Lo sai come vengono trattati branzini e orate negli allevamenti in Grecia? L’indagine di Essere Animali

Nell’inchiesta, realizzata in collaborazione con We Animals Media in diversi allevamenti ittici della Grecia (da dove proviene la metà delle orate e dei branzini consumati in Italia), viene svelato il lato oscuro dell’acquacoltura: condizioni di sovraffollamento e stress cronico per i pesci, alti tassi di mortalità, metodi di uccisione che violano gli standard internazionali di benessere animale.
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Federico Turrisi 11 Maggio 2021

Si mangia sempre meno pesce pescato e sempre più pesce allevato. Volenti o nolenti, questa è la situazione attuale. Tra le specie più consumate in Italia ci sono l'orata e il branzino. La produzione in acque nostrane, però, riesce a coprire solo il 15% della domanda nazionale di queste due varietà di pesce. Ecco perché solo nel 2019 ne abbiamo importati circa 67 mila tonnellate, di cui quasi 36 mila dalla Grecia, che è il primo produttore a livello europeo di orate e branzini da allevamento. L'Italia è infatti è il primo mercato di destinazione delle esportazioni greche in Europa.

Sono questi i dati illustrati dall'associazione animalista Essere Animali che proprio oggi ha pubblicato una video-inchiesta (realizzata in collaborazione con We Animals Media) sulle condizioni non proprio esemplari in cui vengono tenuti branzini e orate negli allevamenti ittici in Grecia. Le immagini sono eloquenti: si vedono pesci letteralmente ammassati gli uni su gli altri all’interno di reti che hanno una circonferenza compresa tra i 60 e i 100 metri e e una profondità massima di 10 metri. Il sovraffollamento è fonte di stress per i pesci e ha conseguenze nocive per la loro salute, oltre a deteriorare la qualità dell’acqua e a favorire la trasmissione di malattie. Nei filmati vengono mostrati pesci morti che galleggiano in superficie: in fase di accrescimento il tasso di mortalità per branzini e orate allevati nel Mediterraneo può raggiungere il 15-20%. In altre parole, un pesce su 5 rischia di morire prima di essere macellato.

Ma il dito degli animalisti è puntato anche contro i metodi di uccisione adottati negli allevamenti ittici ellenici. Una volta estratti dall’acqua, i pesci vengono scaricati ancora vivi in contenitori riempiti di acqua e ghiaccio, in cui si contorcono e si feriscono nel tentativo di fuggire. La perdita di coscienza non è immediata: branzini e orate possono soffrire per decine di minuti prima di morire di congelamento e asfissia.

Il Regolamento (CE) n. 1099/2009 "relativo alla protezione degli animali durante l'abbattimento" indica che ai pesci devono essere risparmiati dolori, ansia o sofferenze evitabili prima di essere uccisi. L’immersione in acqua e ghiaccio senza stordimento preventivo invece è una procedura che causa dolore per i pesci, tant'è che per l'Organizzazione mondiale della sanità animale (OIE) e la Commissione Europea sia lesiva del benessere animale. Eppure, le organizzazioni che si battono per i diritti degli animali denunciano che l’asfissia in acqua e ghiaccio rimanga trai metodi più utilizzati per abbattere branzini e orate non solo in Grecia, ma anche negli altri stati dell’Unione Europea (compresa l'Italia).

Infine c'è da considerare un altro aspetto: branzini e orate sono specie carnivore. Per produrre un chilo di pesce allevato – fanno sapere da Essere Animali – sono necessari fino a 2 chilogrammi di mangime, composto per quasi un terzo da farina e olio di pesce provenienti dalla pesca industriale. Ciò significa che anche l'acquacoltura fa la sua parte per quanto riguarda il depauperamento degli stock ittici nei mari e negli oceani di tutto il mondo.

"Dalle nostre immagini è evidente che l’assenza di stordimento in fase di uccisione continui a provocare sofferenza ingiustificata ai pesci, esseri senzienti in grado di provare dolore e paura. É da anni che la nostra organizzazione documenta pratiche di macellazione crudeli come l’asfissia in acqua e ghiaccio, anche in allevamenti italiani", commenta il presidente Simone Montuschi. "Inquinamento ambientale e gravissimi problemi di benessere animale: è giunto il momento di cambiare la percezione che abbiamo dei pesci e del modo in cui vengono allevati. Un cambiamento che deve investire tutta la società, dai consumatori fino alla grande distribuzione organizzata".