
L'impatto negativo che gli incendi hanno sulla salute dell'uomo non è lo stesso per tutti. Nello specifico, i pazienti operati per un tumore al polmone sarebbero più soggetti a conseguenze negative per la loro salute qualora abbiano vissuto in prossimità di incendi nell'anno successivo all'intervento chirurgico da loro vissuto.
A mostrare il nesso tra incendi e ripercussioni sul percorso di guarigione nei malati di tumore al polmone è uno studio condotto fra il 2004 e il 2019 negli Stati Uniti a partire dai dati di mezzo milione di persone sottoposte a rimozione chirurgica di un tumore polmonare del tipo non a piccole cellule.
"Con l'aumento dell'attività degli incendi negli Stati Uniti a causa del cambiamento climatico – si legge nello studio pubblicato su Jama Oncology – i risultati di questo studio suggeriscono che l'identificazione di popolazioni ad alto rischio medico, come i pazienti con cancro ai polmoni, è cruciale per la preparazione alle catastrofi e gli sforzi di risposta".
Gli autori dello studio, ricercatori delle università Emory e Yates, e dell’American Cancer Society, hanno associato i luoghi di residenza (tramite codici postali) dei pazienti con i dati ottenuti tramite satellite e resi noti da NASA sulla distribuzione degli incendi e il risultato ottenuto parla chiaro: ben il 36% dei pazienti considerati erano stati esposti a incendi nel corso dell'anno successivo all'operazione di asportazione del tumore al polmone e per quasi la metà di questi, per l'esattezza il 48%, i dati di sopravvivenza sono risultati peggiori.
Ma quali sono le cause di questo netto peggioramento delle condizioni di salute nei malati residenti in aree colpite dagli incendi?
"Nel corso degli anni sono stati realizzati moltissimi studi che hanno confermato come il fumo sia tra i fattori chiavi nell'insorgenza dei tumori al polmone – spiega Albert Kasongo, medico vaccinologo – e ovviamente in chi ha già avuto in passato un tumore al polmone, come nel caso dei pazienti esaminati in questo studio, una nuova esposizione al mix di agenti inquinanti, soprattutto il particolato fine, presenti nel fumo che si genera da un incendio rappresenta un fattore di rischio non trascurabile".
"È soprattutto il particolato fine (PM) – spiega Fondazione Veronesi – a preoccupare in termini di salute pubblica". L'esposizione a queste particelle può infatti far peggiorare i sintomi tipici delle malattie polmonari, cardiache e del sistema nervoso, della pelle, dell’intestino, dei reni, occhi, naso e fegato.
Come già rivelato da altri studi, l'esposizione al particolato fine, conseguenza spesso anche dello smog, rappresenta un fattore di rischio per tutti, ma nello specifico nei soggetti più fragili, quindi non solo malati oncologici, ma anche bambini, anziani, donne in gravidanza, malati cronici.
Se il legame con gli agenti inquinanti, in primo luogo il particolato, che finiscono nell'aria e nell'acqua dopo un incidente, è più facile da comprendere, meno immediato è capire come anche l'ansia e lo stress indotti da questi eventi possano condizionare in negativo la salute di un paziente o ex-malato di tumore al polmone.
Lo studio segnala come, in aggiunta alle conseguenze degli inquinanti inalati con il fumo, vanno considerati fattori negativi concomitanti, come la possibile interruzione o difficoltà nelle cure, l’ansia per la paura o per la perdita di beni o di denaro, difficoltà finanziarie, l’impatto di un’esperienza traumatica.
Fra queste conseguenze collaterali della vicinanza a luoghi colpiti da incendi rientrano quindi lo stress e la preoccupazione per conoscenti o per i propri beni, ma anche le possibili difficoltà a raggiungere i luoghi di cura, così come la contaminazione dell'acqua.
Per quanto riguarda il ruolo giocato dallo stress sulla salute,"ciò si verifica – spiega Kasongo – perché ansia e stress rilasciano nel corpo cortisolo, anche detto "ormone dello stress", e questo aumento potrebbe innescare una serie di reazioni fisiche non positive per il corpo, dall'aumento della sudorazione alle palpitazioni, che potrebbero incidere su un percorso di guarigione in un soggetto già fragile".
Ovviamente – specifica l'esperto – non stiamo parlando di una correlazione diretta e sicura, ma di un'ipotesi che potrebbe o meno verificarsi, ma che certo costituisce un fattore di rischio aggiuntivo.
Fonte | Fondazione Umberto Veronesi; Jama Oncology