
Da settimane la Siberia va a fuoco. Ci sono oltre 400 incendi che stanno letteralmente divorando la Grande Foresta del Nord, interessando in particolare le regioni di Krasnoyarsk, Jacuzia e Buriazia, e la gestione di questa emergenza ambientale sembra essere più complicata del previsto.
Forti venti che spostano e propagano il fuoco, temperature eccessivamente alte rispetto alla media che seccano il territorio favorendone l’infiammabilità, eventi naturali poco controllabili come fulmini che si abbattono sugli alberi e poche, pochissime piogge. Il risultato è una superficie di circa 30.000 km quadrati completamente in fiamme e 4,3 milioni di ettari di foresta completamente distrutti, esattamente come se Piemonte e Lombardia insieme venissero spazzati via.
Quella degli incendi in Siberia è diventata una vera e propria emergenza ambientale. E la responsabilità di questa situazione, purtroppo, è anche dell’uomo. Infatti, per molto tempo dall’inizio del manifestarsi degli incendi le autorità non hanno fatto nulla, non sono intervenute, perché le fiamme sono divampate all’interno delle cosiddette “zone di controllo”, parti di territorio in cui non è previsto che gli incendi vadano spenti tempestivamente. Così, l’entità del fenomeno è stata sottovalutata, e ora ci troviamo davanti a una vera e propria catastrofe naturale (e sanitaria).
In un momento in cui l’attenzione ai livelli di inquinamento atmosferico è altissima, in cui si combatte per la riduzione delle emissioni provenienti da fonti fossili, in cui la CO2 sembra essere il peggior nemico del Pianeta, la natura ha deciso di remarci contro. Con la nostra inconsapevole complicità, s’intende. Secondo Greenpeace Russia, che ha effettuato analisi e monitoraggi della situazione, gli incendi che stanno devastando la Siberia hanno già emesso oltre 166 tonnellate di anidride carbonica. L’equivalente delle emissioni che 36 milioni di auto emetterebbero in un anno.
A questo si aggiunge il pericolo del “black carbon”, ovvero le particelle scure che se si depositano su neve e ghiacci ne riducono il potere riflettente rendendole meno resistenti ai raggi solari e al calore e provocandone quindi lo scioglimento anticipato.
Fonte | Greenpeace