L’Unesco vuole mappare l’80% dei fondali marini entro il 2030. Ci aiuterà a tutelare l’ambiente e la biodiversità

Entro la fine del decennio l’Unesco intende mappare l’80% dei fondali oceanici. Conoscere le profondità del mare può esserci utile per prevedere terremoti e tsunami, per capire i flussi delle correnti e delle maree, per proteggere la biodiversità.
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Michele Mastandrea 16 Febbraio 2022

Ti sentiresti sollevato, se potessi prevedere in anticipo l'arrivo di un terremoto? Immagino di sì. Devi sapere che in futuro potrebbe non essere impossibile, anzi. Basta aumentare la conoscenza dei nostri oceani. Un obiettivo che l’Unesco si è posto da qui al 2030, periodo in cui intende mappare l’80% dei fondali. Se ne è discusso allo One Ocean Summit tenutosi a Brest, in Francia, dal 9 all’11 febbraio appena trascorsi. Il meeting ha visto la presenza di scienziati, leader politici e rappresentanti di aziende da decine di Paesi del mondo.

Gli oceani coprono il 71% della superficie terrestre, ma finora ai loro ecosistemi è stata dedicata molta meno attenzione rispetto a quelli delle terre emerse. A oggi conosciamo la morfologia di circa il 20% dei fondali (ma eravamo solo al 6% nel 2017). Una mancanza su cui intervenire, perché mappare i nostri oceani potrebbe darci strumenti di azione molto importanti. Si potrebbero infatti capire in anticipo i movimenti delle faglie terrestri, riuscendo a prevedere terremoti o tsunami. Si potrebbero individuare le aree più colpite da fenomeni come il surriscaldamento o l’aumento della salinità dell’acqua, o dall’inquinamento dovuto a materiali come la plastica.

Non solo. Si potrebbero implementare progetti specifici di conservazione e protezione della biodiversità. Si potrebbero studiare meglio le correnti e le maree che regolano moltissimi aspetti dell’ambiente in cui viviamo. Si potrebbero fare previsioni sulla crescita del livello del mare, che mette a rischio il futuro di moltissime città costiere nel mondo. Ma anche valutare piani di pesca orientati all'equilibrio tra sostenibilità e domanda di beni alimentari, colpendo pratiche di pesca illegali o non rispettose dei diritti dei lavoratori del settore.

Secondo la Commissione Oceanografica Intergovernativa dell’Unesco (Ioc), per raggiungere l’obiettivo servirà un investimento intorno ai 5 miliardi di dollari da qui alla fine del decennio. L’Unesco si è detta pronta a investire queste risorse, oltre a mettere a disposizione cinquanta navi per questo progetto di cartografia marittima. Uno sforzo importante che necessita anche di una maggiore consapevolezza della sua importanza. Proprio per questo motivo l’Unesco ha chiesto ai Paesi partecipanti al meeting di Brest di inserire, a partire dal 2025, programmi di "educazione oceanica" all’interno dei loro piani di studio scolastici. Per tutelare i nostri oceani, serve infatti prima di tutto conoscerli alla perfezione.