L’esplosione del vulcano Hunga Tonga potrebbe non avere un grande impatto sul clima

Era un’ipotesi circolata fin dalle prime ore dopo l’esplosione, ma secondo le notizie che arrivano l’eruzione, per quanto violenta, non avrebbe sprigionato una quantità sufficiente di anidride solforosa per avere un impatto sul clima. Ma i cambiamenti climatici possono influenzare l’attività dei vulcani? Ne abbiamo parlato con il vulcanologo Boris Behncke dell’INGV.
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Giulia Dallagiovanna 18 Gennaio 2022

Due eruzioni, un'imponente nube che ha ricoperto un intero arcipelago e uno tsunami che ha provocato vittime persino in Perù, dalla parte opposta dell'Oceano Pacifico. Sono le immagini che arrivano per ora dall'esplosione del vulcano sottomarino Hunga Tonga-Hunga Ha’apai, a circa 65 chilometri da Tonga. Il boato è stato avvertito fino in Nuova Zelanda, a 2.300 chilometri distanza.

L'esatto ammontare dei danni è ancora tutto da calcolare, anche perché in questo momento la connessione internet con le isole è interrotta e l'aeoroporto della capitale, Nuku’alofa, è inagibile persino per i mezzi di soccorso. "Stando alle ultime ricerche, questo vulcano dà vita a un'eruzione imponente una volta ogni mille anni. E quella del 15 gennaio sembrerebbe combaciare". Il dottor Boris Behncke è un vulcanologo dell'INGV (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia) che si dedica soprattutto allo studio dell'Etna e dei vulcani siciliani. Da lui ci siamo fatti spiegare se l'esplosione dell'Hunga Tonga possa avere qualche effetto sul clima, come ipotizzato in questi giorni.

La risposta breve è che "no, molto probabilmente non avrà un impatto apprezzabile". Ma cosa c'entrano i vulcani con i cambiamenti climatici? Nel 1991 le Filippine dovettero fare i conti con il risveglio del Pinatubo, a riposo da almeno 600 anni e considerato ormai estinto. Il 15 giugno una colonna di cenere di 30 chilometri si alzò dalla montagna, alle cui pendici erano sorti villaggi agricoli e cittadine, e liberò nell'atmosfera 15 teragrammi di anidride solforosa (SO2). La conseguenza fu che per un paio di anni le temperature terrestri si ridussero di circa 0,5 gradi.

Nel 1991 l'eruzione del Pinatubo, nelle Filippine, liberò nell'atmosfera 15 teragrammi di SO2 che ridussero la temperatura terrestre di 0,5 gradi

Ma l'Hunga Tonga, per quanto impressionante, mostrerebbe ben altra potenza. "L'eruzione del Pinatubo fu l'ultima ad avere avuto un impatto sul clima a livello globale. Il vulcano sottomarino di cui stiamo parlando, invece, sembra avere emesso fino a 40 volte meno SO2, una quantità troppo modesta per provocare reali cambiamenti. Potrebbe al massimo verificarsi un leggero abbassamento delle temperature nell'emisfero meridionale, ma sarebbe temporaneo", spiega Behncke.

Oltre all'anidride solforosa, all'interno di quella nube si possono trovare una serie di altri materiali e sostanze. Prima di tutto dei frammenti di roccia, che possono essere ridotti in polvere (cenere) oppure arrivare a misurare anche diversi centimetri (lapilli). Parte di questi proviene dagli isolotti e dalla nuova porzione di terra che si sono formati in corrispondenza del vulcano durante le precedenti eruzioni del 2009, del 2014-15 e del dicembre 2021. "E poi un'immensa quantità di gas, che per la maggior parte, quasi il 90%, corrisponde a vapore acqueo. È la principale forza che innesca l'esplosione e si trova anche all'interno del magma. Anche l'Etna quando erutta ne rilascia in grandi dosi. Un'ulteriore spinta, poi, è arrivata dall'interazione tra magma incandescente e acqua del mare, visto che parliamo di un vulcano che si trova proprio all'interfaccia tra terra e oceano e questa situazione specifica conferisce maggiore violenza all'eruzione".

Un mix di sostanze che si riversa poi sulla superficie sottostante, che in questo caso sono le isole dell'arcipelago di Tonga, un piccolo paradiso naturale da poco più di 100mila abitanti. La buona notizia è che sul lungo periodo aumenta la fertilità del terreno su cui si deposita. "Ma nell'immediato ha un impatto negativo, perché i frammenti di roccia sono ricoperti da una sorta di pellicola derivata dai gas che si trovano nel pennacchio eruttivo e che può essere contaminante. In questo momento infatti i bacini di acqua potabile delle isole non possono essere utilizzati. Oltre al fatto che rende impossibile agli aerei atterrare e quindi ostacola i soccorsi". Per fortuna, al momento abbiamo notizia di sole tre vittime: una a Tonga e le altre due in Perù, a causa dello tsunami.

Eruzioni di questo tipo avvengono periodicamente e spesso si dimostrano più pericolose. Un esempio è il Krakatoa, tra le isole indonesiane di Sumatra e Giava, che nel 1883 diede origine a un'esplosione violentissima che uccise 36mila abitanti. Con il passare del tempo, il vulcano formò una nuova isola e un nuovo cono vulcanico. Si risvegliò nel 2018, provocando uno tsunami che costò la vita ad altre 489 persone.

Ma se volessimo guardare a quanto è accaduto dal punto di vista opposto, quanto influisce il cambiamento climatico sull'attività dei vulcani? Per la verità, l'interazione sembra essere ridotta, soprattutto nel nostro secolo. "Gran parte dei ghiacciai presenti durante le ultime glaciazioni, circa 12mila anni fa, si sciolsero molto rapidamente e i vulcani che giacevano sotto migliaia di metri di ghiaccio andarono in decompressione. Le conseguenze furono eruzioni molto più violente della norma. Oggi però rimangono solo poche distese di ghiaccio di queste dimensioni in Islanda e in Antartide. Perciò anche in caso di scioglimento, le reazioni sarebbero limitate".