riscaldamento globale

L’industria alimentare farà saltare l’obiettivo di tenere il riscaldamento globale sotto la soglia di 1,5 gradi

Un nuovo studio della Columbia University ha stimato che le emissioni di gas serra causate dalla produzione di certi alimenti come carne da ruminanti, riso e latticini, renderanno impossibile il raggiungimento dell’obiettivo di tenere il riscaldamento globale sotto la soglia di 1,5 gradi. Per impedire che ciò avvenga è necessario intervenire sulla produzione, ma anche modificare gli stili alimentari.
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Maria Teresa Gasbarrone 13 Marzo 2023

L'obiettivo di mantenere il riscaldamento globale al di sotto della soglia di 1,5 gradi, come fissato nel 2015 dagli accordi di Parigi, non verrà raggiunto se non si interviene sulle emissioni dell'industria alimentare.

È quanto emerso da un nuovo studio condotto dalla Columbia University: ma non tutto il cibo ha lo stesso peso sul riscaldamento globale, a pesare di più sono soprattutto i prodotti a elevata produzione di metano, cioè quelli provenienti da allevamenti di animali ruminanti – come carne e latticini – e quelli da risaie.

Metano e industria alimentare

Lo studio, pubblicato su Nature Climate Change, ha dimostrato che le emissioni alla base del riscaldamento climatico prodotte dalla produzione alimentare – soprattutto quella di carne, latticini e riso – da sole faranno fallire l'obiettivo di stare sotto i 1,5 gradi.

Nel dettaglio l'analisi ha permesso di calcolare che se i livelli delle emissioni di metano generate dalla filiera produttiva di alcuni degli alimenti più consumati al mondo non diminuiranno, queste da sole provocherebbero un incremento del riscaldamento globale di almeno 0,7 gradi.

Non tutti gli alimenti però contribuiscono allo stesso modo al problema. Dalle previsioni dell'aumento globale di temperatura è risultato che il 75% del riscaldamento legato all'alimentazione è stato determinato da prodotti che sono alte fonti di metano: carne, latticini e riso.

Come intervenire per impedirlo

"Oltre il 55% del riscaldamento previsto – si legge nello studio – può essere evitato grazie a miglioramenti simultanei delle pratiche di produzione, all'adozione universale di una dieta sana e alla riduzione degli sprechi alimentari a livello di consumatori e di vendita al dettaglio".

In sostanza per invertire la tendenza in atto sarebbero necessarie tre azioni:

  • Migliorare la produzione dei prodotti alimentari
  • Adottare una dieta più sostenibile
  • Ridurre gli sprechi alimentari

Dai dati che descrivono l'industria alimentare attuali emerge chiaramente perché i ricercatori premano per un intervento urgente.

Il settore agricolo è responsabile di quasi la metà delle emissioni di metano, di due terzi delle emissioni di protossido di azoto e del 3% delle emissioni di anidride carbonica prodotte dalle attività umane in tutto il mondo. Questi tre gas serra insieme pesano per l'80% sul fenomeno del riscaldamento.

carne

Gli alimenti più dannosi

Quello realizzato dalla Columbia University, in collaborazione con l’Università della Florida e l’Environmental Defense Fund, è l'ennesimo studio che conferma il legame tra la produzione intensiva di carne e riscaldamento terrestre. Eppure dalla ricerca è emerso che se si vuole evitare lo scenario peggiore bisogna intervenire anche nella filiera produttiva di altri alimenti.

Facendo una previsione a intervalli di tempo (2030-2050-2100), gli studiosi hanno infatti visto che rimanendo così le cose, nel 2030 la carne da ruminante sarà responsabile per il 33% del riscaldamento terrestre. Seguono il riso (23%), latte e latticini (19%) e la carne da animali non ruminanti (9%). È evidente come sia necessaria una rivalutazione complessiva degli stili alimentari e della filiera produttiva di molti alimenti, non solo della carne rossa.