La tutela delle coste è diventato un impegno fondamentale a cui tutte le istituzioni non possono più sottrarsi, sia per l’aggravarsi delle condizioni di stabilità fisica indotte dagli effetti dei cambiamenti climatici che per difendere quella parte di economia strettamente connessa a spiagge e litorali. L'ambiente costiero del resto è un sistema dinamico dove i fenomeni naturali di erosione, e quindi di arretramento, o di avanzamento della linea di costa sono controllati da numerosi fattori meteoclimatici, geologici, biologici ed antropici. I dati sull’erosione delle coste italiane sono allarmanti: è urgente mettere in atto azioni e strategie per affrontare i rischi futuri che possono insorgere.
Secondo Ispra, il nuovo rilievo delle coste italiane per il Rapporto su Dissesto idrogeologico in Italia ha consentito un aggiornamento dei dati sullo stato e sui cambiamenti della linea di costa nel periodo 2007-2019, da cui emerge a livello nazionale che il 19,7% dei litorali sono in avanzamento e il 17,9% in arretramento. A fronte di un progressivo aumento dei tratti di costa protetti con opere di difesa rigide, rispetto al 2000-2007 si rileva un lieve aumento dei litorali stabili e in avanzamento e una diminuzione dell’1% dei litorali in erosione. A livello regionale il quadro è più eterogeneo: la costa in erosione è superiore a quella in avanzamento in Sardegna, Basilicata, Puglia, Lazio e Campania; le regioni con i valori assoluti più elevati di costa in erosione sono Calabria, Sicilia, Sardegna e Puglia.
Il numero degli eventi meteo-idro avvenuti nei comuni costieri, mappati dall’Osservatorio CittàClima e che hanno causato danni a edifici, persone, infrastrutture e attività produttive, è elevatissimo: 712 su 1.732 eventi totali, pari al 41,1%, avvenuti in 240 dei 643 Comuni costieri analizzati. Non solo erosione ma anche inondazioni. Secondo Enea sono 40 le aree che risultano a rischio inondazione al 2100: non tutte sono state ancora mappate in dettaglio, ma se si considerano solamente le 14 zone costiere già analizzate si arriva a un’estensione totale dell’area a rischio inondazione pari a 5.686,4 kmq (estensione simile alla regione Liguria) per una lunghezza di 385,5 km di coste.
Uno dei temi più delicati che riguardano le nostre coste (e non solo) è quello del consumo di suolo, fattore connesso alla perdita di biodiversità, al degrado ambientale e alla compromissione delle risorse naturali. L’incremento delle attività edilizie e la conversione dei terreni agricoli in zone residenziali o turistiche hanno avuto ed hanno tuttora un impatto significativo sull’ecosistema costiero, compromettendone l’equilibrio idrogeologico e la fruibilità di risorse naturali. Tutto questo, come dimostra la tragedia di Ischia di novembre 2022, ma anche le alluvioni di Genova del 2011 e della Sardegna nel 2020, può influenzare l’equilibrio idrogeologico, aumentando il rischio di frane, alluvioni e degrado delle risorse idriche.
Il consumo di suolo nei Comuni costieri italiani è altissimo e pari ad oltre 420mila ettari al 2021 che corrisponde al 27% del totale di suolo consumato in Italia, con un incremento vicino al 6% rispetto al dato 2006. Il valore è in aumento in tutte le regioni italiane e non si intravede una tendenza inversa nel prossimo futuro.
Nel recente Rapporto Spiagge 2023, Legambiente ha stilato una serie di proposte per assicurare la protezione delle aree costiere italiane. Innanzitutto è fondamentale approvare in via definitiva il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (al momento fermo dopo la fase di VAS, Valutazione ambientale strategica), per consentire l’insediamento dell’Osservatorio Nazionale per l’Adattamento ai Cambiamenti Climatici e individuare le risorse finanziarie che dovrebbero permettere l’attuazione dello strumento.
Arrestare la realizzazione di opere rigide per la difesa costiera e impedire il prelievo di materiale dalle coste: uno dei problemi riscontrati è che continuiamo ad intervenire con opere come pennelli e barriere frangiflutti, arrivando in totale a ben 10.500 opere rigide lungo le coste italiane, quasi 3 ogni 2 chilometri di costa, che non risolvono certamente i problemi osservati. Fondamentale approvare la legge sullo stop al consumo di suolo che il nostro Paese aspetta ormai da 11 anni e il cui iter è bloccato al 2016. Lo strumento prevedeva lo sfidante obiettivo di raggiungere “quota zero” per nuove costruzioni sulle coste entro il 2050. Legambiente ribadisce inoltre il diritto alla libera e gratuita fruizione delle spiagge, suggerendo di lasciare un minimo di almeno il 50% delle spiagge in ogni Comune alla libera e gratuita fruizione, e sottolinea l’importanza di impedire la realizzazione di qualsiasi nuovo manufatto su spiagge e litorali oltre alla corretta gestione dei reflui urbani tramite sistemi di collettamento e depurazione.
Lungo le coste italiane si trova un patrimonio di spiagge, aree naturalistiche, centri turistici, siti archeologici, naturalistici e città d’arte che rappresenta una risorsa immensa su cui scommettere per uno sviluppo sostenibile in un futuro dominato dagli effetti dei cambiamenti climatici e di un turismo sempre più aggressivo e globalizzato.