel nord Europa. Inizialmente le navi venivano realizzate con prue molto appuntite, soltanto successivamente l’arrotondamento dello scafo permise di rendere i mezzi più efficienti, sfruttando la forza-peso della nave per frantumare il ghiaccio.

Ma la vera svolta arrivò a metà degli anni ’50 con l’intuizione dell’ingegnere russo Anatoly Alexandrov che fece realizzare il primo motore a propulsione nucleare per navi rompighiaccio. La struttura di propulsione prevede barre di uranio che, chiuse in un serbatoio pressurizzato, vaporizzano l’acqua azionando le turbine collegate all’albero dell’elica.

Il primo modello fu la Lenin, in servizio dal 1957 al 1989, che montava 3 reattori da 90MW, seguirono poi altri 5 esemplari poi dismessi. Ad oggi la Russia dispone di 6 rompighiaccio a propulsione nucleare operanti, mentre almeno altri 5 sono in corso di realizzazione.

Il futuro delle rompighiaccio e il clima che cambia

A dispetto dello scioglimento dei ghiacci e del riscaldamento globale, la Russia dunque continua ad investire su questa tipologia di navi.

Le navi previste, insieme agli altri mezzi a propulsione tradizionale, hanno e avranno il compito di scortare petroliere e metaniere (es. navi per il trasporto di LNG) dai terminal portuali della Siberia settentrionale verso varie destinazioni commerciali nei mesi invernali. La diminuzione della copertura del ghiaccio marino artico negli ultimi quattro decenni ha aumentato del resto le possibilità dell’apertura di nuove rotte commerciali nelle zone artiche soprattutto nei mesi estivi, ma nei mesi invernali la navigazione rimane ancora piuttosto difficile.

La possibilità di raggiungere nuovi tratti di mare per la prima volta liberi dai ghiacci, come accaduto in Antartide, apre dunque alla possibilità di accorciare le distanze tra i Paesi che si affacciano nei mari artici e spinge alcune nazioni a rilanciare l’esplorazione petrolifera nell’Artico.

È necessario dunque sviluppare norme obbligatorie che promuovano la sicurezza della navigazione tra i ghiacci e che rafforzino la protezione ambientale in uno degli ultimi luoghi incontaminati del Pianeta.

Dopo una laurea in Geologia ed un dottorato di ricerca presso l'Università degli Studi Roma Tre, ha lavorato come ricercatore presso altro…