
Arriverà il momento in cui ritorneranno nelle loro acque e riassaporeranno la salsedine e i fondali marini. Per ora, però, la prima casa delle stelle marine che ripopoleranno i nostri oceani è il laboratorio.
Circa sette anni fa una misteriosa epidemia, probabilmente legata al climate change e all’aumento delle temperature dei mari, aveva eliminato quasi 6 miliardi di esemplari tra le coste di Messico e Alaska.
Forse non sapevi che oltre il 90% della popolazione mondiale di stelle marine girasole Pycnopodia helianthoides, tra le più grandi al mondo, era stato distrutto.
La brutta notizia ora può farti meno paura perché nei Friday Harbor Laboratories, strategicamente posizionati sull’isola di San Juan, nello stato americano di Washington, i ricercatori hanno fatto nascere e allevato decine di giovani stelle marine.
Questi minuscoli esseri non più grandi di un seme di papavero si sono finalmente trasformati in mini stelle e oggi sono pronti a riprendere possesso degli oceani.
Chi rompe, questa volta rimedia. Tradotto, significa che l’uomo ha trovato un’innovativa ed efficace soluzione per scongiurare i danni delle proprie azioni: l’estinzione delle stelle marine.
Le stelle marine di girasole rappresentavano una popolazione subacquea tipica della California, così come delle acque del Messico e dell’Alaska, ed erano considerate voraci predatori, specialmente di ricci di mare viola.
Nel 2013 però una misteriosa epidemia portò a una rapida e inarrestabile scomparsa che arrivò praticamente a cancellare quasi ogni traccia della popolazione di Pycnopodia helianthoides.
Sebbene non ci siano prove dirette, la comunità scientifica è d’accordo nel sostenere che l’epidemia quasi certamente ha che fare con il cambiamento climatico e l’aumento delle temperature dei mari e degli oceani.
Come puoi immaginare, le sue conseguenze si abbatterono a cascata su più ecosistemi.
Non solo le stelle marine andarono vicine all’estinzione: la loro quasi definitiva scomparsa determinò l’aumento delle popolazioni di Strongylocentrotus purpuratus, i famosi ricci di mare viola che da prede diventarono predatori divorando le foreste sommerse di alghe brune.
Queste, a loro volta, hanno subito una netta riduzione che dal 2014 ad oggi è arrivata quasi al 95%, rendendo questo ecosistema più vulnerabile e meno resistente.
Una soluzione è stata prima elaborata e poi messa in pratica da un gruppo di ricercatori dell'Università di Washington e dalle strutture di ricerca dei Friday Harbor Labs.
Qui gli scienziati stanno allevando una nuova generazione di stelle marine con l’obiettivo di tenerle in cattività finché, una volta adulte e pienamente sviluppate, non saranno in grado di vivere in acqua salata in totale autonomia.
Il progetto è iniziato un anno fa, quando i ricercatori si sono presi cura di diverse stelle adulte. Da qui hanno poi provato a tenerne in vita altre, partendo però dalle prime fasi di sviluppo.
La strategia ha previsto prima l’iniezione direttamente nelle gonadi delle stelle marine di un ormone che inducesse la deposizione delle uova, per poi preferire la fecondazione in vitro.
A questo punto, le giovani stelle marine appena nate vengono fatte crescere in acque con temperature variabili e spesso più calde, in modo da testarne la resistenza a climi oceanici più caldi visto l’inarrestabile avanzamento dei cambiamenti climatici.
Dopo mesi di tentativi ed errori, ben 14 stelle marine hanno raggiunto l’anno di vita, dimostrandosi in grado di raggiungere anche l’età adulta.
Ora gli scienziati si stanno avvicinando al momento della liberazione in mare. Prima servirà scoprire l’identità del patogeno responsabile dell’epidemia per poi capire quante e quali stelle marine rimettere in acqua. A quel punto, il ripopolamento potrà finalmente avere inizio.