Abbiamo un ministero interamente dedicato alla Transizione ecologica, eppure sembriamo non volergli concedere troppi fondi. Il nostro Paese infatti rimane al di sotto della media europea per quanto riguarda la porzione di Pnrr (il Piano nazionale di ripresa e resilienza) destinata a quella che, di fatto, è la sfida più importante del nostro tempo. Il Recovery and Resilience Scoreboard, lanciato a metà dicembre dalla Commissione Ue per monitorare come gli Stati membri intenderanno utilizzare i soldi provenienti dal NextGeneration EU, mostra un'Italia che raggiunge la sufficienza e poi si ferma, senza concedersi visioni più ambiziose.
L'Unione europea aveva richiesto una quota minima pari al 37% delle risorse del Pnrr per l'ambiente e un altro 20% per la digitalizzazione. Ma della prima tranche di fondi, poco più del 35% finirà nella voce "green transition", per arrivare poi a un 46% con la seconda tranche. Per il momento, dunque, siamo al di sotto della media europea del 40%. Tanto per fare un esempio: la Germania prevede di iniziare con un 41% e di concludere addirittura con un 47%.
Certo non stiamo parlando di pochi euro, ma sono pur sempre dati che ci permettono di farci un'idea sull'atteggiamento dell'Italia nei confronti della crisi climatica. Esiste, ne prendiamo atto, ma sembriamo accettare di provare a fare qualcosa per contrastarla solo perché ci viene richiesto dall'alto. Non un buon inizio se consideriamo che questi devono necessariamente essere gli anni della svolta green e che dobbiamo arrivare al 2030 con diversi obiettivi già spuntati dalla lista.