
Con il plauso degli ambientalisti, l'Islanda ha sospeso per tre mesi la caccia alle balene. Fino al 31 agosto, quindi, questa pratica tanto crudele quanto inutile non sarà più in attivo. I motivi? Il benessere animale ma anche, da una parte il calo dei consensi, dall'altra il calo dei profitti.
Il ministro dell'Alimentazione islandese Svandis Svavarsdottir ha dichiarato: "Ho preso la decisione di fermare temporaneamente la caccia alle balene – e ha aggiunto – se il governo e i concessionari della caccia non sono in grado di garantire i requisiti di benessere (secondo la legge islandese sul benessere degli animali), questa attività non ha futuro". Considerando che la stagione della caccia alle balene va da metà giugno a metà settembre, ci sono buone probabilità che il divieto rimanga valido anche dopo il 31 agosto, scadenza attuale della sospensione.
Le balene sono cacciate soprattutto da Paesi come Islanda, Giappone e Norvegia per la loro carne tradizionalmente pregiata nonostante il consumo sia calato drasticamente e, soprattutto nelle fasce di popolazione più giovani sia quasi inesistente. Anche le leggi del mercato hanno, quindi, influito nella scelta del governo islandese: la domanda di carne di balena in Islanda è diminuita principalmente dal 2019, quando il Giappone è tornato a praticare la caccia dopo tre decenni di pausa.
La pratica è divenuta anche più costosa a causa dell'estensione della zona costiera in cui vigono i divieti di pesca e Hvalur, l'ultima compagnia di caccia alle balene attiva nel Paese, aveva già annunciato che questa stagione sarebbe stata l'ultima a causa del calo dei profitti. Le leggi del denaro assecondano le leggi etiche, per una volta.