
Alzi la mano chi ha sentito parlare di decarbonizzazione in questi giorni e non sa bene cosa significa. Ve lo spieghiamo noi.
A livello scientifico, con decarbonizzazione si intende il cambiamento del rapporto carbonio-idrogeno tra le fonti di energia. La decarbonizzazione è quindi un processo che implica l’utilizzo come fonti energetiche di elementi contenenti sempre meno atomi di carbonio, così da lasciare spazio unicamente a energia pulita e rinnovabile.
Oggi nel mondo la produzione di energia si basa ancora prevalentemente su petrolio, gas naturale e carbone, che sono tutti e tre dei combustibili fossili. Quando vengono bruciati per produrre energia rilasciano in atmosfera cioè una grande quantità di anidride carbonica.
Ecco, la decarbonizzazione consiste proprio nella progressiva riduzione delle fonti fossili e nella loro sostituzione con fonti rinnovabili, così da diminuire sempre più, fino ad azzerare, le emissioni di CO2 e riuscire a contenere il riscaldamento globale al di sotto di 1,5 gradi.
Non a caso, l’Unione europea si è posta come obiettivo la riduzione delle emissioni del 55% entro il 2030 rispetto al 1990 così da raggiungere entro il 2050 le zero emissioni nette, il che significa emettere una quantità tale di CO2 da poter essere assorbita dal Pianeta in maniera naturale, attraverso le foreste e gli oceani.
Altri Paesi, come Russia e Cina, hanno spostato l’obiettivo al 2060. L’India addirittura al 2070. Ma se vogliamo evitare le conseguenze più catastrofiche dei cambiamenti climatici, dobbiamo anticipare il più possibile la data della decarbonizzazione. Ed è anche di questo che si sta discutendo in questi giorni alla Cop26 di Glasgow.