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L’inchiesta di Report non piace a Coldiretti e Confagricoltura, ma gli interessi degli imprenditori italiani non sono tutto

Dopo la messa in onda dell’inchiesta della trasmissione Rai su alcuni allevamenti certificati del circuito dei produttori del prosciutto di Parma, i presidenti di Coldiretti e Confagricoltura, Ettore Prandini e Massimiliano Giansanti, avrebbero espresso il loro disappunto alla premier Giorgia Meloni. Quelle immagini screditerebbero gli interessi delle aziende italiane, ma ci sono diritti che meriterebbero altrettanta attenzione.
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Maria Teresa Gasbarrone 31 Maggio 2023

Che tu sia onnivoro, vegetariano o vegano, poco conta. Le immagini di alcuni allevamenti "lager" interni al circuito del prosciutto di Parma, diffuse qualche giorno fa da un'inchiesta di Report, ti hanno senza dubbio lasciato senza parole.

L'inchiesta della giornalista Giulia Innocenzi ha sollevato un vero e proprio polverone mediatico e quelle immagini, la maggior parte delle quali acquisite dall'ong internazionale per la difesa dei diritti degli animali, Last Chance for Animals, non sono passate inosservate nemmeno agli occhi di chi tutela le aziende agricole e alimentari italiane.

Stiamo parlando delle associazioni di categoria, nello specifico Coldiretti e Confagricoltura: in base a quanto emerso il giorno seguente alla messa in onda del servizio, i presidenti Ettore Prandini e Massimiliano Giansanti, non avrebbero affatto apprezzato l'immagine che quei filmati avrebbero dato della filiera di produzione di quello che è uno dei prodotti gastronomici più famosi – e redditizi – del made in Italy.

Le critiche all'inchiesta di Report

Va bene il diritto di cronaca, va bene la libertà di stampa, ma agli interessi degli imprenditori italiani chi ci pensa? Si potrebbero sintetizzare così le critiche sollevate dal presidente di Coldiretti – la maggiore associazione di rappresentanza dell'agricoltura Italia – rispetto al contenuto dell'inchiesta. Ettore Prandini lo avrebbe detto direttamente alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, sottolineando come, pur rispettando la libertà di stampa e il servizio pubblico, la trasmissione diretta da Sigfrido Ranucci screditerebbe i produttori agricoli.

Anche il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, si sarebbe unito al disaccordo, lamentandosi con la premier del fatto che la tv di Stato non può ospitare programmi che ledano la reputazione delle aziende italiane.

I diritti in gioco

D'altronde quello del prosciutto di Parma è un mercato dagli introiti davvero notevoli: considera che i 136 produttori che fanno parte del Consorzio Prosciutto di Parma solo nel 2021 hanno prodotto 8 milioni di prosciutti per un valore al consumo di 1,5 miliardi di euro.

Il punto è che le condizioni di vita a cui sono costretti gli animali in quegli allevamenti di Modena, Brescia e Cremona – tutti certificati -, il cui vero volto è emerso dalle immagini diffuse in anteprima dalla storica trasmissione Rai, non tirano in ballo solo  questioni animaliste.

Quelle specifiche strutture – sottolineano che non è sottintesa nessuna generalizzazione -, oltre a negare qualsiasi minimo diritto agli animali, mettono in forte dubbio anche il rispetto del diritto alla salute dei consumatori.

In gioco ci sono due diritti fondamentali, quello all'informazione e quello alla salute, entrambi riconosciuti e garanti dalla Costituzione. L'articolo 21 afferma il principio della libertà di manifestazione del pensiero e specifica che "la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure". In base all'articolo 32, inoltre, "la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività.

Gli interessi degli imprenditori italiani vanno tutelati, ma la domanda è legittima: a quale prezzo?