
È stata licenziata dalla scuola per essersi dichiarata pubblicamente omosessuale. La prima donna italiana a fare coming out nel 1972 è vissuta ai margini della società. Mariasilvia Spolato era una professoressa di matematica e autrice di diversi testi per studenti, ma è stata anche tra le prime attiviste per i diritti delle donne e degli omosessuali.
Negli anni ‘60, molti credevano che l’omosessualità fosse una malattia o una deviazione sessuale da curare. Così come in altri Paesi, in Italia i gay e le lesbiche erano ancora costretti al silenzio perché amare una persona dello stesso sesso poteva significare davvero perdere tutto ma questo non ha mai spaventato Mariasilvia, che invece ha sempre lottato per ciò in cui credeva. Nel ‘71, spinta dalle prime manifestazioni oltreoceano, ha fondato il Fronte di Liberazione Omosessuale confluito poi nel FUORI, il primo gruppo LGBT italiano a uscire allo scoperto e insieme ad Angelo Pezzana, Mariasilvia ha dato vita all’omonima rivista.
"Noi siamo per la libera espressione della sessualità" – scriveva Mariasilvia – "ci opporremo con tutti i mezzi alla violenza attuata dalla società repressiva contro l’amore fra le persone". Ma la sua vita da militante è cambiata per sempre alla prima manifestazione femminista italiana. L’8 marzo 1972 è scesa in piazza a Campo de’ Fiori per rivendicare i suoi diritti di donna e lesbica e lì è stata immortalata mentre stringeva tra le mani un cartellone che recitava "liberazione omosessuale". La foto ha fatto il giro del Paese, ma l’Italia degli anni di Piombo non era pronta per il coraggio di questa donna. Per la sovraesposizione mediatica ha perso il lavoro perché considerata “indegna” all’insegnamento mentre è stata ripudiata dalla sua famiglia e persino abbandonata dalla donna che amava. All’età di 37 anni, sola e disoccupata, Mariasilvia ha iniziato a vivere per strada. All’inizio ha accettato l’ospitalità di qualche amico ma poi ha rifiutato ogni aiuto, vivendo come una vagabonda. Da Roma è finita sulle strade di Bolzano, dove è rimasta per tutta la sua vita. Chi la incontrava la vedeva girovagare con il suo berretto calato in testa e una borsa piena di libri ma nessuno conosceva la storia incredibile di cui questa donna ferita è stata protagonista.
Nel 1990 l’OMS ha depennato l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali ma era ormai troppo tardi per Mariasilvia, che per 30 anni aveva subito sulla sua pelle lo stigma di una società bigotta. Solo da anziana, ha accettato le cure di una struttura di Bolzano per donne in difficoltà dove è rimasta fino all’ultimo dei suoi giorni, immersa tra le riviste e i film che amava guardare. Mariasilvia è stata punita tutta la sua vita per aver avuto il coraggio di vivere come una persona libera e prima della sua morte, avvenuta il 31 ottobre del 2018, nessuno conosceva la sua storia. Oggi, in un Paese che nel 2021 ancora discrimina e perseguita gli omosessuali non possiamo che celebrare chi invece ha lottato per cambiare le cose, mettendo in gioco la propria vita affinché venisse riconosciuto a tutti il diritto di amare.