
Rappresentano il 97% di tutta l’acqua presente sul pianeta, assorbono il 30% dell’anidride carbonica prodotta dall’uomo, sono fonte di sostentamento per più di 3 miliardi di persone al mondo. Sto parlando degli oceani, risorsa naturale inestimabile per l'uomo, ma sempre poco rispettata e più sfruttata che mai. Basti pensare a come la quantità di pesce alimentare portato sulla nostra tavola sia aumentato negli ultimi decenni (raddoppiato negli ultimi 50 anni); alle tecniche di pesca non selettive per cui molte specie di animali vengono gettate in mare morte o in fin di vita; alla pesca illegale ancora troppo diffusa negli oceani, ma in mari come il nostro Mediterraneo. Aver rispetto delle risorse del pianeta è l’unico modo per disporne ancora nel presente e nel futuro ed è per questo motivo che si parla sempre di più di sostenibilità, facendo riferimento proprio alle condizioni in cui si trova il nostro pianeta e all’uso che viene fatto delle sue risorse.
Secondo i dati FAO, entro il 2026, il consumo mondiale di pesce alimentare aumenterà del 19% (29 milioni di tonnellate), ma a poco più di vent'anni dalla nascita del Codice di Condotta della FAO per una pesca responsabile, ancora oggi sui mercati è presente un gran numero di pesci catturati con metodi di pesca distruttivi e non sostenibili. Quando si parla di itticoltura sostenibile ci si riferisce a quell'attività che si occupa di allevamento e riproduzione dei pesci, adottando tecniche di pesca selettiva, con un occhio di riguardo all'impatto sull’ecosistema. L’itticoltura sostenibile vuole essere una risposta, e nel migliore dei casi una soluzione, allo sfruttamento del mare e delle sue risorse.
Anche i più recenti dati ISTAT fanno riflettere. Nel 2017 in Italia il consumo di pesce è aumentato considerevolmente: la media annuale di consumo di ogni italiano nel 2017 è stata di 25 kg, contro i 16 kg registrati nel 2016. Tre italiani su quattro consumano pesce, fresco o surgelato, almeno due volte a settimana. Forse siamo tutti più attenti alla nostra dieta, ma dobbiamo essere consapevoli che le risorse di mari e oceani non sono infinite. La capacità globale di ripopolamento di mari e oceani, secondo uno studio della Banca Mondiale, si è ridotto di sei volte tra il 1970 e il 2005. Un vero problema di sopravvivenza per il pianeta, oltre che di mantenimento della biodiversità, visto che secondo la FAO il consumo mondiale di pesce crescerà entro il 2015 di 31 milioni di tonnellate, raggiungendo la quota record di 178 milioni di tonnellate di pesce l'anno.
Per la conservazione e la tutela dell'habitat marino, nel 2008 è nata Friend of the Sea (FOS), organizzazione che si occupa della certificazione dei prodotti derivanti sia da attività di pesca, sia da acquacoltura. L'obiettivo è quello di dare regole chiare e trasparenti per tutti gli operatori del settore ittico e di applicare proprio quei criteri stabiliti dalla FAO nelle Linee Guida per i prodotti ittici. In particolare possono essere certificati solo pesci provenienti da stock che non sono sovrasfruttati (Art. 30 FAO). Regole chiare che devono essere rispettate anche dai piccoli pescatori e produttori che oggi rapresentano circa il 50% delle aziende certificate a marchio Friend of the Sea.
Oltre 100 aziende nel mondo si sono rivolte a Friend of The Sea per richiedere la certificazione di prodotti delle principali specie ittiche. In Italia, tra le principali aziende con certificazione FOS, compaiono Esselunga, Conad, Coop, Lidl, Bofrost, Despar e Consilia. E da un po' di tempo la richiesta arriva anche da piccole e grandi catene di ristoranti. Temakinho, catena di ristoranti specializzata nella cucina nippo-brasiliana, è stata la prima al mondo a ottenere la certificazione Friend of The Sea per il prevalente utilizzo di pesce proveniente da itticoltura sostenibile. La catena di ristoranti non solo si è distinta nell'offerta di prodotti dal DNA sostenibile, ma si è impegnata anche nel ridurre al minimo la plastica, servendo gratuitamente l'acqua filtrata, e nell'utilizzare un packaging per il delivery in materiali ecologici riciclabili (principalmente carta riciclata e polpa vegetale).
Photo Credits: Corfu Sea Farm